mercoledì 5 novembre 2014

GLI OTTANTA EURO DOVE SONO ?


GLI OTTANTA EURO DEL BENE ASSOLUTO


   Ma chi sarebbe il Bene Assoluto? Qualcuno mi chiede; ma buon Dio è Matteo Renzi!
   Dopo aver dato (e ripreso) gli ottanta Euro <ai pensionati con meno di cinquecento Euro>, un lettore mi chiede, io rispondo <Santo Dio, che domanda fate, ma quali pensionati – di questi si attende la loro morte – ma gli ottanta Euro sono destinati a chi ne guadagna 1.500 di Euro>. No, cari lettori, non storcete la bocca, il Bene Assoluto intende estendere gli ottanta Euro anche alle mamme che dopo il primo gennaio partoriranno un bimbo. Bene…bravo….bis…tris….claps, claps (applausi).
    Qualcuno dirà che sono un nostalgico del Male Assoluto. Perché, non si vede? Rispondo. Prima di andare avanti apro, per essere chiaro al massimo, uno dei più noti dizionari italiani, il De Agostini, nella voce nostalgico e leggo e trascrivo: <Che rimpiange un regime politico del passato, in particolare il fascismo>. Avvalendomi anche della rivista Paralleli, desidero ricordare che l’idea di premiare le mamme che concepivano un bambino era nata nella mente del perfido Male Assoluto ben 77 (dico: settantasette) anni fa. Infatti nel 1937 la campagna demografica offriva agli operai che si sposavano un assegno nuziale di 700 lire. L’assegno nuziale era inoltre corredato da un prestito senza interessi non inferiore alle 1.000 lire che veniva elargito a quanti sposati entro i venticinque anni, guadagnavano meno di mille lire lorde al mese, ossia la stragrande maggioranza degli italiani. A sei mesi dalla concessione del prestito si cominciava a restituire nella miserabile misura dell’1% al mese. Ma ora, caro Don Matteo attenzione: dopo la nascita di ciascun figlio la restituzione veniva sospesa per un anno e il prestito si riduceva del 10% del totale al primo figlio, del 20% al secondo, del 30% al terzo, del 40% al quarto, dopo di che veniva condonato. Alle madri riconosciute ufficialmente prolifiche, con almeno sette figli, il Male Assoluto inviava o consegnava personalmente in fastose cerimonie a Palazzo Venezia 5.000 lire più una polizza di assicurazione di 1.000 lire. Altre facilitazioni (attento don Matteo!), come per esempio la tessera gratuita per tutti i mezzi pubblici, arrivava loro dal fascio locale (oh mamma c’ho detto!!!! Ho nominato il Fascio). Don Matteo, no, non ho finito: i capifamiglia con prole numerosa godevano di privilegi straordinari negli impieghi statali, nei contratti di lavoro collettivi, nella concessione di prestiti a interesse,  e di forti sconti nell’affitto degli appartamenti. Anche gli assegni familiari erano ragguardevoli: 3,60 lire la settimana per gli operai con un figlio, 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire da quattro figli in su. Per gli impiegati (sempre alla settimana) 4,80, 6,50 e 7,20. Per i dipendenti del commercio, infine, gli assegni potevano essere anche più elevati.
   Don Matteo, ma senta  cosa ho letto oggi, non posso citare la fonte perché è un foglio anonimo: <Renzi, nella bramosa caccia al denaro con il quale mantenere almeno il 10% di quanto promesso, ha idea di far pagare il bollo di circolazione ai passeggini>. Don Matteo, lei mi dice che questa è una cattiveria?! Bene, allora ecco un’altra cattiveria. Sempre nello stesso foglio leggo: <Renzi vuol distribuire il TFR (liquidazione): vana speranza di riavviare così il consumo e quindi la produzione. Curioso: Mussolini lo inventò per garantire il lavoratore e dargli una vecchiaia serena. Renzi lo vuol depredare per fregargli con le tasse anche il futuro. Allora si costruì lo stato sociale, venendo dal medio evo. Oggi i sinistri ci vogliono risprofondare nei secoli bui. Bravi! Bene!>.
   E in merito a quanto periodicamente accade in Italia (vedi ad esempio il caso di Genova), ecco quanto ha scritto l’anonimo cattivo: <Per la cronaca, l’ultimo che dragò seriamente i fiumi in Italia, fu Mussolini. Ma non si può dire, perché è apologia>. E infatti io non lo dico!
Torniamo ai beati tempi di oggi e termino citando una osservazione di Alessandro M. Questi, se possibile, è più ingrifato di me circa il Fascismo e il suo Capo. Leggiamo e trasmetto al Bene Assoluto, a don Matteo: <Quasi nessuno, tra i figli dei lavoratori che non vi risiedessero abitualmente, aveva mai  potuto, in precedenza, passare periodi di vacanze ai monti o al mare, per l’ovvio motivo che a una famiglia di quei tempi, spesso famiglie numerose e monoreddito, una volta soddisfatto l’obiettivo primario della sussistenza, non rimanevano certamente denari per mandare i figli in villeggiatura. La villeggiatura era un privilegio dei benestanti. Non rari, nelle famiglie operaie, erano i casi di rachitismo o di malattie dell’apparato respiratorio, causate da condizioni di vita non certo ideali. Mediante questa istituzione (Alessandro M. si riferisce all’Opera Balilla e Colonie Marine e Montane per i ragazzi, opere concepite e volute nel periodo della truce tirannia) tutti i figli dei lavoratori che ne facessero richiesta e che si trovassero nelle condizioni di idoneità previste dai regolamenti, potevano usufruire di periodi di vacanza gratuiti ed essere assistiti in apposite strutture costruite a centinaia ai monti e al mare.
   Tali strutture sorgono in tutto il territorio nazionale: da Massa a Bardonecchia, dal Sestriere alla riviera romagnola, dal Trentino a Ostia, dalla Sila alle coste della Sicilia. Anche in questo caso l’istituzione voluta dal Fascismo interviene al fine di equilibrare la fruizione di un bene, ridimensionando un privilegio ed estendendolo alle fasce deboli e stabilendo il principio che i bambini dei lavoratori hanno gli stessi diritti alla gioia ed alla salute di quelli dei ricchi.
   E oggi? Fortuna che abbiamo un don Matteo che favorisce l’opposto di quanto fece il Male Assoluto. Altrimenti che Male Assoluto sarebbe?!
   Per chiudere ripropongo una mia precedente domanda: sarebbe stato concepibile un Marchionne al tempo del Male Assoluto? A Voi la risposta!
                                                                                                        


QUIRINO 1

IL MALE ASSOLUTO!!!





MA QUANTI DANNI FECE IL MALE ASSOLUTO?
Articolo che fa seguito alle infinite (perdonatemi l’espressione) stronzate del dottor (bah!) Pasquariello

   Alcuni lettori ricorderanno la mia risposta ad un malato di antifascismo pubblicata in uno dei numeri precedenti de Il Popolo d’Italia, nella quale avevo preannunciato un elenco parzialissimo del male che fece Benito Mussolini al popolo italiano.
   Ripeto ancora una volta che di economia ne capisco poco, ma quel poco mi induce a ritenere che la soluzione dei mali che attualmente ci rendono la vita impossibile, ebbene – e lo ripeto – la soluzione, o almeno una soluzione parziale si trova nel periodo del male assoluto (che sempre sia benedetto). Nonché un’altra soluzione, anch’essa almeno parziale, della disoccupazione si trova anch’essa sempre nel mai sufficientemente deprecato Ventennio (che sempre e ancora sia benedetto), con l’anarchia, cioè bastare a se stessi, promuovendo, esaltando e incoraggiando il lavoro italiano.
   Sia chiaro un principio: quel che faccio e quel che scrivo sull’ argomento non è per  nostalgia (pur avendo vissuto “uno spicchio” di un periodo esaltante e irripetibile), ma per contribuire alla giusta rivalutazione di un grande uomo quale fu Benito Mussolini.
   I lettori più attenti ricorderanno che in un mio precedente articolo mi impegnai a fornire una spiegazione sul motivo che spinse l’intellettuale Cesare Muratti a scrivere, nel 1983,  questa osservazione: <Diciamo finalmente la verità VERA (maiuscolo nel testo, nda): in un certo momento il 98% degli italiani era per Mussolini>. Con l’aiuto di Alessandro Mezzano e del suo meraviglioso saggio proverò a presentare la risposta.
   Quel che segue è un elenco “frammentario ed incompleto, ma significativo, di alcune leggi, riforme ed opere che furono realizzate dal Fascismo e che cambiarono il volto della società italiana, ottenendo al regime e a Benito Mussolini quel consenso popolare, quasi totale, che oggi la cultura e la storiografia ufficiale si affannano a disconoscere” (purtroppo riuscendoci).
    Quelli riportati più avanti sono provvedimenti concepiti e attuati dal Regime fascista. Prima del suo avvento di questi provvedimenti o erano appena abbozzati o, comunque mai trasformati in leggi, oppure addirittura inesistenti non solo in Italia, ma anche in Europa e negli altri continenti. In altre parole, per essere più chiaro, l’Italia fascista in campo sociale, e non solo sociale, fu all’avanguardia nel mondo, pronta a fornire, una volta ancora, al mondo intero, un nuovo RINASCIMENTO, IL RINASCIMENTO DEL LAVORO.
   Già il 24 maggio 1920, in un articolo dal titolo “L’epilogo”, Mussolini su “Il Popolo d’Italia”aveva scritto: <Vogliamo rendere il lavoratore partecipe della gestione dell’azienda, elevare la sua dignità, insegnargli a conoscere i congegni amministrativi dell’industria, evitare di questa le degenerazioni speculazionistiche>. E, salito al potere, non perse tempo per attuare i suoi programmi.
   Scrive Mezzano, in merito alla “Tutela lavoro Donne e Fanciulli”, legge promulgata il 26.4.1923, Regio Decreto n° 653: <E’ una delle prime leggi sociali del Fascismo: nasce solo sei mesi dopo la Marcia su Roma del 22 Ottobre 1922, ed è chiaramente indicatrice di quella che sarà la politica sociale degli anni futuri del regime. Negli anni e nei secoli precedenti né la Chiesa, né la borghesia, né i socialisti ed i sindacati erano riusciti a migliorare ed a rendere umana la condizione delle donne e dei fanciulli, che erano costretti a lavorare nelle fabbriche, nelle miniere o come braccianti nelle campagne>.
   “Assistenza ospedaliera per i poveri, legge promulgata il 30.12.23, Regio Decreto n° 2841.
   <Questa legge trasforma in diritto alle cure gratuite la discrezionalità caritatevole di associazioni benefiche, per lo più religiose, che fino ad allora aveva condizionato la vita o la morte delle persone che non disponevano di mezzi propri per accedere alle cure ospedaliere>.
   Che il lettore provi ad ammalarsi nella “culla della più grande democrazia: negli Usa” e compari l’attuale stato sociale vigente in quel Paese con quello di“quell’Italia” di quasi un secolo fa.
   “Assicurazione Invalidità e Vecchiaia”. Legge promulgata il 30.12.1923, Regio Decreto n° 3184.
   <La legge decreta il diritto alla pensione d’invalidità e vecchiaia tramite un’assicurazione obbligatorie, al cui pagamento concorrono sia i lavoratori che i datori di lavoro. Il lavoro, componente fondamentale del nuovo Stato fascista, è un dovere (altro che “diritto”, come si ciancia oggi, nda) per ogni cittadino, ma che lo riscatta da quella posizione di servitù in cui lo Stato liberale aveva messo il lavoratore, per trarlo in una posizione di libertà e di dignità che lo investe in quanto uomo, e non solo in quanto lavoratore, e per questo gli assicura la certezza del sostentamento alla fine di una carriera di lavoro>.
   “Riforma della Scuola (Gentile)”. R.D.L. n° 1054 del 6.5.1923.  
   <La volontà di modernizzazione, che fin dalle origini pervade il movimento fascista, spinge il nuovo governo a progettare la creazione di una numerosa e preparata classe dirigente, in grado di sostenere un vasto disegno di sviluppo nazionale: obiettivo, questo, non realizzabile senza una scuola moderna, razionale, dinamica, produttiva ed accessibile a tutti>.
   La scuola non doveva fare distinzioni tra le classi sociali, ma garantire il diritto di studio a tutti, anche ai figli appartenenti alle classi meno abbienti. Questa riforma  poneva le basi per una scuola più moderna. A quest’opera di risanamento culturale e morale ha fatto seguito, dalla fine della guerra, un rilassamento disgregativo fino a giungere - e i lettori lo ricorderanno - al demagogico assioma del “sei politico”, senza che i governi del tempo fossero in condizione di arrestare la conseguente “avanzata dei somari”. La riforma di Gentile poneva in evidenza la preoccupazione del legislatore a ravvivare una tradizione pedagogica nazionale con i maestri e i professori perno della vita della scuola: “La riforma vivrà, se i maestri la sapranno far vivere”. E con questo spirito veniva valorizzata,, di fronte allo studente, la personalità dei maestri e dei professori, ad ogni livello, dalle elementari all’università. Oggi il maestro e il professore sono privi di ogni autorità e lo studente si sente autorizzato anche a deriderli e a declassificarli. Questo nel nome di una presunta uguaglianza di intenti. Sicché se durante il fascismo la scuola italiana era considerata la migliore del mondo, oggi…
   “Acquedotto Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano”.
   Valga per tutti quanto detto per l’Acquedotto Pugliese, ricordando che questo è il più grande acquedotto del mondo: <I primi progetti risalgono al 1904, quando l’Ente Autonomo Acquedotti Pugliesi ne affidò l’esecuzione alla società ligure del senatore Mambrini (sic) (…). I lavori avrebbero dovuto essere terminati nel 1920, ma nel 1919 solo 56 Comuni su 260 avevano avuto l’acqua, mentre le opere intraprese erano spesso abbandonate, incomplete e deperivano (…). Nel 1923, sotto il governo Mussolini, l’Ente fu commissariato e passò alla gestione straordinaria; improvvisamente i lavori vennero accelerati, furono superate tutte le difficoltà che sino ad allora li avevano bloccati e furono portati a termine nel 1939>.
   Nessuna meraviglia per gli uomini di “quel regime”: il denaro pubblico era sacro. Oggi, invece, che si favoriscono gli appalti degli appalti, le modifiche delle modifiche di un progetto, le tangenti, le tante, troppe “cattedrali nel deserto”. Vale quanto ripetutamente scritto: qualsiasi confronto fra questo regime e quello precedente risulterebbe insostenibile; questo è il vero motivo per il quale si è coniato il termine “Fascismo: male assoluto” e sono nati i tanti dottor Pasquariello.
   “Riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere, R.D.L. n° 1955 del 10.9.1923
   <Prima del Fascismo quasi tutto era lasciato all’arbitrio del datore di lavoro, che spesso, con il ricatto psicologico della disoccupazione, costringeva i lavoratori a orari massacranti e in ambienti di lavoro malsani e insicuri>.
   E’ facilmente comprensibile come questa serie di leggi sociali, se da un lato proteggevano i lavoratori dallo sfruttamento, dall’altra danneggiavano gli industriali, il grande capitale, gli speculatori: e questi divennero gli oppositori del regime. Tuttavia il cammino intrapreso dal Fascismo non si fermerà sino a quando le potenze plutocratiche mondiali non si coalizzeranno per abbattere un regime che stava diventando, per esse, pericoloso.
   “Opera Balilla e Colonie marine per ragazzi”.
  <Con questo provvedimento>, scrive Mezzano, <il Fascismo attuò una rivoluzione significativa sottraendo alla Chiesa, anche al di fuori della scuola, l’educazione della gioventù che divenne di pertinenza dello Stato>.
   La “Gioventù Italiana del Littorio” fu un’operazione colossale, mirante alla protezione dei ragazzi che vennero sottratti ai tanti pericoli che li minacciavano. L’attività ginnico-fisica, inculcò un’istruzione civile e sportiva. La Chiesa non perdonerà mai al Fascismo questo “strappo” che si trasformerà poi in avversione e sostegno al nemico in occasione della guerra ’40-’45.
   “Opera Nazionale Dopolavoro”
   Quasi in parallelo a ciò che per i giovani  era la GIL, nasce per i lavoratori l’OND. Questo organismo ha il compito di portare cultura e svago tra la classe operaia, che nel passato era stata costretta ad una vita esclusivamente di lavoro, di sacrifici e d’ignoranza>.
   Le strutture dell’Opera raggiunsero, in poco meno di un decennio, un livello unico al mondo. Alcune cifre significative: 1227 teatri, 771 cinema, 40 cine-mobili, 6427 biblioteche, 994 scuole di ballo e canto, uno stabilimento idrotermale, 11.159 sezioni sportive a livello dilettantistico con 1.400.000 iscritti, 2700 filodrammatiche con 32.000 iscritti, 3787 bande musicali e 2130 orchestre con 130 mila musicisti, 10 mila associazioni culturali. Con l’avvento delle “40 ore lavorative settimanali” i lavoratori e le loro famiglie possono viaggiare sui cosiddetti “treni popolari”, il costo del biglietto è ridotto del 70%. A guerra finita le strutture dell’OND confluiranno nella “Case del popolo” di matrice comunista e il PCI farà propri i principi ispiratori dell’OND facendoli passare (furbescamente) come proprie iniziative.
   “ Reale Accademia d’Italia, RDL n° 87 del 7.1.1926.
     <Nel quadro del progetto di risollevazione della Nazione da quello spirito di rassegnata sudditanza e di provincialismo culturali che avevano contraddistinto secoli di storia  prima e dopo l’unità, fu fondata l’”Accademia d’Italia” allo scopo di dare lustro e dignità all’ingegno e all’arte italiane>. L’Accademia venne poi soppressa, con Decreto Luogotenenziale del 28.9.1944, solo perché era una creazione del Fascismo. <Dopo la sconfitta e con l’avvento della Repubblica resistenziale, rifiorirono il servilismo e il provincialismo: l’Italia borghese, clericale e anticomunista volle essere colonia culturale, politica ed economica degli USA, mentre la sinistra comunista avrebbe voluto un’Italia satellite dell’URSS>.
   In merito all’Enciclopedia Treccani il giornalista Franco Monaco ha scritto: <In Inghilterra esisteva da duecento anni una Enciclopedia Britannica, ma in Italia nessuno aveva mai pensato che si potesse farne una italiana. Proprio Gentile la suggerì all’industriale Giovanni Treccani>.
   Treccani si mise immediatamente al lavoro. Sotto la direzione di Gentile lavorarono oltre 500 redattori e collaboratori selezionati nei vari rami della cultura italiana. Per espresso ordine di Mussolini fu adottato lo stesso principio che vigeva per l’Accademia d’Italia: la selezione doveva avvenire in base alla validità professionale e culturale del candidato, accantonando ogni preclusione di indole ideologica. Così all’Enciclopedia collaborarono anche noti “oppositori” e perfino alcuni firmatari del “Manifesto” di Croce. Il lavoro si svolse con velocità, capacità e puntualità miracolose. Il frutto di tutto ciò fu che l’Enciclopedia Italiana sopravanzò, come mole e valore culturale, sia la “Britannica” che la “Francese”. Nel 1937 l’Enciclopedia Italiana presentò il risultato del proprio lavoro: l’Enciclopedia era costituita di ben 35 volumi; i collaboratori erano stati in tutto 3000, <ossia tremila cervelli che Giovanni Gentile aveva amalgamato e ridotto all’osservanza di quei concetti generali di obiettività, precisione, chiarezza e concisione che l’Enciclopedia si era imposti> (Franco Monaco).
   “Bonifiche dell’Agro Pontino, dell’Emilia, della Bassa Padana, di Coltano, della Maremma Toscana, del Sele, della Sardegna ed eliminazione del latifondo siciliano”. RDL 3256 del 20.12.1923.
   <Nel 1923, solo un anno dopo la Rivoluzione fascista, Benito Mussolini amplia i poteri dell’ONC (Opera Nazionale Combattenti) e le affida il compito tecnico amministrativo di realizzare la bonifica dell’Agro Pontino, che non sarà un mero risanamento idraulico dei terreni, ma una vera e propria ricostruzione ambientale, secondo il piano di Arrigo Serpieri, Sottosegretario alla bonifica (…). Oltre alle dimensioni dell’opera di bonifica, che non ha avuto eguali in Italia in tutta la sua storia, è da sottolineare il rivoluzionario concetto che la ispira e che va sotto il nome di “Bonifica integrale”, sottolineato e riportato nell’intestazione delle leggi che vi si riferiscono>.
   Il progetto prevedeva una serie di interventi che andavano dalla sistemazione e dal rimboschimento dei bacini ai lavori di sistemazione degli alvei dei corsi d’acqua, alla trasformazione colturale e alle utilizzazioni industriali, sempre secondo una coordinata e armonica pianificazione del territorio. Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono strade, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali e ogni genere di infrastrutture. Dalle Paludi Pontine sorsero “in tempi fascisti” vere e proprie città: Littoria, inaugurata l’8 dicembre 1932; Sabaudia (indicata da tecnici stranieri come uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale), il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell’Agro Pontino furono costruite ben 3040 case coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline. La “Bonifica integrale” continuò nell’alto Lazio, in Campania, in Sardegna, in Sicilia e così via in tutta Italia, ma non solo in Italia: non si possono dimenticare le grandi opere realizzate in Somalia, in Eritrea, in Libia, in Etiopia. Tutto questo, come si è detto, “in tempi fascisti” e senza alcuna ombra di “democratiche tangenti o mazzette”. La risposta a queste opere colossali proveniente dagli uomini dei “diritti e della libertà” è stata (e non sto scherzando) che le bonifiche integrali furono “un danno ecologico“. Oppure, come ha scritto Piero Palumbo (“L’Economia italiana fra le due guerre”, pag. 84: <Duole (!) ricordarlo: i primi ecologisti indossavano l’orbace>. Un’osservazione che è un pugno nello stomaco al “Verde” Onorevole Pecoraro Scanio.
   “Opera Nazionale Maternità e Infanzia, RD n° 718 del 15.4.1926.
    <Nella nuova società la cura e l’importanza delle donne e dei fanciulli, implicita nella dottrina fascista, assume l’importanza di istituzione mediante la fondazione dell’”Opera Nazionale Maternità e Infanzia”. L’ONMI vuole dare e darà un concreto supporto a quella fondamentale cellula umana e sociale che è la famiglia, intesa non quale generatrice di forza di lavoro e di consumo, come è nella concezione materialistica del capitalismo e del marxismo, ma quale culla e nucleo vitale delle tradizioni, della storia e del futuro della Nazione e dello Stato. Centro vitale della famiglia è, per il Regime fascista, la madre (…)>.
   Con questa legge lo Stato si fece carico dell’assistenza e dell’aiuto alle madri, volgendo particolare attenzione alle cure per le madri-lavoratrici. Questa legge, anticipatrice dei tempi è, quindi, una delle innovazioni più prestigiose del regime fascista. Furono istituite in ogni provincia le “Case della madre e del bambino”, gli asili nido, i dispensari del latte: tutte organizzazioni che giunsero ad accogliere circa 2 milioni di assistiti. Tutto questo era integrato da una assistenza medica e da una propaganda igienica. L’”Ente Opera Assistenza” curava la gestione delle Colonie estive e invernali, istituite per assistere soprattutto i bambini di famiglie meno abbienti. Gestiva, inoltre, speciali scuole e Colonie per la terapia dei colpiti dalla tbc”, i convalescenziari e centri per la cura dell’anemia mediterranea. Oggi tutti possono vedere in che stato si trovano gli ospedali per la cura della talassemia e quelli pediatrici che furono costruiti sul litorale da Rimini a Riccione “Assistenza agli illegittimi, abbandonati o esposti, legge dell’8.5.1927, RDL n° 798.
   Mezzano: <Con questa legge lo Stato si assume la responsabilità di provvedere a quei bambini non desiderati che erano prima senza tutela ed alla mercé della carità privata e quindi considerati persone di seconda categoria>.
  Oggi, in “regime democratico”, molti fanciulli vengono abbandonati ai pedofili e alla droga. Le donne reclamano la libertà sessuale e il “diritto all’aborto”, sanzionato e garantito addirittura dallo Stato. E quando lo Stato non interviene il povero lattante è abbandonato come immondizia, in un cassonetto. D’altra parte, come disse Luciano Violante, “Questo è lo Stato dei diritti e della libertà”.
   “La Carta del Lavoro, Pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” n° 100 del 30.4.1927.
   <Puntualizza il rapporto fondamentale tra Fascismo e mondo del lavoro. Dichiara, istituzionandoli, i principi basilari a tutela dei lavoratori, nonché la preminenza, nello Stato Fascista, dell’interesse prioritario che lega gli obiettivi dello Stato a quelli del lavoro e dei lavoratori>. La “Carta del Lavoro” intendeva portare a confronto, su uno stato di parità, secondo un progetto di collaborazione e solidarietà che superasse la rovinosa filosofia materialistica della lotta di classe, due tradizionali antagonisti sociali: il capitalismo e il lavoro. Sarebbe troppo lungo elencare tutti i vantaggi per i lavoratori previsti in questa legge rivoluzionaria. Ne elenco solo alcuni: obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria; istituzione della Magistratura del Lavoro; diritto alle ferie annuali; istituzione della indennità di fine rapporto; istituzione degli uffici di collocamento statali; assicurazione sugli infortuni sul lavoro; assicurazione per la maternità; assicurazione contro le malattie professionali; assicurazione contro la disoccupazione; Casse mutue per le malattie eccetera.
   L’antifascista Gaetano Salvemini scrisse: <L’Italia è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali vi si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato corporativo fascista (…)>. Oggi, invece, quotati giornali stranieri si affollano per denunciare la mafia politica e la pletora di deputati e senatori che siedono in Parlamento, pur essendo stati condannati dalla giustizia per reati vari. Non c’è che dire, anche oggi, siamo “studiati”.
   “Esenzioni tributarie per le famiglie numerose RDL n° 1312 del 14.1.1928 e
   “Assegni familiariRDL n° 1048 del 17.6.1937.
   Mezzano scrive: <In coerenza con la dichiarata importanza che il Fascismo attribuiva alla famiglia come cellula fondamentale della società, era importantissimo sgravare dalle spese fiscali quelle famiglie che già avevano impegni finanziari onerosi a causa dell’elevato numero dei componenti>.
   Grazie a queste leggi lo Stato riconosceva agli operai che si sposavano entro il venticinquesimo anno un assegno nuziale di 700 lire. Inoltre, se i coniugi guadagnavano meno di 1.000 lire lorde al mese, veniva loro concesso un prestito senza interessi compreso tra le 1.000 e le 3.000 lire. Alla nascita del primo figlio, il prestito si riduceva automaticamente del 10%; così, gradualmente, sino alla nascita del quarto figlio, il prestito veniva condonato. Il capofamiglia con prole numerosa (sette figli) godeva di privilegi particolari: Mussolini inviava, o consegnava personalmente, 5.000 lire, oltre una polizza di assicurazione. Una tessera  gratuita valida per tutti i mezzi pubblici cittadini giungeva al capofamiglia tramite la locale sezione della  Federazione fascista. Altri privilegi per queste famiglie numerose erano: la possibilità di contrarre prestiti a tasso bassissimo, sconti nell’affitto degli appartamenti, assegni familiari ragguardevoli. E ancora: per gli operai con un figlio, lire 3,60 la settimana; lire 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire per quelli con quattro figli e oltre.
   “Legge sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e legge istitutiva dell’INAIL, RD. n° 928 del 13.5.1929 e RD. n°264 del 23.3.1933, “Legge istitutiva dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale)”, RDL n° 1827  del 4.10 1935.
   <Nel quadro della ristrutturazione del mondo del lavoro e nei rapporti tra i lavoratori e lo Stato, queste due leggi risolvono l’annoso problema delle conseguenze negative che situazioni accidentali potevano procurare a chi lavorava in particolari settori>.
   Il Regime fascista nel suo “programma politico e sociale per l’ammodernamento e l’industrializzazione del Paese”, come osservato anche da James Gregor, non poteva eludere una globale politica previdenziale. La competenza dell’INPS andava dall’invalidità e vecchiaia alla disoccupazione, dalla maternità alle malattie. Altre assicurazioni coprivano, praticamente, la totalità dei prestatori d’opera, garantendo così all’Italia un altro primato mondiale. Sulla scia dell’INPS sorsero, sempre negli anni ’30, l’INAM, l’EMPAS, l’INADEL, l’ENPDEP, tutti enti che permetteranno poi, anche se fra scandali, ruberie e arroccamenti di potere politico, all’Italia post-fascista di tutelare i lavoratori.
   “Istituzione del Libretto di Lavoro”.
    <Proseguendo nel perfezionamento delle norme a tutela dei lavoratori, per contrastare fenomeni come il lavoro nero, lo sfruttamento illecito di categorie deboli come donne e fanciulli, gli abusi sull’orario di lavoro e l’evasione dei contributi lavorativi e previdenziali e per far sì che, in generale, fossero rispettate tutte le leggi emanate a difesa del mondo del lavoro, viene istituito il Libretto di Lavoro>.
   Per avere solo una idea del maltrattamento subito dalla verità dopo la caduta del Fascismo, ecco come lo “storico” Max Gallo riporta la notizia in “Vita di Mussolini”, pag. 118: <Si crea un libretto di lavoro obbligatorio per meglio sorvegliare gli operai>. Come si vede il dottor Pasquariello non è solo.
   “Riduzione dell’orario di lavoro a quaranta ore settimanali” RD. n°1768 del 29.5.1937.
   Mezzano: <Non appena le condizioni generali dell’economia e dell’industria italiane lo permettono, il Fascismo continua la marcia intrapresa sin dal 1923 in direzione della riforma globale del mondo del lavoro, investendo parte del vantaggio economico nella ulteriore diminuzione dell’orario di lavoro e sottolineando il principio che il lavoro e il profitto debbono essere strumenti e non fini della società>.
   Questa legge (poi meglio conosciuta come “sabato fascista) era già prevista nel programma fascista del 1919 e si inserisce con naturalezza nell’obiettivo di forgiare lo “Stato del Lavoro” nel quale la figura del lavoratore si trasforma sempre più da salariato in protagonista e compartecipe dell’impresa.
   Legge istitutiva dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza). RDL n° 847 del 19.6.1937.
   Sempre Mezzano: <Viene istituito, in ogni comune del Regno, l’”Ente Comunale di Assistenza”, allo scopo di assistere individui e famiglie in stato di necessità e di controllare e coordinare tutte le altre associazioni esistenti che abbiano analogo fine>.
   E’ superfluo commentare questa legge, tanto è palese la sua finalità. I più bisognosi non vengono più assistiti da opere misericordiose, ma tramite una legge specifica dello Stato.
   Mi fermo qui perché, come ho scritto all’inizio, potevo presentare, per ovvi motivi di spazio, solo un elenco “frammentario ed incompleto” di alcune leggi sociali concepite dal Regime fascista. Tante altre tutte di spiccato valore sociale, uniche o prime nel mondo, arricchiranno la Storia del Fascismo. Una fra queste, <la più rivoluzionaria, la più geniale, la più popolare delle riforme del Fascismo, fortemente voluta da Benito Mussolini fu realizzata nella Repubblica Sociale Italiana>. Mezzano si riferisce alla “Socializzazione delle Aziende”: una riforma che avrebbe portato alla completa “Socializzazione dello Stato”una riforma che fu vanificata solo perché la plutocrazia mondiale volle mettere fine al Regime Fascista che, come disse Mussolini, <aveva spaventato il mondo>. Intendeva, ovviamente, “il mondo dell’usura e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
   Mussolini e i suoi seguaci realizzarono uno Stato sociale, nonostante le difficoltà create lungo il loro cammino, decisamente all’avanguardia coi tempi, e questo senza aver avuto la possibilità di alcun esempio precedente. La validità di “quel sistema” è convalidata dal fatto che “quelle innovazioni”, come ha scritto Vittorio Feltri: <durano fino ad oggi, e sarebbero durate ancor più se l’inefficienza, l’incapacità e la disonestà dei Governi dei giorni nostri non le avessero distrutte>.
   Come concludere? Nella rovina di cui siamo investiti, solo un miracolo ci può salvare, e allora innalziamo una preghiera al Signore invocando per la tomba di Predappio lo stesso prodigio che ridette vita a Lazzaro.

 QUIRINO 1
   

PAPA FRACESCO


PAPA FRANCESCO E  L’INFALLIBILITA’ DEI PAPI

   Da un amico lettore ho ricevuto una mail dalla quale estrapolo alcune notizie:  Il Pontefice (Papa Francesco  ha poi affrontato il delicato tema delle persecuzioni razziali ai danni dei pentecostali, quasi come fossero dei pazzi che rovinavano la razza, c’erano anche dei cattolici e vi chiedo perdono per quei fratelli e sorelle cattolici che non hanno capito e sono stati tentati dal diavolo>. Ha detto Bergoglio riferendosi a una disposizione del regime fascista poi confluita nelle leggi razziali. Prima di andare avanti, osservo: Papa Bergoglio è un Pontefice, quindi gode – o dovrebbe godere di un potere divino – l’infallibilità. Ė così? Invece no!
   Andiamo avanti.
   Premessa essenziale: quanto ho avuto modo di leggere e ascoltare in materia, e continuamente, in questi anni, non mi aiuta a trovare quella fonte di speranza che tuttavia vado cercando.
    Provo a spiegarmi. Ricordo che anni fa l’ex  Papa Benedetto XVI si recò in visita ad Auschwitz e, almeno a me, ha mostrato un aspetto della pietà (quella che dovrebbe essere) la pietà cristiana, perlomeno distorto. Infatti mi parve che l’espressione del volto del Sommo Pontefice lungo il vialone del lager fosse artificioso, non sentito. Inoltre, per incrementare ancor più il pathos del momento, aveva invocato Iddio con queste parole: <Dove eri mentre accadevano questi avvenimenti?>. Anche se non sono un teologo, mi sembra che questa invocazione sia uno po’ blasfema, perché, se ben ricordo, la dottrina della Chiesa insegna che l’operato di Dio è imperscrutabile, cioè vale come dogma. E ancora, perché questa invocazione non venne e viene estesa anche in merito ai moderni lager, come quella di Quantanamo, o alle prigioni degli americani in Iraq o in Afganistan? O perché non ricordare le tante atrocità commesse dai vincitori delle guerre del XX Secolo? Perché mai abbiamo visto un Pontefice inginocchiarsi accanto alle tombe dei mille e mille seminaristi, suore o semplici sacerdoti assassinati, nel corso della guerra civile di Spagna, dai miliziani rossi? Con la massima reverenza, Santo Padre, perché non chiede “dove era Dio?” quando i titini gettavano uomini, donne e bambini, nelle foibe? E i gulag? Non vorrei che queste invocazioni non furono espresse perché “non politicamente corrette”.
   Ecco, fra i tanti, i miei dubbi: le mie pur scarsissime capacità intellettuali mi fanno pensare che Papa Benedetto XVI avesse il dovere di essere vicino ai deboli, ai perdenti: esattamente il contrario di come è avvenuto, e come, ancorate  oggi, avviene.
    Alcuni anni fa scrissi a Famiglia Cristiana, una rivista, come è noto, di ispirazione cristiana, ma dal dopoguerra con una forte tendenza antifascista e benevola verso il marxismo, anche se, come credo persista  a carico dei comunisti, la scomunica lanciata da Pio XII. Nella mia lettera chiedevo lumi su alcune mie perplessità. Eccole sunteggiate: <Se Pio XI disse:”Forse ci voleva anche un uomo come quello (Mussolini) che la Provvidenza ci ha fatto incontrare>. E se Pio XII nel 1952 considerava Mussolini “come il più grande uomo da me conosciuto e senz’altro fra i più profondamente buoni”, come è possibile>  chiedevo <che Mussolini sia quel briccone che voi dipingete nella vostra rivista e non solo in quella? Salterebbe allora “l’infallibilità” dei Papi. Oppure il dogma è sacrosanto e i Papi videro in Mussolini “l’inviato da Dio”; allora, in questo caso, Voi siete vicini  alla bestemmia>.
   Sulla stessa rivisti il teologo Franco Pierini mi rispose con una lunga trattazione relativa alla Dottrina della Chiesa con argomenti che, a mio modestissimo parere, sono un insulto all’intelligenza.
   <Invitiamo il nostro lettore> scrive Pierini <a esaminare con noi quanto dice il “Catechismo della Chiesa Cattolica” circa l’infallibilità del Papa: il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio, è infallibile quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fedeli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede e  la morale. Perché ci sia un insegnamento pontificio infallibile occorre, quindi, che si verifichino alcune condizioni: il Papa deve parlare come supremo pastore e dottore della fede, deve esprimersi di confermare nella fede i credenti, deve farlo con un atto definitivo, deve insegnare dottrine riguardanti la fede e la morale>.
   La risposta non mi ha meravigliato più di tanto, perché anche se nuove chiavi di lettura ci vengono fornite da ogni dove – e non da ultimo, proprio a seguito dell’apertura degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la second guerre mondiale e, quindi proprio dal Vaticano, Actes, che confermano l’asserto circa quanto disse Pio XII  - purtroppo la necessità di consolidare le baronie acquisite nei diversi spazi della vita pubblica fa sì che anche un giornale cattolico come quello citato, non se ne può sottrarre, al punto da indurci a credere che anche lo Spirito Santo sia un convinto antifascista. Infatti Pierini continua: <Ora è evidente che tutte queste considerazioni non si realizzano minimamente nei due casi citati, perché risultano del tutto infondate sia le interpretazioni sia le conclusioni del lettore>.  Cioè Amen? Invece no! Secondo Pierini. <L’Uomo della Provvidenza avrebbe potuto (attenzione all’”avrebbe potuto”) essere Cavour nel 1861, o Crispi nel 1887, o Giolitti nel 1913, o Orlando nel 1919 (…)>. “Avrebbero potuto”, ma non lo furono, perché la Divina Providenza affidò questo incarico (malauguratamente) a Benito Mussolini. Avrebbe potuto essere scelto Palmiro Togliatti nel 1924, o Stalin quando era chierichetto, ma non lo furono né l’uno né l’altro. <Pio XI , quindi> conclude Pierini <parlando quel 13 febbraio 1929, fece una semplice constatazione storica: niente di più, niente di meno>.In altre parole, caro lettore credente, quando un Papa emette un giudizio, sarebbe opportuno informarsi e domandare: <Santo Padre, in questo momento Lei è illuminato dallo Spirito Santo…oppure no?>.
   Alcuni decenni fa, il Segretario di colui che poi sarà il Pontefice Giovanni XXIII, l’Arcivescovo Loris Capovilla, ha presentato una lettera inedita, datata 24 marzo 1924 a firma del futuro Papa Buono, che all’epoca fungeva da Presidente dell’Opera di Propaganda Fide. Nell’approssimarsi delle elezioni, che poi avrebbero confermato in modo clamoroso, l’affermarsi del PNF, avrebbe risposto, a chi chiedeva un consiglio sul voto, così Giuseppe Roncalli: <Mussolini è certo una gran testa. Forse pensa di essere padrone assoluto dell’Italia e che tutto debba essere ai suoi piedi. Egli s’inganna, come sbaglia grosso quando ripete che “si è con lui o contro di lui”. Si può essere con lui in alcune cose; si deve essere contrari in alcune altre. E, d’altra parte il riconoscimento di alcune cose buone compiute non deve significare l’approvazione del suo programma generale di governo; per parte mia, io riconosco tutto ciò che Mussolini personalmente ha fatto per la pubblica cosa in Italia>.
   Con il passare degli anni la fiducia di Giuseppe Roncalli – e dei suoi fratelli – nel Duce aumentò, tanto che, pur essendo amico di Sturzo, consigliava che dopo le elezioni <dovessero cooperare con Mussolini tutti i partiti, in ciò che è conforme al vero bene d’Italia>.
   Dalle lettere recuperate, in una in particolare, datata 1936, il futuro Papa, allora Nunzio apostolico ad Atene e ad Ankara, con queste parole si rivolgeva alla famiglia: <Buone notizie circa i risultati della guerra d’Africa. Guai all’Italia se  l’impresa non fosse andata bene! Vedete come anche ora l’invidia delle grandi Nazioni, già piene come un uovo, cerca ogni mezzo per diminuire il significato della vittoria (….). Certo il vedere come nell’impresa africana al Duce tutto sia riuscito, un punto dopo l’altro, una battaglia dopo l’altra,senza uno scarto o una interruzione, induce quasi a credere che una forza arcana l’abbia guidato. Forse è il premio di aver fatto la pace con la Chiesa: forse è un invito della Provvidenza (ahi, ahi, ahi, nda) a vivere sempre meglio. In Italia si dice che c’è poca libertà. Ma che cosa avviene nei Paesi dove trionfa la grande libertà, il socialismo, il comunismo, come in Spagna, in Russia, in Messico, ora anche in Francia?>.
   Sarebbe interessante ascoltare il parere, anche su questa lettera, del teologo Franco Pierini.
   E qual’era il pensiero di Giuseppe Roncalli (oggi Beato) sull’entrata in guerra dell’Italia nel 1940? Egli scrisse al fratello Giovanni, in data 28 marzo 1941: <La guerra attuale è la guerra del ricco contro il povero, del ben pasciuto contro chi stenta a vivere, del capitalista contro il lavoratore, e viceversa: ognuno attacca o si difende come può>.
   Poi avvenne l’assassinio del Duce, e con queste parole Giuseppe Roncalli condannò gli autori, il 30 aprile 1945: <Giornata triste nel pensiero della fine esecranda riservata dai partigiani – cosiddetti “patrioti” – a Mussolini e a Clara Petacci. Vangelo sanguinoso e implacabile>.
   Poi, malaugatamente, sopraggiunse il periodo del politicamente corretto. Ecco sino a che punto il male può prendere il sopravvento sul bene. Lasciamo parlare Donna Rachele (La restituzione dei resti di Mussolini, pagg. 99, 100): <Nel 1958, pochi giorni prima dell’elezione di Giovanni XXIII, ero stata invitata a Madrid dal generalissimo Franco, che mi aveva accolta con grandi onori come se fossi una regina. Mi fece visitare, in quella occasione, la villa che avrebbe dovuto occupare Benito, se Benito avesse accettato di rifugiarsi in Spagna nell’aprile del ’45 (…). Fu durante quel viaggio che ebbi in dono (da Franco), fra gli altri regali, un bellissimo velo di pizzo nero, di quelli che le spagnole usano mettere in testa in ogni solennità. Avevo deciso di indossarlo il giorno in cui Giovanni XXIII mi avrebbe ricevuta. Aspettai tanto quell’udienza. Ma un giorno, lo ricorderò sempre, venne a trovarmi il Monsignor Bandelli. Aveva un pacchetto sotto il braccio: il cappello di Maresciallo dell’Impero di Benito Mussolini: Monsignor Bandelli aveva l’aria avvilita e siccome gliene chiedevo il motivo, mi rispose con imbarazzo:” Donna Rachele, ho una brutta notizia da darle: non potrà essere ricevuta dal Papa”. “Non è possibile” dissi “Non posso crederci. Perché? Per quali motivi?”. “Per ragioni politiche” mi spiegò. “Lei sa, del resto, Donna Rachele, com’è la politica. Lei la conosce meglio di me”>.
   Ė impossibile descrivere la disperazione della vedova del Duce, d’altronde ben descritta nel libro. Sarebbe il caso di chiedere al teologo Pierini se fu un’ispirazione dello Spirito Santo a spingere il Papa Buono ad allinearsi al politicamente corretto e negare così quell’udienza tanto desiderata ad una donna addolorata?
   In uno dei prossimi articoli, come indicato poco sopra, tratteremo l’argomento: le leggi razziali fasciste. Avremo modo di incontrare il Rabbino Pacifici. Sarà un incontro molto interessante.

QUIRINO 1