lunedì 22 giugno 2015

QUELLO CHE GLI STORICI NON DICONO......



Quello che gli storici non dicono

DELL’OLOCAUSTO

La collaborazione tra nazisti ed organizzazioni ebraiche
e l'ipocrisia dell'occidente democratico

Nella drammatica vicenda della persecuzione hitleriana vi sono due aspetti poco noti e per nulla dibattuti, mi riferisco all'attiva collaborazione tra regime nazista e organizzazioni sioniste per agevolare il trasferimento degli ebrei tedeschi in Palestina e l’atteggiamento ipocrita dell'Occidente, che se da un lato esprimeva solidarietà  agli ebrei vessati dai nazisti dall’altro si rifiutava di ospitarli.
Altra questione poco dibattuta riguarda le linee ferroviarie da cui transitavano i convogli carichi di ebrei. Gli alleati sapevano fin dagli inizi del 1942 dell’esistenza dei campi di concentramento eppure, nonostante i massicci bombardamenti alleati che ridussero in macerie la Germania, le linee ferroviarie utilizzate dai tedeschi per trasferire gli ebrei nei campi di lavoro non furono mai attaccate, se non come effetto collaterale come avvenne il 24 agosto del 1944 con il bombardamento della fabbrica di armamenti di Mittelbau-Dora che coinvolse il vicino campo di Buchenwald dove morì, per effetto delle bombe alleate, Mafalda di Savoia.
Come mai, mi domando, questi fatti sono sottaciuti se non del tutto ignorati anche dagli storici più autorevoli? Forse per non mettere in imbarazzo i cosiddetti “paladini della libertà”?
Nel “Giorno della Memoria” esprimiamo la nostra piena solidarietà  al popolo ebraico per la persecuzione subita e la ferma condanna ad ogni forma di discriminazione razziale. Questo però non deve indurci a sorvolare sulle pesanti responsabilità, condite di cinismo e ipocrisia, delle democrazie occidentali che vedevano, sapevano e volgevano lo sguardo altrove rendendosi, perlomeno sotto il profilo politico e morale, complici dei carnefici.

QUIRINO 1

CERCO ANCORA CASA.......


ANCORA  CERCO  CASA

Anni fa scrissi per un periodico un articolo dal titolo “Chiederò venia a Euclide”. Con questo mio richiamo al grande matematico greco, enunciatore di tanti trattati di geometria, intendevo impostare un ragionamento così logico che  chiunque lo avesse letto non avrebbe che potuto condividere le mie idee.
   Il mio messaggio non fu recepito, evidentemente perché Euclide è così grande da riuscire a quadrare il cerchio ed io, tutt’al più, posso continuare a usare il compasso. Di conseguenza – e a ragione – il matematico greco mi ha bocciato.
   Ora, dopo aver lasciato passare molto tempo, proverò a presentarmi di nuovo agli esami con la speranza che la mia preparazione sia migliorata e che il mio pensiero, che mira ad essere geometrico, e anche se non tridimensionale, per lo meno sia a due dimensioni.
   La gente si allontana sempre più dalla politica, è scritto sui giornali o così è ripetutamente lamentato sia in TV che alla radio.
   Perché il cittadino soffre di questa repulsione?
   Perché tutti partiti sono uguali. Tutti ladri. Uno vale l’altro, non cambierà mai nulla. Si sente dire non da molti, ma da tutti, e chi può dare loro torto? Ogni dibattito politico è una farsa.
   Sì, sono un fascista…Alt! Completo e mi correggo: Sono fascista in quanto mussoliniano. Mussolini ci ha lasciato una serie di messaggi e programmi, moltissimi dei quali risultarono di innegabile successo. Uno di questi è un chiaro incitamento a riprendere il cammino da lì dove la forza dei nemici plutomarxisti lo costrinse ad abbandonarlo. Egli ammonì, con un pensiero ben conosciuto, ma  che è bene ricordare: <Il mondo, me scomparso, avrà bisogno ancora dell’idea che è stata e sarà la più audace, la più originale e la più mediterranea ed europea delle idee>. Certamente con ciò Mussolini non si riferiva all’idea di garantire il salario d’accesso ai giovani, oppure al controllo del flusso migratorio o a idee del genere che, anche se importanti, non sono tali da giustificare che per quell’idea più audace, più originale, centinaia di migliaia di italiani dettero la vita. No!
   L’idea alla quale si riferiva Mussolini era certamente più grandiosa. E ce l’ha indicata ripetutamente. Dapprima mettendoci in guardia sulla fallacia di uno Stato basato sui partiti (in pratica quello attuale e quello preesistente al 1922) che egli così bollò: <La corruzione non è NEL sistema, ma è DEL sistema>. C’è qualche lettore che può contestare questo asserto? Poi Mussolini ci indicò la strada: <O lo Stato fascista è uno Stato Corporativo, o non è uno Stato fascista>.
   Ecco la grande rivoluzione che ci è stata indicata della quale noi dovremmo essere gli eredi. Quale rivoluzione può essere più grandiosa di quella che si prefigge di cambiare un Sistema, di uno Stato in un altro Sistema in un altro Stato?
  Le credenziali della validità dello Stato Corporativo? Ecco quanto ha scritto Rutilio Sermonti: <Quando una fazione rivoluzionaria assume il controllo di una Nazione – come fu il Fascismo nel 1925, e il Bolscevismo nel 1918 – ha davanti a se due strade: l’una (quella imboccata da Lenin) consiste nel cancellare tutte le preesistenti strutture della società, sostituendovi di punto in bianco quelle concepite (senza alcun collaudo di esperienza) della propria ideologia; l’altra (quella imboccata da Mussolini) é quella – pur avendo ben chiara la meta – di applicare riforme incalzanti ma graduali, tali da non inceppare i meccanismi produttivi che tra l’altro, assicurano al popolo il pane quotidiano e alla Nazione l’indipendenza. Quale sia stata la strada migliore ce lo insegna la storia; il primo metodo regalò alla Russia quattordici lustri di fame e di crisi produttiva (…).Il secondo, senza ammazzare nessuno, permise all’Italia di aumentare costantemente la produzione, di nutrire quotidianamente 45 milioni di italiani, di superare brillantemente la grande crisi del 1929-1931, di risanare le finanze, e di difendere vittoriosamente la propria moneta (…).>.
   Nessuno, lo auguro, potrà contestare quanto asserito da Sermoni; anche se lo Stato Corporativo concepito dal fascismo era appena agli albori e doveva svilupparsi secondo quei dettami che lo studioso ha ben indicato: <applicare riforme incalzanti, ma gradualmente>.
   L’idea Corporativa si stava estendendo nel modo a tal punto che non è errato affermare che ci sia stata un’epoca fascista. Nel Portogallo di Salazar la dicitura Estrado Novo voleva ribadire la radicale rottura con il passato e affermare la nuova idea Corporativa. <Così giungiamo al 1933, all’anno XI del Fascismo: la figura di Mussolini grandeggia nel mondo, le idee fasciste varcano i confini invadendo l’Europa (…)> (G. Valentini, Il Corporativismo in Portogallo). Così questo Paese, sotto la guida di Antonio de Oliveira Salazar, dopo decenni di colpi di Stato, di carestie, e di situazioni finanziarie catastrofiche, <realizzò una notevole opera di risanamento finanziario (il bilancio portoghese fu pareggiato per la prima volta dopo il 1854>. Esattamente nella stessa situazione – se non più grave – si trovava la confinante Spagna. Dopo secoli di fame e miserie, dopo la guerra civile del 1936-39 <Il governo spagnolo ha mantenuto l’organizzazione sociale corporativa(comitati misti)instaurato da Primo de Rivera a somiglianza di quella italiana> (E.G. Caballero, Ripercussioni del Fascismo in Spagna). Come non ricordare el milagro argentino realizzato da Peron?
   Visto che siamo in argomento, chiedo agli storici di Rai Bufala: perché nelle vostre acute dissertazioni non parlate mai del perché il Presidente F.D. Roosevelt, nel 1934, quando un americano su quattro era disoccupato, inviò in Italia Tugwell e Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust con l’incarico di studiare il miracolo italiano. Al termine della visita, sul suo Diario, Rexford Tugwell, fra l’altro,  annotò: <(…) il campione di macchina sociale (italiana) è la più efficiente che abbia mai visto>. Esattamente come oggi, vero bufalari di tutte le angolazioni? È superfluo ricordare che solo al ritorno dei due Cervelloni in America, F.D. Roosevelt firmò il First New Deal, e il Second New Deal venne firmato nel 1934-36.
   Certamente i governi a  ispirazione fascista e i partiti a orientamento corporativo, che videro la luce in decine di Paesi, avevano programmi diversi, perché diverse erano la storia e le situazioni  sociali-economiche rispetto a quelle italiana, ma i principi di base erano quelli del fascismo di Mussolini.
   E oggi? Dove sono finite quelle idee? <Le hanno dimenticate quegli stessi (cioè “Noi”, nda) che si sono considerai gli epigoni dell’idea del Fascismo e della Repubblica Sociale>. Questo è il duro rimprovero di Manlio Sargenti, che lanciò con amarezza, poco prima della sua morte.
   Spero questa volta di aver dato geometricità al mio pensiero e di trovare, non solo l’approvazione di Euclide, ma anche, prima o poi, quella casa nella quale mi riconosco, il cui edificio, che sia chiaro, deve poggiare su solide strutture portanti corporative. 


            QUIRINO 1