PERCHĖ FU
ANTICIPATO “QUEL” 25 LUGLIO
1943
25
luglio 1943, le logge massoniche-liberalcapitaliste in quegli anni, anche se
fortemente domate, ancora resistevano
negli ambienti industriali e vicini alla Corona. Riprendiamo alcune pagine del
mio volume “Il sangue e l’oro” per
proporre ai lettori un fatto poco noto o, comunque, trascurato per spiegare certi avvenimenti accaduti in quei
giorni.
Il 21 aprile 1943 Vittorio
Emanuele III aveva ricevuto alcuni uomini politici che lo sollecitavano ad
allontanare il Capo del Governo. La cosa era stata segnalata a Mussolini il
quale rispose che era a conoscenza di questo incontro, ma che fidava nella
lealtà del Re: <lealtà>, aveva sottolineato <di cui non era lecito dubitare>.
Due giorni prima il Duce aveva nominato
Tullio Cianetti ministro delle Corporazioni.
Cianetti, quando nell’agosto 1939 apprese
dell’accordo Ribbentrop-Molotov, reagì con soddisfazione. Infatti aveva
scritto: <consideravo il sovietismo, il
nazionalsocialismo ed il fascismo molto più vicini e simili di quanto non lo
fossero nei confronti delle grandi democrazie plutocratiche>.
Proprio per queste idee Tullio Cianetti
era considerato negli ambienti di Corte <elemento troppo spinto e pericoloso>. Ma, almeno in parte,
le idee di Cianetti erano condivise
anche da Mussolini: che egli fosse anticomunista è fuori discussione, ma non
era antisovietico.
Ad accreditare questa tesi è sufficiente
ricordare gli insistenti tentativi di Mussolini per indurre, nel corso della
guerra, Hitler a trovare il mezzo per giungere ad una pace separata con l’URSS
e rivolgere così tutti gli sforzi contro i reali nemici del fascismo: le
democrazie plutocratiche.
Ma torniamo al <più rosso dei neri> o al <comunista del
Littorio>, come era chiamato Cianetti in un certo
ambiente.
La stesura di questa sezione di capitolo è
suggerita da un esame del libro di “Memorie” del Ministro delle
Corporazioni, che nella Prefazione avverte: <Queste pagine non sono state scritte per
piacere a qualcuno. Le ho
scritte nelle carceri della Repubblica Sociale Italiana: i capitoli essenziali
mentre attendevo il processo nelle carceri di Verona; gli altri secondari,
subito dopo le tragiche giornate di Castelvecchio>.
Mussolini, che trascorreva in casa un
periodo di convalescenza, ricevette Cianetti a Villa Torlonia in un pomeriggio
degli ultimi di maggio 1943. Il colloquio durò più di due ore. Il Duce appariva
stanco e dimagrito, Cianetti avrebbe voluto parlargli brevemente, ma Mussolini
gli disse: <Non vi preoccupate e ditemi con schiettezza tutto
quello che avete intenzione di espormi>.
Cianetti: <Duce, desidero innanzi tutto fare una
premessa, dichiarandovi che io credo al corporativismo forse come al vangelo di
Nostro Signore>.
Mussolini: <Perché dite questo?>
Cianetti: <Perché ce ne è bisogno>.
Mussolini: <Anch’io credo al corporativismo (…).
Avete un progetto?>.
Cianetti: < Si parla molto di concentrazioni
industriali e lo si fa senza rendersi conto della portata di un così vasto
problema. La concentrazione delle industrie presuppone quella del capitale e
quando questo ha raggiunto un certo stadio si slitta con più facilità verso i
monopoli, nei confronti dei quali desidero manifestarvi, fin da questo momento,
la mia più netta avversione>.
Mussolini si dice d’accordo e invita
Cianetti a continuare.
Cianetti: <Desidero prospettarvi qualche cosa di
più importante in merito agli sviluppi della politica sociale. In questi ultimi
anni il Regime, per effetto della guerra, ha dovuto deviare da alcune linee
maestre. La quasi carenza corporativa e l’enorme accrescimento dei complessi
industriali hanno alterato, a danno dei lavoratori, un equilibrio che potrebbe
compromettere l’attuazione definitiva del corporativismo (…). Ricordo che
qualche anno fa voi mi diceste che, finché vivrete, non sarebbero sorti più
complessi industriali dell’entità della FIAT e della Montecatini; purtroppo
quel pericolo che volevate scongiurare esiste e si potrebbe dire che è già in
atto. Vi chiedo pertanto che si dia valore e sostanza ad un principio già
enunciato e cioè: quando i complessi industriali superano un certo limite,
perdono il loro carattere privatistico ed assumono un aspetto pubblico e
conseguentemente collettivo>.
Il Duce, nel corso dell’esposizione, aveva
continuamente fatto cenno di condividere il punto di vista del suo
interlocutore. <E allora?> chiese. Cianetti: <Allora non c’è che un rimedio: stroncare
la tendenza al monopolio e socializzare le aziende più importanti>.
Mussolini: <Voi pensate che siamo maturi per la
socializzazione?>.
Cianetti: <Penso che siamo in notevole ritardo,
Duce. La socializzazione è cosa troppo seria perché si possa attuare di colpo
(…). Siamo al quarto anno di guerra e le guerre accelerano fatalmente i tempi
dell’evoluzione sociale. Avremo reazioni violente da parte di alcuni
capitalisti, ma questi signori si devono convincere che oggi non si sfugge più
al dilemma: o corporativismo o collettivismo>.
In pratica il Duce accetta in toto il
programma di Cianetti, poi disse: <E’ importantissimo: potremmo presentarlo al Consiglio
dei Ministri nel mese di ottobre>.
Ma Cianetti osserva: <No, Duce, mi
permetto di insistere sull’urgenza del provvedimento, data la inevitabile
perdita di tempo alla quale ho accennato. Vi propongo, quindi, di non andare
oltre il mese di luglio o agosto>.
Mussolini: <Sta bene, parlate con il Ministro della
Giustizia e superate con lui gli ostacoli formali>.
Uscendo da Villa Torlonia Cianetti sapeva <di andare
incontro a difficoltà non comuni>.
Interessante è leggere le motivazioni con le
quali Alfredo De Marsico, Ministro della Giustizia, bocciò il progetto
di Mussolini e Cianetti (“Memorie”, pag. 385):
De Marsico: <Tu, caro Cianetti, con questa legge mi
calpesti e mi devasti addirittura tutto il diritto tradizionale>.
Cianetti: <Non
lo metto in dubbio, ma osservo soltanto che il diritto non può congelare
la vita e l’evoluzione degli uomini; o serve ad entrambe o sarà spazzato quando
si rivelerà un ostacolo al progresso sociale>.
De Marsico: <Ma io non posso ignorarlo, questo
diritto, e tanto meno infirmarlo>.
Cianetti: <Chi pretende questo? Io ti chiedo
soltanto di trovare le formule che siano atte alla preparazione di un clima
giuridico che possa accogliere le innovazioni sociali che propongo. Tu non puoi
chiuderti nel sancta santorum
del tuo tempio, ignorando un fermento sociale che va incanalato>.
De Marsico: <D’accordo, ma mentre tu sei la fiumana che avanza, io non posso essere che la diga che frena>.
Cianetti: <Scusa se ti interrompo, caro De Marsico,
ma il paragone non regge. Ammesso che io rappresenti la fiumana, non ti pare
che sia poco saggia l’esistenza di una diga? La fiumana deve andare al mare; opporle una diga vuol dire
provocare inondazioni e disastri. Alla fiumana si preparano il letto, gli
argini e le piccole serre a cascata per regolarne il corso verso il
mare; è proprio quello che io ti chiedo. Non parliamo, quindi, di dighe, ma
predisponiamoci a costruire gli argini>.
Ci siamo soffermati a lungo sulle memorie di
Cianetti perché siamo convinti che la “congiura di Corte e militare”,
già in programma per rovesciare il Governo fascista, fu accelerata
nell’invitare Cianetti a <parlare con il Ministro della Giustizia>, che vedremo in prima linea
la notte del 24/25 luglio. Uomo della destra liberale, legatissimo alla
Dinastia della quale rappresentava, oltretutto, gli interessi, De Marsico
oppose il più deciso rifiuto anche all’esame del provvedimento, minacciando
addirittura le dimissioni.
Il Duce, data la situazione militare
difficilissima, cercò di evitare che a quella si aggiungesse anche una crisi
ministeriale. Sicché fu costretto a soprassedere; ma, come ricorda Cianetti, lo
rassicurò garantendogli che il provvedimento sarebbe comunque stato varato, <ma non prima
del mese di ottobre>.
Scrive a conclusione di questa vicenda
Santorre Salvioli (“StoriaVerità”, N° 16) e del quale condividiamo
l’opinione: <Non è da escludere che, riferito dal De Marsico ai
vertici del Quirinale e dell’organizzazione capitalistica, la intenzione svoltista di Mussolini sia stata fra
le cause scatenanti del Colpo di Stato del 25 luglio, posto paradossalmente in
essere con l’ausilio involontario – non
determinante - di Tullio Cianetti e del
suo gruppo>.
Tullio Cianetti, quasi al termine della sua
vita osserva: <Come è avvenuto nel passato, si continuerà a truffare
il mondo in nome della libertà e della democrazia di cui sarebbero depositari
perenni – non si sa perché – i responsabili principali delle più grandi
ingiustizie e schiavitù> Le sottolineature sono di FG).
Il colloquio con Cianetti in quel lontano
giugno 1943, probabilmente va letto nella consapevolezza di Mussolini che la
guerra per l’Asse era fortemente compromessa, e il suo animo di vecchio
socialista gli imponeva di lasciare l’Italia, anche se sconfitta militarmente, socializzata,
cioè vincitrice sul piano delle innovazioni sociali. La stessa operazione verrà
riproposta l’anno successivo. Cianetti al termine della guerra, nel 1947, si
trasferì in Mozambico dove morì nel 1976.
QUIRINO 1
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