domenica 30 settembre 2012

LA CRISI: DA ENZENSBERGER.

CRISI: DA ENZENSBERGER PAROLE CHIARE SU EURO ED UE (Lettera Napoletana) Forse ci voleva un mostro sacro (pentito) della sinistra come il tedesco Hans Magnus Enzensberger per enunciare le verità sull’Unione Europea e sull’euro che in tanti, anche nello schieramento “critico” del centrodestra e dei cattolici, non hanno finora trovato il coraggio di enunciare. Dopo la pubblicazione di un violento pamphlet sulla limitazione delle libertà reali che i 40mila eurocrati al lavoro tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte (sede della Bce), ad un costo compreso tra 8 ed 11 miliardi di euro all’anno, hanno prodotto in questi anni di “integrazione” (v. “Crisi: l’euro spinge verso il fallimento l’Unione europea, LN 44/11), l’83enne intellettuale tedesco affronta la paurosa crisi economica nei Paesi dell’Eurozona (“l’Espresso”, 6.9.2012) e le responsabilità delle guide dell’Ue, incontrollate ed incontrollabili, selezionate con i meccanismi di cooptazione che dominano nella tecnocrazia e nell’alta finanza. “Da un bel po’ di tempo in qua – scrive Enzensberger – i Paesi europei non sono più governati da istituzioni legittimamente democratiche (…). D’altronde, anche chi, come e che cosa si decide all’interno della Commissione Europea o nell’Eurozona sono solo degli adepti ad intuirlo. Quel che tutte queste istituzioni e decisioni hanno in comune è di non essere previste in nessuna Costituzione del mondo. E che nessuno di noi normali elettori può mai esprimere la sua riguardo alle loro decisioni”. L’intellettuale tedesco definisce “originale” il modo in cui è avvenuta “la nuova conquista del potere in Europa da parte delle lobbies tecnocratiche e delle élites rivoluzionarie che hanno progettato l’Ue. “Senza fiaccolate, senza marce, senza issare barricate, e senza l’uso di un panzer! (….) tutto si decide, e molto pacificamente, in qualche segreto retrobottega”. Un meccanismo oligarchico governa l’Ue, ed è significativo che il trio Commissione Europea-Bce-Fmi, che sta gestendo la crisi dell’euro, è stata giornalisticamente ribattezzata la “troika”, un termine che risale all’Unione Sovietica di Stalin. Lo scrittore tedesco lo descrive con chiarezza: “le decisioni dei membri interni di questo ‘Comitato di Salvezza’ sono, dal punto di vista formale, immediatamente vigenti, e in ogni caso non dipendono dalla ratifica di nessun Parlamento nazionale. (…) I nostri Padrini europei – aggiunge Enzensberger, che paragona la cupola dell’Ue alla mafia - sono quindi oggi politici sottratti ad ogni controllo giuridico e ad ogni istanza legale. Anzi godono di un privilegio che non spetta neanche ad un boss della camorra: e cioè l’assoluta immunità giuridica, cosi almeno sta scritto negli articoli 32 bis 35 del Trattato ESM (“European Stability Mechanism”, che istituisce il cosiddetto fondo salva-Stati, n.d.r.). “L’espropriazione politica dei cittadini ha in tal modo raggiunto il suo apice”, osserva Enzensberger. “Il processo di espropriazione è invero iniziato molto prima, al più tardi con l’introduzione dell’euro”. Segue un’analisi sugli errori anche tecnici che sono alla base del fallimento della moneta unica ed hanno portato alla crisi attuale. “Questa valuta comune è il risultato di un mercimonio politico che, con la massima scioltezza, si è sbarazzato di tutti i presupposti economici. Sono state completamente ignorate tutte le diversità strutturali delle varie economie nazionali, le loro divergenti competitività, così come i loro straripanti debiti sovrani. Il piano di omogeneizzare in tal modo l’Europa non ha poi prestato la benché minima attenzione alle differenze storiche tra le culture e le distinte mentalità del Vecchio Continente”. Lo scrittore tedesco denuncia il ricatto di quelli che definisce ironicamente i “Salvatori” d’Europa”. “ ‘Se fallisce l’euro fallisce l’Europa!’. È con questo slogan assai spiritoso che si prova a convincere un continente con mezzo miliardo d’abitanti a seguire l’avventura di una classe politica completamente isolata. (…) Proprio la cosiddetta crisi dell’euro dimostra che in realtà non c’è in gioco solo una espropriazione politica dei cittadini, ma che questa conduce logicamente al suo pendant: e cioè l’espropriazione economica.” Per l’intellettuale tedesco di fronte alla crisi innescata dal progetto tecnocratico e totalitario dell’Ue e dal suo strumento, l’euro, non ci sono soluzioni a portata di mano. “Un’unica, semplice via d’uscita da questa trappola in ogni caso non c’é. (…) Clausole che prevedano una fuoriuscita dall’euro non sono mai state inserite nei Trattati”, scrive. Le conclusioni non sono però prive di speranza. “I 500 milioni di europei non saranno certo tentati di lasciarsi andare senza opporre la minima resistenza. E seguendo anzi fino alla fine i mantra preferiti dei loro Salvatori: ‘Non c’è alternativa, se falliamo noi fallisce l’Europa!’ (…) Certo, senza costi, gravi conflitti e dolorosi tagli – è la previsione di Enzensberger – non vi sarà via d’uscita dal vicolo chiuso in cui i nostri Ideologi dell’Interdizione democratica ci hanno ficcati. E chi già adesso intona l’inno funebre all’Europa non ne conosce le potenzialità”. Certo, la reazione contro gli apprendisti stregoni dell’Ue aumenta, anche se quasi sempre non dispone ancora di leader adeguati. Senza di loro, non si potranno rimandare ai loro Inner circle, ed alle loro pratiche esoteriche, i tecnocrati del progetto Ue responsabili dell’attuale disastro. (LN56/12). QUIRINO 1

martedì 18 settembre 2012

LA DEMOCRAZIA E' LA VERA ARMA DI DISTRUZIONE

La vera arma di distruzione di massa é la democrazia
Uno dei tratti salienti che hanno caratterizzato l'ultimo decennio é senza dubbio l'esportazione della democrazia occidentale, omologata secondo il modello americano e veicolata ovunque sia stato possibile, spesso in maniera coatta e con l'ausilio delle bombe. Dopo la "democraticizzazione" dell'Europa dell'Est, intervenuta come corollario del crollo dell'Unione Sovietica e del mito del comunismo, per realizzare la quale é stata necessaria solamente qualche "spinta" data al momento giusto nel luogo più consono (da Ceausescu a Milosevic sarebbero molte le storie da raccontare e sulle quali riflettere) da parte dell'amministrazione USA, dei suoi padroni e dei suoi servi é maturato il convincimento che si dovesse proseguire sulla strada intrapresa raddoppiando gli sforzi e sostituendo le spintarelle con veri e propri schiaffoni. Prima é toccato all'Afghanistan di Bin Ladin, reo di essere stato scelto come caprio espiatorio degli auto attentati dell'11 settembre, assaporare il dolce gusto delle bombe e della democrazia.... Poi all'Iraq di Saddam Hussein, reo di possedere armi di distruzione di massa tanto ferali quanto inesistenti, venire investito da una tale dose di democrazia quale era sufficiente a riportare indietro il paese di almeno un secolo. Poi alla Libia di Gheddafi, accusato di sterminare il proprio popolo, come accuratamente documentato nei filmati girati ad Hollyvood e nel Qatar, subire una democratica caccia all'uomo, portata con l'ausilio dei missili Tomahawk che hanno distribuito la democrazia in maniera equanime radendo al suolo buona parte del paese. Infine alla Siria di Assad, dove fortunatamente la democrazia fatica ad affermarsi e per ora alligna solamente fra le orde di mercenari che massacrano donne e bambini, aiutati nel proprio lavoro dagli uomini dei corpi speciali dei paesi occidentali e dall'arsenale di armi di distruzione di massa che l'Occidente distribuisce loro in maniera più o meno ufficiale. Mentre nel frattempo la democrazia sbocciava anche nella Tunisia di Ben Ali e nell'Egitto di Mubarak, fortuntamente in maniera meno impetuosa, grazie alla disponibilità dimostrata dai due "dittatori" a lasciarsi deporre senza combattere, nell'ambito di quelle che sono state veicolate nell'immaginario collettivo come rivolte popolari. Oggi nell'Afghanistan democratico si vota come negli USA (e come negli USA occorre qualche mese per portare a termine lo spoglio delle schede), ma le donne, sia quelle che non hanno più il burka sia quelle che ancora lo portano, vengono regolarmente sterminate dai droni statunitensi mentre vanno a fare la legna o quando partecipano ad un matrimonio o quando devono recarsi all'ospedale a partorire. In Afghanistan la democrazia si specchia quotidianamente nella guerra permanente, nelle stragi di civili, in un paese ancora più devastato di quanto non lo fosse prima, dove l'unica novità sono i centri commerciali nuovi fiammanti dedicati agli operatori occidentali e all'elitè al servizio degli USA ed il rifiorire delle coltivazioni di oppio che gli anti democratici talebani avevano eliminato. Oggi nell'Iraq democratico, che si é ormai lasciato alle spalle gli "anni bui" di Saddam Hussein, quando il paese era all'avanguardia nella regione, sia sotto il profilo tecnologico ed economico, sia sotto quello dei diritti umani e delle donne, come testimoniato dagli stessi rapporti dell'ONU, si vive in una sorta di polveriera senza senso nè costrutto. Composta da città stato dominate da bande tribali e da un governo fantoccio eletto dall'amministrazione a stelle e strisce. Senza che esistano più un tessuto industriale e una capacità produttiva degne di questo nome. Senza che il paese abbia più un qualche peso economico, con la popolazione costretta a vivere fra le macerie di un tempo che fu ed a morire alla disperata ricerca di cibo all'interno di qualche mercato dove quotidiamente deflagrano autobomba prive di pietà ma sempre molto ricche di democrazia. Nella Libia democratica e libera non c'é più il petrolio "di Gheddafi" a sostenere una politica socialista attraverso la quale garantire una vita dignitosa alla gran parte dei cittadini. Ci sono solo macerie condite con l'uranio impoverito, intorno alle quali aggirarsi con la speranza di riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, lotte intestine, morti ammazzati ed un futuro da declinare nel segno della miseria. Come si può evincere da una semplice osservazione della realtà, depurata dalla mistificazione dei media mainstream che inseriscono ogni paese "liberato" all'interno di una bolla di oblio mediatico dalla quale nulla filtra più, la democrazia é allo stato attuale delle cose l'unica vera arma di distruzione di massa, della quale l'Occidente fa un uso smodato, ben conoscendone le devastanti potenzialità. QUIRINO 1

domenica 16 settembre 2012

I DUE GRANDI M&H.

L'AMICIZIA DI DUE CONDOTTIERI E IL DESTINO DI DUE POPOLI Questa guerra,quando sarà finita, avrà sottoposto l'umanità intera a tutti gli esperimenti e a tutte le prove.Non sappiamo quali rivelazioni ci sono ancora riservate.Per ora essa ha provato largamente che i valori morali non sono delle cose teoriche le quali si insegnano ai fanciulli perchè così vuole l'abitudine e che poi al dunque si buttano via e si nascondono come molti fanno con le idee politiche.I valori morali restano invece alla base di tutto l'attuale conflitto e lo regolano direttamente.I nostri nemici, che si vantano di avere tanti armi da polverizzare il mondo e credono perciò che la loro vittoria è sicura, in realtà fino a questo momento hanno ottenuto dei successi decisivi solo operando nel campo morale:provocando cioè il tradimento e servendosi di esso per conseguire risultati politici e militari. Per le stesse ragioni dove i valori morali non si sono potuti attaccare o, se attaccati, sono rimasti saldi, il nemico è stato battuto e scornato.Si rivela così la grande verità che è nelle affermazioni di Nietzsche, il quale è ora di grande attualità essendosi compiuto in questi giorni il primo centenario della sua nascita.Il filosofo di Roecken preoccupato del cataclisma che il suo genio sentiva imminente e inevitabile raccomandava alle generazioni che avrebbero dovuto combattere, acciocchè fossero più forti, innanzi tutto il senso dell'onore e il rispetto della parola data.Quale importanza decisiva abbiano l'onore e il rispetto della parola data nel gioco delle armi e nel caos di una lotta gigantesca dove tutto minaccia di disperdersi, l'Italia conosce bene per sua triste esperienza. Ora è nella luce di questi principi che bisogna giudicare l'importanza e il valore dell'amicizia fra il Duce e il Fuerher.Questa amicizia non è un fatto di convenienza o di opportunità; non è nemmeno una coincidenza; è un incontro di due volontà, di due condottieri, in uno dei momenti più gravi della storia del mondo.Alle spalle dell'uno e dell'altro sono i destini di due grandi popoli; e come l'amicizia di essi simboleggia ed esprime il movimento di questi destini, così la posizione storica dei due popoli conferisce a quell'amicizia un valore fondamentale.Sappiamo che tutti i capi politici, se i relativi paesi concludono delle alleanze, si vantano di essere tra loro dei grandi amici.Churchill per esempio si vanta di essere un grande amico di Roosevelt, e l'uno e l'altro si vantano di essere grandissimi amici di Stalin.Costui, per conto suo, non si esprime mai in modo troppo cordiale e tanto meno commosso.Quando qualcuno dei suoi alleati o qualche rappresentante di essi va a trovarlo a Mosca, si profonde semplicemente in manifestazioni pantagrueliche.Offre dei banchetti della durata di otto ore, i quali cioè iniziano regolarmente alle 6 del pomeriggio e finiscono alle 2 del mattino.Sono banchetti che hanno qualcosa di orgiastico e - se vogliamo stare alle descrizioni che ne fanno i giornalisti della stampa nemica - dovrebbero somigliare molto al terzo atto della Kovancina di Mussorgski.Hanno in meno le danzatrici e le danze;in conseguenza di ciò la masticazione deve essere più spedita e la deglutizione deve essere più assorta e più sinistra.Come tuttavia dietro questo scenario di bevande forti e di cibi piccanti serviti in serie inesauribili, l'amicizia possa essere sincera nessuno potrebbe dimostrare. Abbiamo indugiato con intenzione su questo dettaglio del campo nemico.L' amicizia fra Mussolini e Hitler contratta nel duro clima di una lotta decisiva, si è temprata attraverso le prove più aspre:Mussolini fin dal principio della infausta crisi apertasi col 25 luglio dell'anno scorso, sentì che il Fuerher - sono sue parole - avrebbe tutto tentato pur di liberarlo.Nè avrebbe potuto essere diversamente.I nemici volevano prima di ogni altra cosa, imponendo una resa incondizionata all'Italia, la persona del Duce; avevano paura della sua libertà e al tempo stesso volevano vendicarsi.I traditori del nostro paese, che quella vergognosa resa avevano accettato, si erano particolarmente impegnati su questo punto.Il tradimento però dell'Italia al quale si è paragonato quello di altre Nazioni alleate della Germania è stato invece di un genere tutto speciale.Esso cioè non è consistito in un improvviso rovesciamento di posizioni.Esso è durato 45 giorni durante i quali il governo, con una abiezione senza precedenti nella storia del mondo, ha continuato a fingere di essere alleato della Germania e di voler proseguire la guerra al suo fianco.Ciò comportava qualche rischio.Dal giorno in cui la persona del Duce fu sequestrata fino al 12 settembre i tentativi del Fuehrer per conseguire la sua liberazione non ebbero tregua. Il capitano Skorzeni, sull'attenti dinanzi al Duce, nel rifugio sul Gran Sasso, disse:"Il Fuehrer, che dopo la vostra cattura ha pensato per notti e notti al modo di liberarvi, mi ha dato questo incarico.Io ho seguito con infinite difficoltà giorno per giorno le vostre vicende e le vostre peregrinazioni.Oggi ho la grande gioia, liberandovi, di avere assolto nel modo migliore il compito che mi fu assegnato". Il Duce rispose:" Ero convinto sin dal principio che il Fuehrer mi avrebbe dato questa prova della sua amicizia.Lo ringrazio molto e con lui ringrazio voi, capitano Skorzeni, e i vostri camerati che hanno con voi osato". Il mattino dopo il Duce era al Quartier Generale del Fuehrer dove l' " accoglienza fu semplicemente fraterna".L'emozione provocata dall'episodio nel popolo tedesco fu enorme.Da ogni parte del Reich giunsero a Mussolini migliaia di telelegrammi, lettere e perfino delle poesie.Emozione ancora più viva, ma assai più circoscritta - e il Duce stesso ha spiegato perchè - si ebbe in Italia.Coloro che avevano sempre sperato e creduto videro veramente in questa liberazione un gesto della Provvidenza, la quale in mezzo all'annientamento tenebroso della Patria, organizzato da un gruppo di criminali venduti al nemico e accettato da larghe masse per un fenomeno di cretinismo collettivo, volle restituire all'Italia tutte le possibilità della sua salvezza. Ma la sicurezza che ebbe il Duce nella decisa volontà del Fuehrer di tutto mettere in atto per arrivare alla sua liberazione sta per l'appunto a riaffermare ciò che significhi la saldezza di quei principi morali che sono alla base di una leale amicizia e senza i quali niente nella vita degli uomini è destinato a restare in piedi.L'Italia, dopo il tradimento badogliano, avrebbe potuto essere un paese di occupazione da una parte e dall'altra.La Repubblica Sociale Italiana, che è potuta sorgere in nome di quella amicizia fra i due Condottieri, è ora la prova che l'onore e il rispetto della parola data sono la condizione essenziale per l'indipendenza dei popoli e la loro resurrezione.E' la prova:ma sia anche un monito e un augurio per l'avvenire. (da "La Marcia continua" numerico unico dell'Ufficio Stampa del P.F.R. ottobre 1944-XXIII QUIRINO 1

LA NOSTRA RICCHEZZA E' = A 50 EURO

Il simbolo della nostra ricchezza: 50 euro
Come mai tutti abbiamo sobbalzato di fronte alla notizia che il commerciante è obbligato ad accettare il pagamento con bancomat quando supera cinquanta euro? Come mai l’abbiamo percepita subito come un altro passo del governo dei banchieri per stringerci definitivamente il cappio al collo? Non credo che ci possano essere dubbi: sappiamo ormai, anche senza riuscire a capire del tutto da dove ci venga questa sicurezza, che il denaro è la loro “forma mentis”, l’aria che respirano, l’arma che adoperano. Il denaro in tutte le forme, sotto tutte le maschere. Nel loro cervello ogni concetto si costituisce sotto l’aspetto di denaro, parte dal denaro per giungere a penetrare il resto del mondo. Il loro vangelo afferma: “In origine era il denaro”. Denaro è lo Stato, denaro è la differenza fra gli Stati, denaro è l’Europa, denaro è lo zucchero che fa male alla salute dei cittadini… È come se ormai questa mentalità facesse parte dell’aria che respiriamo al punto che, come dicevo, abbiamo intuito subito che il pagamento col bancomat era un segnale di qualcos’altro: la nostra prigionia entro 50 euro. Intanto, se cerchiamo di approfondire qualche particolare di questa situazione, ci accorgiamo che il primo prigioniero è il commerciante. Questi infatti è costretto con questo sistema a far passare attraverso il conto corrente, ossia attraverso la banca, tutti i suoi introiti quotidiani e non potrà perciò accantonare e adoperare a suo piacimento il denaro per qualsiasi altra operazione che non sia prima di tutto il rimborso dell’eventuale credito della banca. Le banche sono, notoriamente, il corpo di polizia personale del Governo, i loro Cekisti, ampiamente ricompensate del fedele servizio prestato con un guadagno sicuro ad ogni operazione. Ma ciò che più conta è che certamente questo provvedimento costituisce l’anticipo di quello che verrà e di cui, del resto, si sente parlare da molto tempo: togliere il denaro contante dalla circolazione costringendo tutti all’uso della carta elettronica, spiando così ogni gesto, ogni preferenza, ogni movimento del cittadino. C’è chi, incapace di capire quale sia il valore della libertà, ritiene giusta ogni coercizione da parte dei governanti, con la giustificazione che si tratta di un sistema per scovare gli evasori. Sarebbe probabilmente inutile ricordare a chi si rifugia dietro questo nobile movente che è stata la civiltà italiana, prima di qualsiasi altra in Europa, ad affermare, da Machiavelli in poi, che il fine non giustifica i mezzi. Del resto non è mai esistito nessun governo totalitario che non abbia esibito abbondanti giustificazioni per il proprio comportamento di oppressione nei confronti dei sudditi. La sicurezza dello Stato, il pericolo controrivoluzionario, l’esistenza della mafia, la sfida del terrorismo: anche il più feroce fra i governi totalitari della nostra epoca, quello bolscevico, ha per molti anni trovato in simili argomenti il modo per esaltare la meravigliosa giustizia della dittatura staliniana. Eppure fa più paura, oggi, a chi sente che c’è nell’aria la fine della democrazia, il governo dei banchieri piuttosto che un governo dichiaratamente totalitario. Fa più paura proprio perché il governo dei banchieri non ha avuto bisogno di usare il fucile per ridurre tutti all’ossequio del denaro; fa più paura perché gli è bastato instaurare alla luce del sole il sistema di controllo delle banche per ottenere obbedienza, piuttosto che una feroce polizia segreta. In realtà tutto questo è stato possibile perché si tratta di un governo appoggiato ad un parlamento che finge di rappresentare ancora i cittadini. Ma nelle democrazie le finzioni non reggono. Perciò stiamo, senza accorgercene, scivolando verso la dittatura e il governo dei banchieri può fare qualsiasi cosa, così come di fatto sta facendo: dare del ladro ed evasore ad ogni cittadino che abbia in mano più di cinquanta euro, togliendogli ogni dignità, preparandolo ad una sottomissione sempre più completa. Fonte: il giornale QUIRINO 1

giovedì 13 settembre 2012

GLI 11 QUESITI SULLE TORRI GEMELLE...

11 considerazioni e 11 quesiti per gli 11 anni dai fatti dell'11 settembre 1. Quando a maggio del 2003 diffusi il mio primo breve saggio sostenendo che la versione ufficiale dei fatti dell’ 11 settembre era un agglomerato di falsità, la quasi totalità degli italiani ancora credeva al mito che l’attentato fosse opera di Osama Bin Laden. Un punto di vista condiviso in buona parte del mondo. Undici anni dopo, quelli che non credono più alle narrazioni ufficiali si misurano in percentuali a due cifre sulla popolazione. Domanda: Riuscite ad estrapolare una tendenza da tutto ciò? Ovvero quale percentuale di persone ritenete che crederà ancora alla versione ufficiale fra trent’anni? 2. Nell’immediatezza degli attentati dell’11 settembre 2001, la quasi totalità dei cittadini del mondo credette alla narrazione diffusa dalle autorità americane. Negli anni che sono seguiti, sempre più persone hanno cambiato radicalmente idea a riguardo, sulla base della convinzione di avere nel frattempo capito qualcosa di importante. Domanda: Chi è che ha tradizionalmente ragione più spesso, quelli che non cambiano mai idea oppure chi nel tempo modifica le proprie convinzioni? 3. A Gennaio del 2011 la rivista tedesca Welt der Wunder pubblica i risultati di un sondaggio operato da TNS Emnid, uno dei maggiori istituti di sondaggio in Germania, dal quale risulta che circa il 90% dei tedeschi crede che gli americani non abbiano detto tutta la verità sull’11 settembre. Domanda: Come sono giunti quasi tutti costoro a sospettare una cosa del genere, nonostante per un decennio siano stati martellati in televisione e sui grandi giornali con la acritica reiterazione ad nauseam della versione ufficiale? E come mai in questo 90% curiosamente non rileviamo la presenza né di politici né di giornalisti mainstream, che continuano a comportarsi come se la versione ufficiale sia sostanzialmente vera? 4. Capita occasionalmente che qualcuno in televisione inaspettatamente dica sui fatti dell’11 settembre cose che escono dal coro. In questi casi i giornalisti presenti hanno reazioni che spaziano fra l’ostentata incredulità e l’esplicita dissociazione da quanto espresso dall’ospite eretico, senza tuttavia entrare mai minimamente nel merito delle tesi da cui prendono distanza. Domanda: questi soggetti riescono davvero a pensare ancora a loro stessi come giornalisti? Che idea hanno essi della professione che esercitano? Cosa vedono quando si guardano allo specchio? 5. Dopo 11 anni di completa censura, un importante network televisivo americano, PBS, trasmette 9/11: Explosive Evidence – Experts Speak Out, un buon documentario realizzato dall’associazione americana Architetti & Ingegneri per la Verità sull’11 Settembre. Il documentario risulta fra i programmi più visionati della settimana e su Internet il più condiviso in assoluto. Curiosamente non viene rapidamente rimosso ed archiviato nell’oblio, come sistematicamente avviene per le verità scomode. Anzi, il film viene reso disponibile su Internet ad oltranza. Domanda: siamo alla vigilia di un Gran Rituale di Sacrificio del Solito Capro Espiatorio (con Gran Vittoria Finale della Giustizia Democratica), oppure si sta abituando per gradi le frange più sveglie del pubblico americano a convivere con una versione attenuata della sconveniente realtà? Oppure il Mito si sta già davvero inarrestabilmente disfacendo per i fatti suoi e questo è solo uno dei primi sintomi del tracollo? 6. Larry Silverstein è ormai considerato il più fortunato immobiliarista del mondo. Nell’estate del 2001 compra le Torri Gemelle con un leasing di 99 anni (quindi senza quasi pagarle). Erano costruzioni obsolete che si sarebbe volentieri demolite, ma non si poteva a causa dell’amianto che esse contenevano. Immediatamente le assicura contro atti di terrorismo, che per sua incredibile fortuna effettivamente accadono poche settimane dopo. Riesce quindi a spuntare vari miliardi di dollari dalle compagnie assicurative, con cui a questo punto può costruirsi gratis altre torri nuove di zecca. Nonostante sia stato risarcito per il danno che non aveva subito (le Torri Gemelle mica le aveva ancora pagate) dopo undici anni Silverstein decide di farsele risarcire anche dalle compagnie aeree a cui appartenevano i veivoli che le avrebbero demolite, alle quali chiede altri otto miliardi e rotti. Con quei soldi potrebbe consolarsi del fatto che nessuno paia voglia affittare i suoi uffici nelle nuove torri. Domanda: perché c’è così poca gente interessata a trasferirsi nel nuovo World Trade Center, in teoria il nuovo luogo di massimo prestigio della città? Hanno paura che i terroristi lo prendano di nuovo di mira? Hanno paura che sia già minato per quando sarà conveniente tirare giù anche quello? Hanno paura che semplicemente un giorno si sbricioli senza ragione come accadde al WTC7? Gli sta semplicemente sul cazzo? 7. Un giudice di New York ha condannato Al Qaeda, i Talibani, l’Iran ed Hezbollah a pagare oltre 6 miliardi di dollari alle famiglie delle vittime degli attacchi dell’11 Settembre. Domanda: quando ci vorrà prima che un giudice americano condanni la Cina al pagamento di 10.000 miliardi di dollari a causa della esplosione di una supernova nella galassia di Andromeda? 8. Gli ormai milioni di persone che vorrebbero una nuova inchiesta sui fatti di September 11 si ostinano ad elemosinarla agli stessi che essi ritengono responsabili di avere ordito gli attentati. Domanda: Perché lo fanno? E’ la cosa più intelligente da fare? Implorereste lo stupratore di vostra figlia di indagare su se stesso per confermarvi che l’ha stuprata lui? Che cosa ci si aspetta di ottenere? 9. Il movimento per la verità sull’11 settembre in America è un ambientino tutt’altro che tranquillo, fazioni diverse che si scannano e si sbranano accusandosi a vicenda di spargere disinformazione, una giungla di accuse al vetriolo, veti incrociati, censure reciproche che chissà perché portano alla mente il vecchio motto latino Divide et Impera. Molto difficile districarsi in questo pantano, per lo sprovveduto neofita. Ma ad un ricercatore esperto manipolazioni ed inganni sono riconoscibili ed evidenti. Domanda: Dopo la Versione Ufficiale sugli attentati dell’11 Settembre, siamo sicuri che non ci toccherà sorbirci anche una Teoria Ufficiale del Complotto sugli attentati dell’11 Settembre? 10. Ci sono in Italia vari soggetti, certamente noti a chiunque si interessi del tema, che si occupano della ricerca di verità sull’11 Settembre e che molto hanno detto e scritto in merito. Tuttavia, nei sei anni intercorsi dalla prima pubblicazione del mio libro Il Mito dell’11 Settembre, alcuni di essi sono riusciti a tutt’oggi a non menzionarne pubblicamente l’esistenza neppure una volta, foss’anche solo per stroncarlo. E non si può certo dire che i libri italiani sull’argomento abbondino. E’ innegabile che questo fatto sia per lo meno curioso. Tale censura di fatto parrebbe accomunarli al Corriere della Sera e gli altri giornali di regime. Domanda: Qual’è il loro interesse a nascondere agli italiani per tanti anni uno dei pochi libri italiani sull’argomento? Un libro di oltre 500 pagine, peraltro già tradotto e pubblicato in altre due lingue, quindi sempre più difficile da ignorare? Quali deduzioni possiamo e forse dobbiamo trarre dal comportamento insanabilmente contraddittorio di costoro? Cui prodest? 11. Il miglior nemico della conoscenza è la convinzione di saperne abbastanza su un certo argomento. E’ a quel punto che ci si forma un’opinione e si smette di continuare ad informarsi. E’ quindi nell’interesse di chi ha pianificato gli eventi dell’11 settembre che tutti giungano rapidamente a credere di saperne abbastanza, senza ovviamente saperne abbastanza affatto. Ci sono cose che è importante ignorare. Domanda: Credi davvero di saperne abbastanza sui fatti dell’11 settembre 2001? E se la risposta è affermativa, ecco la domanda successiva: Credi davvero di saperne abbastanza sui fatti dell’11 settembre 2001? Fonte:arianna QUIRINO 1----12/09/2012

venerdì 7 settembre 2012

LA FINE DELL'ALGERIA FRANCESE, UN'ALTRA OCCASIONE PERDUTA.

La fine dell'Algeria francese, un'altra occasione perduta Nel Settembre del 1962 l' Algeria otteneva l'indipendenza dalla Francia, ponendo cosi' fine ad una presenza durata 130 anni. Molti di voi si diranno a questo punto -Bello...veramente ! E a noi che cazzo ce ne frega ? - Eh gia' e' piu' comodo vivere da ignoranti o quantomeno col paraocchi che cercare di comprendere la realta' che ci circonda ed il nostro passato, peccato che a furia di ragionare in questo modo osceno, ci si ritrova poi con Mario Monti, la Fornero e la tassa sulle gazose. Perche' parliamoci chiaro, l'ignoranza e la totale indifferenza alla realta' sono le basi imprescindibili sulle quali poggiano le grandi disgrazie dei popoli. La storia e' una concatenazione di eventi, tutti collegati gli uni agli altri e se e' pur vero che alla fine rispondono alle logiche imperscrutabili del destino e' altrettanto vero che tali logiche sono pesantemente influenzate dalle decisioni degli uomini e successivamente quasi obbligate dagli eventi che da tali decisioni prendono le mosse. Insomma, il destino puo' anche avere sommo piacere che io cada da una finestra ed orientarsi in tal senso ma poi sono io che materialmente lo devo assecondare e renderlo felice, buttandomi o facendomi buttare da quella cazzo di finestra. In mancanza di cio', senza una mia fattiva collaborazione, il destino se la prende nel culo. Insomma non e' poi cosi' campata in aria l'affermazione alquanto guascona - e se il destino e' contro di noi...Peggio per lui ! - E' assolutamente cosi' ed in ultima analisi ognuno di noi e' cio' che ha voluto ed e' riuscito ad essere e ritengo che valga anche per i popoli. Se alla fine ti ritrovi con Mario Monti e la Fornero, con tutta la squadriglia delle cariatidi politiche a fare da contorno e con la prospettive di doverteli ancora cibare per un bel pezzo, non puoi pensare che e' solo "malasuerte" e che tu non c'entri nulla....eh...cerchiamo di essere seri e soprattutto onesti. Ognuno alla fine raccoglie quel che semina, solo che per pensarla cosi' e per divenire quindi facitori del proprio destino e non le sue vittime succubi ed impotenti, che riempiono catini di lacrime amare, ex post...come sempre, servono due cose. Idee molto chiare circa il porto della vita verso il quale si e' diretti ed una granitica ed incrollabile fiducia in se stessi, accompagnata da una precisa memoria storica del passato e dalle capacita' intellettuali e dagli strumenti culturali per comprenderlo e trarne ammaestramento. In mancanza di cio' si naviga a vista e senza nemmeno saper nuotare, con tutte le difficolta' ed i rischi connessi con tale delicata condizione. Insomma, tutto questo pippone che apparentemente pare non avere un senso, questo noioso pistolotto sul fine ultimo della creazione (un argomento che mi affascina da sempre) e' invece l' indispensabile premessa per affermare con forza che l' attuale condizione mondiale e quindi non solo quella europea ed italiana, e' figlia di una certa tendenza, ormai ampiamente consolidata, a lasciar fare, ovvero a permettere di tutto e di piu' a coloro che, badate bene, non solo non sono migliori di noi ma spesso e volentieri sono proprio l' esatto contario ed a consentire loro di fare e disfare e disporre quindi, a loro piacimento, delle nostre vite e del nostro destino. Perche' una cosa deve essere chiara: o quel benedetto destino lo governiamo noi, o lo fara' sempre qualcun altro per noi e non certo a nostro vantaggio. Di questo potete esserne certi, anche la religione cristiana, sempre così attenta a ricordarci il "dopo", ammettte pero' che "durante" esiste una brillante invenzione di Dio, il libero arbitrio, che gli ha consentito di lavarsi le mani di noi e di mettere la nostra vita totalmente nelle nostre mani. La storia del mondo in generale e quella dell' Europa in particolare, e' contrassegnata da incroci da brivido dove tutto in un attimo cambiò e quel che era si dissolse per fare posto a qualcosa di totalmente nuovo, che impresse una direzione del tutto diversa dalla precedente alle vicende umane. La selva di Teutoburgo, i Campi Catalaunici, Waterloo, Gettysburg e l' intera Seconda Guerra Mondiale, con il suo esito, molto meno scontato di quanto ci hanno voluto fare credere, sono alcuni tra questi snodi...probabilmente i piu' famosi, ma ve ne sono altri, che non hanno forse la stessa capacità di trapassare l' immaginario delle masse, folgorandolo, ma che hanno inciso a fondo nelle nostre vite, consegnandoci sempre di piu' indifesi ad un destino che, come abbiamo appena detto, appare sempre meno frutto del caso per rivelarsi invece il prodotto amaro del lucido progetto di dominio di ristretti circoli dei quali oggi si cominciano a meglio intravedere i confusi contorni. Con una differenza non da poco. Nel dipanarsi delle vicende umane vi fu chi si oppose fermamente, anche con le armi in pugno, a questo progetto di sottomissione globale. Cio' avvenne fino alla fine della seconda guerra mondiale, poi vi fu sempre meno resistenza fino a giungere ai giorni odierni, a quattro scemi variopinti che sfilano per le citta' ed in tale, incongruente e patetico gesto esauriscono ogni volonta' di opporsi. Quattro penosi saltimbanchi non solo totalmente inutili ma il piu' delle volte addirittura emanazione diretta del potere che pensano di combattere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la guerra dell'onore, della dignita' e del sangue contro l'oro, la guerra che misuro' purtroppo anche la vera natura ed essenza dei popoli d' Europa ( e noi italiani usciamo distrutti da questa impietosa analisi ), inizio' il colossale lavaggio del cervello dei popoli, specialmente di quelli del vecchio continente ma vi fu un altro momento nel quale tutto avrebbe potuto cambiare. Forse fu l'ultimo. Quel momento fu la guerra d'Algeria, che vide quali visibili attori da una parte la Francia, o meglio l' Esercito francese, e dall'altra l'FLN, il Frontre di Liberazione Nazionale algerino con il suo braccio armato l'ALN. Ma non erano i soli ad agire, oltre a loro vi era sullo sfondo, l'inquietante presenza, l'ombra oscura, degli interessi USA. Il Nord Africa era pieno di petrolio e di gas. Tutta roba che faceva gola alle sette sorelle, a caccia di popoli da depredare nell' orgia susseguente al processo di decolonizzazione che stava investendo il mondo intero. Si ripetè dunque la pantomima già vista in Indocina e nel Sud est asiatico, dove i francesi, appena usciti da una guerra che avevano pure perduto, elemosinarono a Washington un po' di aiuto che venne loro puntualmente rifiutato. E che cazzo! Gli americani avevano fatto la seconda guerra mondiale proprio per giungere a quel punto, alla destrutturazione totale del mondo, al collasso degli imperi coloniali europei ed alla creazione di una miriade di stati indipendenti, fatti nascere in serie, come delle Ford T, deboli fino alla fragilita' e senza una logica di fondo che non fosse quella di depredarli. Nuovi stati da assoggettare totalmente e senza via di scampo alcuna all'interno di aree di influenza economica che erano vere e proprie gabbie dalle quali era impossibile fuggire. La menata era sempre la solita, la pace, la democrazia, le libertà civili e tutto il sacro repertorio col quale erano decenni che facevano i bulli a giro per il mondo. Per l' occasione si erano pure inventati lo slogan ad effetto, "autodeterminazione dei popoli" e di aiutare i francesi non se ne parlava proprio, che se ne andassero e facessero spazio a loro. Abbiamo visto poi con quale straordinario risultato. In Algeria andò pure peggio se possibile. Una Francia confusa, corrosa, stanca, guidata da una classe politica, quella della IV Repubblica, talmente raccapricciante da fare invidia a quella nostra attuale, si impegno' in una guerra che vedeva quale campo di battaglia un Dipartimento francese d'oltremare. Giacchè l'Algeria non era una colonia ma territorio francese, dove vivevano nove milioni di individui, otto milioni di algerini, molti dei quali favorevoli a mantenere un forte legame con la Francia ed un milione di pied noir, francesi nati in Algeria. Le leggi spietate del profitto e della globalizzazione, che era agli albori ma imponeva già i suoi duri ed ineludibili comandamenti, stavano però preparando la V Repubblica ed il ritorno di De Gaulle. Il Generale sapeva perfettamente con chi aveva a che fare, conosceva a menadito il cuore ed il sottobosco del potere capitalista ed era consapevole che voler mantenere l' Algeria francese avrebbe rappresentato una sfida intollerabile per il nuovo ordine mondiale che si era affermato. Altro che force de frappe e la grandeur. La vera sfida dell' unica nazione europea in grado di poter agire sul proscenio internazionale era quella e nessun altro era in grado di profferire verbo in quella Europa di fine anni '50, uscita devastata e divisa dalla guerra, non certo la Gran Bretagna, che appariva ogni giorno di piu' la vera grande sconfitta dell' immane conflitto, costretta ormai a pagare con gli interessi il duro conto in arretrato che aveva con la Storia. Lo splendido isolamento alla fine aveva prodotto la fine dell' Impero ed il passaggio del bastone di comando agli americani. Non avevano mai voluto essere europei e ne pagavano ora il salatissimo conto. Il resto d' Europa era un cumulo di macerie. Dunque, in quel preciso momento, rimaneva solo la Francia a poter mantenere viva la speranza di un futuro per l' Europa che non fosse quello del carbone, dell'acciaio e del burro. I progenitori dell'arma finale, l' Euro. Quella speranza era l'Europa delle Patrie, se ne parlo' pure per un breve momento. Ma De Gaulle intendeva regnare a lungo questa volta ed era consapevole che se avesse fatto sua la bandiera dell'Algeria francese il suo futuro sarebbe divenuto incerto ed assai rischioso. E non ci pensava nemmeno. Usò quindi, con un cinismo disgustoso, le speranze e le aspettative dei "pied noirs", le illusioni dell' Armee e l'indifferenza dei francesi metropolitani, per raggiungere il suo scopo, dopo di che tradì tutti. Indistintamente. Ma a quel punto successe qualcosa di incredibile. L'Armee, la grand muette ( la grande muta ) ritrovo' improvvisamente la voce. A dire il vero era gia successo due o tre anni prima, nel'58, quando l'Armee d'Algeria aveva praticamente imposto De Gaulle ad una riluttante Assemblea Nazionale che aveva votato, caso più unico che raro, per l' eutanasia di se stessa. Adesso l' Armee tradita dall' uomo nel quale aveva creduto parlava di nuovo. Messi di fronte alla prospettiva di perdere l'Algeria e l'onore, di abbandonare al massacro che si sarebbe scatenato centinaia di migliaia di algerini che avevano combattuto per la Francia, gli Harkis ed un milione di "pied noirs". Messi davanti alla tragedia di venire meno alla parola data a tutta questa gente...-non vi abbandoneremo mai-..con ancora nella mente il ricordo delle tribu' vietnamite e cambogiane che si erano battute al loro fianco e che erano state lasciate indifese alla rappresaglia del Viet Minh i soldati francesi si ribellarono. Come ebbe a dire il Colonnello Helie' Denoix de Saint Marc durante il suo processo..."Fecero di tutto (i politici n.d.r.)per farci impazzire e ci riuscirono". Ora Saint Marc non era esattamente un quaquaraqua qualsiasi, un aspirante rambetto convertitosi al golpismo. Di famiglia aristocratica, resistente nel ’41, deportato a Buchenwald nel ’43, nel primo dopoguerra Saint Marc si arruola volontario per l’Indocina, combatte bene, è promosso e decorato. Inviato ai confini del Laos, rompe gli schemi; fa proprie le regole della “guerra rivoluzionaria”, convince le tribù delle montagne e scatena contro i comunisti una guerra di popolo. Un successo pieno, ma improvvisamente arriva l’ordine di ritirarsi e di sbarazzarsi dei suoi miliziani. Non servono più.Saint Marc obbedisce. È un ufficiale, la gerarchia è un valore. Ma qualcosa — ed è un sentimento diffuso nei quadri del contingente — si rompe. Come racconta nella sua autobiografia, “Les Champs de braises” (edizioni Perrin), il comandante non scorderà mai gli sguardi dei suoi camerati vietnamiti abbandonati, l’odore del tradimento. La puzza della vergogna. In Algeria, Saint Marc comanda il 1° REP ( i para' della Legione Straniera, la crema della elite) ed assieme a centinaia di giovani ufficiali reduci d’Indocina, cercherà il riscatto, la vittoria ed in fondo la salvezza dell’anima. De Gaulle, l’uomo in cui credevano, gliela negherà, imponendo loro un nuovo infamante raggiro, un’altra mortificante abiura. Da qui la rivolta dei “soldati perduti” del ’61, il processo, la condanna. Degradato e radiato, Saint Marc torna in libertà alla fine dei Sessanta e si rivela uno scrittore potente, i suoi libri fanno discutere, diventano best sellers, vincono premi letterari. Sebbene sia ufficialmente un reietto, il Comandante è una leggenda per la società militare e per i pied noir fuggiti dall'Algeria e riparati in Francia e che costituiscono una cifra elettorale del 7.5% dell'elettorato. Il potere è costretto a riabilitarlo e nel 1978 gli sono resi i diritti civili e militari. Ma torniamo ad Algeri nel '61. Dunque l'Armee ritrova la parola e dice NO ! No all'abbandono dell' Algeria, no all' abbandono degli Harkis e dei pied noirs, no al tradimento della parola data e della bandiera. No alla svendita dell' onore. Del loro onore. Dopo l' Indocina lo avrebbero difeso contro tutto e tutti. Ad ogni costo. E fu esattamente quel che fecero. Mentre ad Algeri il quadrumvirato dei Generali prende il potere, all' Olimpya di Parigi Edith Piaf tiene un concerto grandioso per i "ragazzi di Algeri" e dedica loro un pezzo struggente, Je ne regrette rien, che entrera' nella storia di quegli anni , identificandosi in maniera totale con quelle vicende. Un vento nuovo pare scuotere l'Europa dei primi anni di benessere. A Parigi regna il caos, ci si aspetta da un momento all' altro che i Reggimenti paracadutisti d'Algeria, gli stessi che avevano vinto la battaglia di Algeri smantellando la rete terroristica dell'FLN in citta', piombassero sulla capitale. Era il meglio del meglio dell' Esercito francese, forgiati nelle risaie indocinesi e nel jebel algerino e comandati da giovani Colonnelli che sembravano usciti dritti dritti da un libro di cappa e spada, apparivano sulla carta invincibili, probablmente lo erano e soprattutto nessuno aveva voglia di verificarlo sul campo, Mentre a Parigi venivano distribuite le armi alla CGT (l'equivalente della nostra CGIL) in un tentativo patetico di imbastire un simulacro di resistenza, la sorte di De Gaulle e della V Repubblica sembravano ormai segnate e nei sogni di molti europei prendeva forza e vigore un nuovo progetto di Europa, guidato da questa nuova Francia che ben poco avrebbe avuto a che spartire col mondo dei mercanti e dei re di denari. Lo spirito, la volonta' ed i buoni sentimenti stavano per prendersi la loro rivincita su un mondo che pareva decisamente orientato a virare verso l'avidita', la grettezza, la superficialita', la volgarita' e l' ignoranza. Almeno cosi' pareva ed invece no. Quando gli aerei da trasporto carichi di para' stavano per decollare dagli aeroporti algerini il comando della VI Flotta USA fece sapere ai Generali ribelli di Algeri che gli aviogetti americani avrebbero abbattuto tutti gli aerei in volo verso la Francia. Senza nessuna eccezione. Gli americani non mostrarono esitazioni nel proteggere il nuovo mondo che avevano creato e la favola degli insorti d'Algeria si avvio' alla sua drammatica conclusione. Il resto e' storia nota. Il Putsch perse inesorabilmente vigore e dopo poco i rivoltosi furono costretti ad arrendersi. Segui' una epurazione profonda nelle Forze Armate, mentre molti militari si univano all' OAS ed iniziava la parte piu' sanguinosa e crudele della vicenda algerina, quella che vide francesi contro francesi in una lotta senza quartiere terminata con arresti, torture e fucilazioni di molti ufficiali tra i quali il Colonnello Jean Marie Bastien-Thiry, un giovane di appena trent'anni, padre di tre bambine in tenerissima eta' per il quale la Francia intera chiese clemenza. De Gaulle fu inflessibile e Bastien Thiery venne fucilato ma ancora oggi i francesi onorano quotidianamente la sua tomba. Il 1° Reggimento paracadutisti della Legione, quello comandato da Helie' Denoix de Saint Marc, venne sciolto subito dopo il fallimento del Putsch e gli ufficiali incarcerati. In una livida mattina i paracadutisti furono trasferiti, a piedi, dalla loro base di Zeralda al porto di Algeri per essere imbarcati, portati in Francia e colà dispersi in mille altri reparti. Quando attraversarono Algeri accadde l'impensabile, la voce si era sparsa e decine di miglia di pied noirs si affollavano sui lati della strada che i militari stavano percorrendo a passo di marcia, inquadrati e sorvegliati da decine di gendarmi armati. E' un attimo, la folla grida il suo amore per quei ragazzi che si sono giocati la carriera e la vita stessa pur di non venire meno ad un obbligo d'onore, pur di rispettare la parola data e non abbandonarli. Le ragazze pied noir piangono di disperazione e sommergono di baci e di fiori gli uomini in mimetica, quando all'improvviso si ode un comando secco ed i paracadutisti intonano la canzone della Piaf...Je ne regrette rien...io non rimpiango niente. I parà rispondevano all'amore di quella folla e la salutavano a modo loro e mentre l'eco delle ultime note di quella canzone si perdeva nella frizzante aria mattutina della piu' europea delle citta' nordafricane che si affacciano sul Mediterraneo, l' Europa dei Centurioni lasciava, forse definitivamente, il passo a ben altra Europa. Quella dei mercati e delle banche, delle speculazioni e dello spread, del panico e del mal di vivere. Quella triste, senza gioia, senza albe, senza tramonti, senza sole, senza calore, senza amore. L' Europa dei banchieri e dei mercanti, del dolore e dell' egoismo, L' Europa della troika, della UE e della BCE. L' Europa dei burocrati, degli oligarchi e dei poteri occulti. L'Europa dei culattoni QUIRINO 1

lunedì 3 settembre 2012

LA VERITA' SU AMNESTY INTERNATIONAL.

Erroneamente considerata da molti come la voce finale in materia di diritti umani nel mondo, potrebbe destare sorpresa sapere che Amnesty International è nei fatti uno dei più grandi ostacoli alla causa dei diritti umani su tutta la Terra. Nel suo più recente rapporto annuale del 2012 (pag 4, .pdf), Amnesty reitera una delle più grandi falsità, sistematicamente ripetuta: "Amnesty International è finanziata principalmente dai suoi membri e da donazioni pubbliche. Nessun fondo è domandato oppure accettato dai governi per la sua opera di investigazione e campagna contro gli abusi dei diritti umani. Amnesty International è indipendente da ogni governo, ideologia politica, interesse economico o religione". Questo è nettamente falso. In verità Amnesty International è finanziata e condotta non soltanto da governi, ma viepiù da enormi interessi di finanziatori d'impresa, e non solo è intrecciata con ideologie politiche ed interessi economici, Amnesty è uno strumento essenziale utilizzato per perpetuare esclusivamente tali interessi. Il finanziamento di Amnesty International Trovare informazioni relative ai finanziamenti di Amnesty International è reso deliberatamente difficile - questo chiaramente per proteggere il mito di "indipendenza" dell'organizzazione. Come ogni operazione criminale organizzata, Amnesty separa i legami finanziari compromettenti attraverso una serie di manovre legali e organizzazioni ombra. Sul sito web di Amnesty si trova: "Il lavoro portato avanti dal Segretariato Internazionale di Amnesty International è organizzato in due entità legali, in conformità alla legge del Regno Unito. Queste sono Amnesty International Limited ("AIL") e Amnesty International Charity Limited ("AICL"). Amnesty International Limited prende in appalto le attività caritatevoli per conto di Amnesty International Charity Limited, istituzione benefica registrata." Ed è lì, presso la Amnesty International Limited, il luogo in cui sono mantenuti i legami con governi e finanziatori d'impresa. A pagina 11 del Rapporto e Rendiconto Finanziario del 2011(.pdf) di Amnesty International Limited è riportato: "I Direttori sono lieti di ringraziare per il loro supporto la John D. e Catherine T. MacArthur Foundation, la Oak Foundation, la Open Society Georgia Foundation, Il Vanguard Charitable Endowment Programme, Mauro Tunes e l'American Jewish World Service. Il UK Department for International Development (Governance and Trasparency Fund) ha prorogato il finanziamento per un progetto quadriennale a favore dell'educazione per i diritti umani in Africa. La Commissione Europea (EuropeAid) ha generosamente accordato una borsa di studio pluriennale destinata al lavoro a favore dell'educazione per i diritti umani di Amnesty International in Europa". Dunque è chiaro, Amnesty prende effettivamente del denaro sia dai governi sia dai finanziatori d'impresa, una delle più note delle quali, Open Society, è presieduta dal riconosciuto colpevole di crimini finanziari George Soros. Nel Marzo 2012 un report di Bloomberg, intitolato "Soros perde la causa contro la condanna della corte francese per Insider-Trading", illustrò che un ricorso basato sulla violazione dei "diritti umani" contro Wall Street da parte dello speculatore George Soros fu rifiutato dalla "Corte Europea dei diritti umani". Soros, la cui Open Society finanzia tra le altre anche Human Rights Watch e una miriade di altre associazioni sostenitrici di "diritti umani", letteralmente cercò di usare il racket occidentale dei diritti umani per difendere se stesso contro l'accusa di frode finanziaria in quella che forse è stata la manifestazione più trasparente di come operano queste organizzazioni. Soros, che fu condannato e multato per insider trading nel 2002 in relazione alle azioni della banca francese Société Générale da lui acquistate nel 1988, ha costruito un impero dall'offuscamento di attività criminali globali grazie alla causa dei "diritti umani". Il suo supporto, così come quello dei governi britannico ed europei, nei confronti di Amnesty International mira solamente all'espansione di questa pratica di offuscamento. La leadership di Amnesty International Anche la leadership di Amnesty ci dice qualcosa in merito alla sua reale agenda. Suzanne Nossel, Direttore Esecutivo di Amnesty International USA, per esempio fu designata direttamente dal Dipartimento di Stato americano - dunque ancora una volta contraddicendo amaramente le dichiarazioni di Amnesty di essere "indipendente" da governi ed interessi delle corporations. Nossel ha continuato a promuovere la politica estera statunitense, ma semplicemente dietro un podio con un nuovo logo, il logo di Amnesty International, affisso su di esso. Il sito web di Amnesty International menziona specificamente il ruolo della Nossel dietro le risoluzioni ONU appoggiate del Dipartimento di Stato USA, riguardanti Iran, Siria, Libia e Costa d'Avorio. .E' stato largamente documentato come questi temi girano attorno ad un piano decennale escogitato dalle grandi partecipazioni finanziarie mirante a dividere, distruggere e saccheggiare le nazioni viste come ostacolo all’egemonia globale statunitense. Specificamente al caso della Siria, è stato rivelato come l'attuale catastrofe dei "diritti umani" ha origine risalente ad una cospirazione premeditata del 2007, documentata dal giornalista del "New Yorker" Seymour Hersh, tra USA, Israele e Arabia Saudita, la quale cercò ed ottenne di finanziare, armare e dispiegare estremisti settari che indebolissero e rovesciassero il governo siriano - questo nonostante la piena consapevolezza della tragedia umana che avrebbe comportato. Il contributo della Nossel dunque è semplicemente di abbellire quella che crudamente è un’aggressione militare e il raggiungimento dell’egemonia delle corporations finanziarie col pretesto del supporto ai diritti umani. Uno sguardo su AmnestyUSA.org rivela che ogni fronte sul quale il Dipartimento di Stato americano sta attualmente lavorando e che costituisce per esso priorità è coincidentemente priorità anche per Amnesty International. Questo include manifestazioni e campagne a supporto dei gruppi di opposizione al governo russo finanziati dal Dipartimento di Stato americano (attualmente ossessionato dalle "Pussy Riot"), l'indebolimento del governo siriano, il rovesciamento del governo bielorusso, e il supporto alla creatura di Wall Street Aung San Suu Kyi del Myanmar (ancora chiamata Birmania dalla stessa Suu Kyi secondo la nomenclatura imperiale britannica). Amnesty International tradisce la reale promozione dei diritti umani. Amnesty in realtà nasconde quelle tematiche che sono critiche per la politica straniera statunitense nei fondi dei loro siti o nel retro dei loro report. Allo stesso modo, i media istituzionali riportano selettivamente le questioni che coincidono con i loro interessi [delle politiche estere statunitensi, ndt.], mentre altre problematiche sono o sminuite in termini di spazi dedicati oppure non riportate neppure. Ed è precisamente perché Amnesty nasconde tutte le questioni, eccetto selettivamente enfatizzare quelle che sono contribuenti agli interessi delle immense corporations finanziarie, che Amnesty diventa uno dei più grandi impedimenti alla genuina promozione dei diritti umani sulla Terra. .... Alle persone comuni è data la falsa impressione che "qualcuno sorvegli" sulle violazioni dei diritti umani, quando in realtà ciò che Amnesty e tutte le altre organizzazioni come essa fanno è gestire selettivamente la percezione pubblica su tali violazioni, fabbricando o manipolando molti casi affinché questi si conformino meglio all’agenda delle grandi partecipazioni finanziarie. Questo si osserva bene quando interi report fabbricati da Amnesty o da Human Rights Watch si basano unicamente su "dichiarazioni di testimoni" raccolte tra i racconti dei gruppi di opposizione sostenuti dagli Stati Uniti. Nel raro caso in cui un report include riferimenti su reali prove fotografiche, video o documenti, come il report di Human Rights Watch "Descent into Chaos" del 2011 (.pdf), un linguaggio ingannevole è intenzionalmente incluso tra i passi, affrontati con rapidità e finta noncuranza, allo scopo di abilitare un report selettivo e fuorviante non soltanto per i media istituzionali occidentali, ma anche per una miriade di false ONG finanziate e condotte dagli sponsor ed affiliati di Amnesty International e Human Rights Watch. Il Report "Descent into Chaos", riguardante la Thailandia, fu rapidamente ed ampiamente ribaltato e manipolato dalla falsa ONG finanziata dal Dipartimento di Stato americano e "promotrice di diritti umani" Prachatai. Quando le persone credono erroneamente che organizzazioni credibili si stiano occupando della "promozione di diritti umani", essi non solo diventano compiacenti, essi diventano negligenti verso le proprie responsabilità di esaminare obiettivamente reali potenziali violazioni e dunque dichiararsi apertamente contrari ad esse. Le partecipazioni finanziarie di Wall Street e Londra hanno riempito un vuoto che dovrebbe essere occupato dai loro più grandi oppositori invece che da quella grande organizzazione criminosa di appoggio di loro stessa creazione. Non soltanto essi hanno dato un lasciapassare alla violazione dei diritti umani su scala globale, essi in realtà utilizzano la loro opposizione controllata per attaccare i loro oppositori. E' chiaro che Amnesty International non è per nulla un "promotore" di diritti umani, piuttosto un insulto ai diritti umani. Non c'è bisogno di dire che essa dovrebbe essere completamente boicottata, o per lo meno identificata quale illegittima e fraudolenta - a partire dai suoi finanziamenti per finire con la sua leadership compromessa. Inoltre, noi come persone dobbiamo contrastare le violazioni reali dei diritti, sia nostri che del nostro prossimo, partendo dalla base, perché è assolutamente folle pensare che organizzazioni di estensione globale, finanziate da corporation finanziarie, che riproducono l'agenda di governi guidati da interessi costituiti abbiano tra i loro pensieri il nostro interesse migliore e i nostri diritti. QUIRINO 1

I TERRORISTI DELLA NATO.

I terroristi della NATO mettono nel mirino Siria e Algeria I leader politici occidentali ammettono che le operazioni NATO in Libia hanno giocato un ruolo di primaria importanza nel consolidamento della fazione AQUIM di Al Qa’ida (Al Qa’ida del Maghreb islamico). Bruce Riedel della Brookings Institution finanziata dalle 500 aziende della lista di Fortune, nel suo articolo "The New Al Qaeda Menace," ammette che AQIM è ora fortemente riarmata proprio grazie all’intervento NATO in Libia e che la base di AQIM in Mali, in Nord Africa, è sede operativa delle attività terroristiche lungo la regione. Immagine: l’intervento NATO in Libia ha fatto resuscitare importanti organizzazioni classificate nelle liste terroristiche fra cui l’affiliata ad Al-Qa’ida, LIFG. Questa aveva in precedenza partecipato ai combattimenti in Iraq e in Afghanistan e oggi dispone di combattenti, denaro e armi, grazie alle gentili concessioni della NATO che le ha permesso di insediarsi in un ampio territorio che si estende dall’estremo ovest in Mali fino all’estremo est in Siria. Il temuto “Califfato globale” con cui i neo-con hanno terrorizzato i bambini occidentali per un decennio sta ora prendendo forma grazie alle macchinazioni di USA, Arabia Saudita, Israele e Qatar, non certo dell’«Islam». Infatti, i veri mussulmani sono stati coloro che hanno pagato il prezzo più alto nel combattere quella che è in realtà un “guerra contro il terrorismo di matrice occidentale”. ---- Sia AQIM che la sua omologa libica, il Gruppo Combattente Libico Islamico (LIFG) sono entrambe elencate dal Dipartimento di Stato USA nella lista delle “Organizzazioni Terroristiche Straniere”. Allo stesso modo sono presenti negli elenchi dell’Home Office britannico , e le Nazioni Unite riconoscono come terroristiche entrambe le organizzazioni. Ciononostante, l’intervento militare in Libia è stato perseguito dall’Occidente col consenso dell’ONU avendo la piena consapevolezza che i militanti che guidavano le cosiddette “rivolte per la democrazia” non fossero nient’altro che i continuatori del terrorismo violento perpetrato per decenni dagli affiliati di Al Qa’ida. L’Occidente ne aveva piena consapevolezza principalmente perché sono stati i servizi segreti occidentali ad armare e sostenere questi militanti negli ultimi 30 anni e, nel caso libico, pure coccolandone i leader a Washington e a Londra. Inoltre lo stesso esercito statunitense ha meticolosamente documentato in merito ai terroristi stranieri che combattevano in Iraq e Afghanistan, evidenziando che la più alta percentuale di questi proveniva dalle città libiche di Bengasi e Darnah, la cosiddetta “culla” delle “rivolte per la democrazia” in Libia. Ciò che vi viene rivelato non è altro che la premeditazione di una bugia: il luogo dove si sventolava il cartello “attivisti” nel tempo di una notte si è trasformato nell’avamposto di combattenti agguerriti e armati fino ai denti alla guida di carri armati e di piloti di jet pronti a scatenare una guerra a tutto campo contro il leader libico, Muammar Gheddafi. In realtà, è stato il frutto di 30 anni di supporto che l’Occidente ha fornito in segretezza ai gruppi di militanti in tutto quel territorio - un sostegno che non si sarebbe poi concluso con la caduta di Gheddafi.I terroristi del LIFG si riversarono immediatamente ad est in Siria e ad ovest in Mali oltre i loro confini: una struttura logistica che hanno perfezionato nell’ultimo decennio nel corso delle loro operazioni in Iraq e Afghanistan. Il comandante del LIFG, Abdul Hakim Belhaj, già nel novembre del 2011, si trovava al confine turco-siriano per fornire danaro, armi e combattenti terroristi del suo LIFG, sotto la supervisione dei servizi segreti occidentali, assieme con finanziamenti e armi che gli USA riciclavano attraverso i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) quali il Qatar e l’Arabia Saudita. Da quel momento si può confermare che i militanti libici si sono posti alla guida di tutte le brigate di combattenti stranieri all’interno della Siria. Come ha ammesso Bruce Riedel del Brookings, queste armi sono andate anche verso ovest, in Mali. L’Algeria aveva timore che un tale scenario si stesse svelando, proprio durante lo svolgimento dell’intervento NATO in Libia - un timore che oggi si è infatti pienamente realizzato. Ironicamente, Riedel, nell’agosto del 2011, cercò di creare un caso sull’ipotesi di un’Algeria “prossima alla caduta” in un articolo che titolava letteralmente “L’Algeria sarà la prossima a cadere”. Un anno fa, Riedel cercò di sostenere che la cosiddetta “Primavera Araba” si sarebbe diffusa in Algeria dopo essersi ben radicata nella vicina Libia. Aveva mancato di spiegare, e oggi la cosa è ormai sotto gli occhi di tutti, che per “Primavera Araba” Riedel intendeva la sovversione appoggiata dagli USA e, più specificatamente, la militanza terroristica armata dalla NATO col marchio di fabbrica di Al Qa’ida. Con gli USA che ormai armano, sostengono apertamente e fanno letteralmente il “tifo” per Al Qaeda in Siria, sembra ormai chiaro che la “Guerra al Terrore” sia stata una frode senza precedenti perpetuata a costo di milioni di vite distrutte e di un incalcolabile prezzo sociale e economico. La NATO, ben cosciente delle conseguenze, sta letteralmente costruendo nel Nord Africa e in Medio Oriente dei cosiddetti “Califfati” che i leader occidentali hanno sostenuto sulla testa dei loro popoli suggestionabili nell’intento di perpetuare la loro guerra globale. Prendendo ispirazione dalle pagine del romanzo “1984” di Orwell, è stata creata una guerra artificiale per sostenere gli interessi delle corporazioni economico-finanziarie e le loro strategie interne e internazionali. La cosiddetta “minaccia alla civiltà occidentale” è, nei fatti, una legione straniera a servizio degli interessi delle corporazioni economico-finanziarie occidentali, che esegue la politica estera di Wall Street e Londra su scala globale, nei modi e nei luoghi in cui nessuna altra forza occidentale avrebbe mai potuto agire. La blitzkrieg (‘guerra lampo’, NdT) terroristica nel mondo arabo non si concluderà in Siria. Continuerà, se sarà loro consentito, in Iran, fra le montagne del Caucaso e fino in Russia, nei confini occidentali della Cina e anche in tutto il sud-est asiatico. Il prezzo dell’ignoranza, dell’apatia, e della complicità nel sostenere la cosiddetta “Guerra al Terrore” dell’occidente ci attrarrà paradossalmente tutti gli orrori possibili, quelli reali però, proprio quelli che ci erano stati prospettati se non avessimo combattuto questa “Lunga Guerra” Il nostro sostegno ad entrambe le parti politiche di destra e sinistra, così come il nostro quotidiano patrocinio agli interessi economico-finanziari che guidano questa politica, hanno ormai consolidato un inedito e crescente paradiso di tranquillità per i terroristi - e fino a quando i governi laici moderati continueranno ad essere compromessi e rovesciati, noi potremo solo immaginare quali saranno i contraccolpi, le vendette e le ulteriori conseguenze che questa politica estera distruttiva potrà provocare. Immaginare che questo tipo di ingerenze non si possano ripercuotere su di noi, anche sotto forma di un attacco “false flag” da far sbiadire il ricordo dell’11/9, sarebbe assolutamente folle. Già oggi noi tutti stiamo subendo la devastazione economica e ovunque, in casa nostra, siamo oppressi da un controllo soffocante di apparati per la sicurezza. Fino a quando subiremo passivamente la politica in corso invece di imporne una che sia veramente la nostra, si potrà solo andare di male in peggio. Fonte: megachip QUIRINO 1

sabato 1 settembre 2012

W IL FASCISMO E I FASCISTI.

A sentir loro sono tutti "fascisti".Peccato che nessuno sia veramente fascista. Appassionante questo dibattito a colpi di "fascista" e "destro". Ma soprattutto attuale. Da un momento all'altro potrebbe saltar su uno a urlare "babilonese che non sei altro!" e un altro a rispondergli "sei peggio dei cartaginesi!": nessuno ci farebbe più caso. La politica italiana si conferma la prosecuzione delle guerre puniche con altri mezzi, infatti i politici scrivono in alfabeto cuneiforme, al massimo usano ideogrammi che capiscono solo loro. A sinistra, vent'anni fa, si rise a crepapelle quando B. si fabbricò il fantoccio del comunismo. Ora gli stessi che ridevano riesumano il fantoccio del fascismo, nel tentativo di dare un senso all'esistenza del Pd, altrimenti piuttosto imperscrutabile. Solo che i fascisti, più o meno ex, sono tutti alleati del Pd: metà nel Pdl che sostiene il governo Monti col Pd e metà in Fli che sta nel Terzo Polo con cui il Pd sostiene il governo Monti e vuole allearsi anche dopo le elezioni. Però i fascisti sarebbero Di Pietro (che mai ha governato con B. e i fascisti) e soprattutto Grillo. L'idea che Grillo parli un linguaggio fascista poteva venire giusto a un Bersani: giuste o sbagliate che siano le cose che dice, Grillo parla il linguaggio di Grillo e basta aver visto un suo spettacolo o comizio per saperlo. Solo che quando dava del ladro a Craxi e dello "psiconano testa d'asfalto" a B., a sinistra faceva comodo. Ora che prende per i fondelli anche Napolitano, Bersani e Violante, ricordando gli inciuci della sinistra con B. sulla tv, il conflitto d'interessi, la giustizia e la loro congenita allergia al rinnovamento, diventa la reincarnazione del Duce. Il bello è che Bersani, dandogli del fascista, è sinceramente convinto di smentire Grillo che gli dà del trapassato: non s'accorge che così conferma di essere rimasto comunista, un Flinstone della politica, un fossile del '900, imbalsamato nei tic e nelle etichette del secolo scorso di cui peraltro gli sfugge la drammaticità, appiattito com'è su una conoscenza basica, da abbecedario, Peppone & don Camillo. "Fascista!" gli esce spontaneo, come al Dottor Stranamore partiva il braccio teso. "Fascista!" si urlava a sinistra negli anni 70 contro chi, come Montanelli, steccava nel coro della cultura dominante. Una sera Costanzo lo invitò in tv e Scalfari trovò la cosa disgustosa, perché il vecchio Indro era un "fascista" (anche se, diversamente da lui era stato condannato a morte dai fascisti). Camilla Cederna, lombrosianamente, scrisse che Montanelli aveva addirittura "il cranio fascista". Lorsignori, in quanto "de sinistra", avevano il monopolio della democrazia e chi non la pensava come loro andava ghettizzato, confinato nel lazzaretto degli appestati. Salvo poi ottenere la riabilitazione se diventava "funzionale" alla causa: accadde a Montanelli nel '94 quando (non perché fosse di destra o di sinistra ma perché era un uomo libero) attaccò B. (non perché fosse di destra, ma perché era pericoloso.) Ecco: quanti, nella sinistra politica e giornalistica, hanno attaccato B. perché erano di sinistra e non perché lo reputassero pericoloso (tant'è che ogni tanto ci andavano a letto?). Ora, non potendo più sventolare lo spaventapasseri di B., anche perché è loro alleato, s'inventano un nuovo nemico, ma senza fantasia: la "nuova destra populista" e, te pareva, "fascista". Strano che Ezio Mauro, che viene dalla cronaca e non dal sinedrio, per levarsi d'impaccio nella rissa interna a Repubblica, caschi nel vecchio giochino di recintare la zona dei buoni ("il campo democratico") per escluderne "la destra peggiore", che poi sarebbe chi non scioglie ditirambi a Napolitano nella sua guerra personale alla Procura di Palermo. La destra migliore ora è proprio Montanelli, che per Repubblica era la peggiore (come i magistrati antimafia, che diventano buoni solo da morti). Meno male che B. si è fatto, almeno per un po', da parte: così, dopo vent'anni, tutti possono vedere cos'è davvero la sinistra italiana. E capire chi ha regalato all'Italia 20 anni di fascismo, 40 di Democrazia cristiana e 20 di berlusconismo. Fonte: Il fatto quotidiano QUIRINO 1