SALVA L’ITALIA, L’ITALIA NEL DUCE…
Nella parte finale della “Preghiera
del Legionario” è inserita questa invocazione all’Onnipotente, ma Iddio non
ha ritenuto opportuno non salvare né il Duce, né l’Italia. E siamo nella “cacca”.
Così, anche se nel “mai
sufficientemente deprecato, infausto Ventennio” (Va bene questa condanna, Presidente Napolitano?) furono
compiuti dei veri miracoli, ma “la sua
condanna deve essere severa e definitiva” (mi auguro che anche questa sentenza
vada bene, Signor Presidente, oppure non è suficiente?).
Anche se la risposta sarebbe ovvia, come vedremo più avanti, desidero
aprire un solo spicchio di quel Ventennio (da incubo è ovvio. E inizio. Molti economisti e storici (così si
fanno chiamare) attestano che la famosa crisi congiunturale iniziata nel 1929
fosse peggiore di quella che stiamo vivendo in questi anni. Con la Carta del Lavoro (derivazione della Carta del Carnaro) per la prima volta
nel mondo, venivano fissati dal truce
tiranno, i cardini del rapporto fra lavoro, produzione ed economia
nazionale. Premessa essenziale per giungere alla Socializzazione dello Stato.
Se a causa della crisi internazionale, appunto del 1929, nei Paesi ad
economia liberale i suicidi per la disperazione si contavano a decine (oggi in
Italia sono centinaia), nel Paese governato dalla perfida tirannia fascista la congiuntura veniva superata senza
eccessivi drammi. Mentre Franklin Delano Roosevelt eletto Presidente degli
Stati Uniti a marzo del 1933, periodo nel quale un americano su quattro era
disoccupato in Italia veniva concepito l’IRI, Istituto con il quale vennero
gettate le premesse dello Stato imprenditore così da definire le linee di
demarcazione tra l’area pubblica e
quella privata. Tutto questo mentre l’Italia era impegnata nei grandi lavori e poteva lamentare solo 403
mila disoccupati, dei quali almeno la metà a carattere stagionale: cifra
trascurabile se consideriamo che, ad esempio, la Gran Bretagna ne lamentava un
milione e mezzo, la Germania era giunta a sei milioni e mezzo.
Possiamo tranquillamente riportare un pensiero di Pino Rauti (Le idee che mossero il mondo, pag 326)
<L’Italia più che uno Stato del vecchio
continente era una meschina provincia in
una grande Europa ma dettava leggi al mondo). Tornando a Roosevelt, ricordiamo
che questi aveva impostato la campagna elettorale all’insegna del New Deal, ossia un vasto intervento statale in campo economico, in
altre parole proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta
eletto, Roosevelt (E QUESTO NEL DOPOGUERRA FU ACCURATAMENTE CELATO; E I MOTIVI
SONO OVVII) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra
i più preparati uomini del Brain Trust
(“cervelloni”), per studiare il miracolo italiano. In merito lo studioso Lucio
Villari osserva: <Tugwell e Moley,
incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto
impegno dello Stato, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato
capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto
alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza
produttiva>.
Roosevelt inviò Tugwell a Roma per incontrare Mussolini (il Truce) e studiare da vicino le
realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda l’episodio, tratto
dal diario inedito di Tugwell in data 22 ottobre 1934 (anche l’Economia Italiana tra le due Guerre ne
riporta alcune parti, pag. 123): <Mi
dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio… La sua forza e
intelligenza sono evidenti COME ANCHE L’EFFICIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE ITALIANA, È IL PIU’ PULITO,IL PIU’ LINEARE, IL
PIU’ EFFICIENTE CAMPIONE DI MACCHINA SOCIALE CHE ABBIA MAI VISTO> Esattamente
come oggi in regime di democrazia
antifascista)….
Il documento relativo a questo contattto Mussolini-Roosevelt, ci fa
sapere Villari, è custodito in copia nell’Archivio Jung, il cui originale, come
il diario inedito di Tugwell, si trova nella Roosevelt Librery.
Nel 1933 Roosevelt
emanò il First New Deal, il Second New Deal venne firmato nel
1934-1936. Quindi fu Franklin D. Roosevelt a istituire il Social Security Act, una legge che
introduceva, nell’ambito del New Deal.,
indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia. Contemporaneamente
nacque anche il programma Aid to Family
with Dependent Children (Aiuto alle famiglie con figli a carico). Glielo
facciamo sapere al Signor Presidente Giorgio Napilitano che tutti questi
provvedimenti avevano già visto la luce in Italia al tempo del Ventennio fascista? Chiedo venia, dovevo
scrivere: al tempo dell’infame Ventennio
fascista, ma sapete avevo trascurato di ricordare che il nostro Presidente
era un iscritto ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti) e osannava, su varie riviste,
il Fascismo e il suo Capo.
Torniamo al New Deal di
Roosevelt: subito dopo l’emanazione di queste leggi, sotto la spinta del grande
capitale, la Corte costituzionale degli Usa decretò l’incostituzionalità di
alcune di queste leggi. Da questo momento Italia e Usa presero, non solo
economicamente, strade diverse.
A questo punto è opportuno ricordare quanto ebbe a dire Bernard Shaw nel
1937: <Le cose da Mussolini già fatte
lo conducano prima o poi ad un serio conflitto con il capitalismo>. Non
si dovranno attendere molti anni prima che la profezia del celebre scrittore si
avveri. Non a caso di fronte alla confermata crisi del liberismo e delle utopie
del marxismo, un autorevole personaggio democratico inglese Michael Shanks, già
direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché presidente del
Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro
“Wath is the wrong with the modern World?” che <Non c’è alternativa: o lo Stato Corporativo o lo sfascio dello
Stato>. D’altra parte lo stesso
Gaetano Salvemini, circa la validità della proposta corporativa mussoliniana,
ha attestato: <L’Italia (attenzione,
amico lettore parliamo del periodo dell’”infame Ventennio!!!!) è diventata la
Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i
quali si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come
funziona lo Stato Corporativo fascista (…)>. E ancora; J.P. Diggins (L’America, Mussolini e il fascismo, pag.
45) ha scritto: <Negli anni Trenta
(attenzione! Stiamo parlando degli anni della più pesante crisi congiunturale)
lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America
annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle
costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici offriva un allettante esempio
di azione diretta e di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine
con cui il Presidente Hoover effrontò la crisi economica, il dittatore italiano
appariva un modello di attività>. La liberale e antifascista Nation arrivava ad auspicare un
Mussolini anche per gli Stati Uniti.
Per fare un dispettuccio ad un
Signore, già citato in questo articolo, riportiamo due giudizi (attenzione di
nuovo: di simili giudizi ne potremmo
citare mille e mille), addirittura di Winston Churchill, nel 1933: <Il genio romano impersonato da Mussolini, il più grande
legislatore vivente, ha mostrato a molte nazioni come si può resistere
all’incalzare della crisi>. E nel 1947: <Le grandi strade che egli tracciò resteranno un monumento al suo
prestigio persoanale e al suo lungo governo>.
Concludo ponendo una domanda: “se
tutto ciò è vero, PERCHE’ i nostri politicastri non studiano quanto fu fatto in
“quel periodo” e vedere se alcuni punti possono essere riproposti oggi? La
risposta sarebbe ovvia: perché i nostri
“politicastri” pensano solo ad arricchirsi e se ne fregano altamente del popolo
italiano; al contrario dell’”infame tiranno”.
Questo articolo è dedicato ai grandi falsificatori della Storia e ci
riferiamo principalmente a RAI STORIA.
Terminiamo con alcune osservazioni storiche
dell’amico Alessandro Mezzano.
QUANDO C’ERA IL FASCISMO.. di Alessandro Mezzano
-Quando
c’era il Fascismo la mafia era dovuta fuggire in America.
-Quando
c’era il Fascismo i ragazzi non si drogavano.
-Quando
c’era il Fascismo le città erano sicure.
-Quando
c’era il Fascismo la scuola italiana era ai primi posti nel mondo.
-Quando
c’era il Fascismo non ci si doveva vergognare di essere italiani.
-Quando
c’era il Fascismo il potere non era corrotto e non corrompeva.
-Quando
c’era il Fascismo non c’era il “Paese”, ma la Patria.
-Quando
c’era il Fascismo anche i figli degli operai andavano nelle colonie al mare o
in montagna.
-Quando
c’era il Fascismo non c’erano né tante auto blu, né tanti stipendi e pensioni
scandalose come oggi.
-Quando
c’era il Fascismo c’era l’orgoglio di essere onesti e non, come oggi, quello di
essere “furbi”.
-Quando
c’era il Fascismo le grandi crisi economiche ( 1929 ) si affrontavano così bene
che dal resto del mondo
venivano
in Italia per vedere come avevamo fatto ..!
-Quando
c’era il Fascismo l’Italia era ammirata e invidiata in tutto il mondo come
dimostrano i giornali dell’epoca.
-Quando
c’era il Fascismo non c’era questa casta politica infame, disonesta, corrotta,
mafiosa e sporcacciona ..!!
E
Filippo Giannini aggiunge: -Quando c’era il Fascismo quanto accaduto sabato
3 maggio scorso, a seguito della partita
Napoli Fiorentina, sarebbe stato semplicemente impensabile.
Ecco perché nell’altro secolo le
più potenti lobby si
coalizzarono per abbattere il Fascimo.
QUIRINO 1
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