mercoledì 12 febbraio 2020


LIBERATORI SENZA GLORIA

HANNO VINTO LA GUERRA

Ma per come l’hanno condotta, hanno perso per sempre la dignità,
La storia, prima o poi, gliene renderà conto
Nel corso dei conflitti l'uomo tende a perdere la sua dimensione umana per accostarsi a quella animale. Atti eroici e nefandezze si confondono nel vortice degli eventi.
Dei crimini compiuti dagli sconfitti durante la seconda guerra mondiale sappiamo tutto o quasi, ne sono pieni i libri di storia e ci vengono rammentati ad ogni piè sospinto, ma cosa sappiamo delle nefandezze dei vincitori? Delle angherie degli alleati nei confronti dei prigionieri di guerra e delle popolazioni civili sottomesse? E del lato oscuro della resistenza, quello fatto di processi sommari, fosse comune e violenze sulle donne… cosa ci è dato sapere? Praticamente nulla.
Dal libro della storia mancano tante, tantissime pagine. E' arrivato il momento di scriverle e di sollevare quel velo di omertà e ipocrisia che da oltre settant'anni coprono le malefatte dei vincitori. Non per spirito di rivalsa, ma per amore di verità. Perché la storia o la si racconta tutta e per intero, o e meglio tacere.

TERRORISTI 

Germania, febbraio 1945
Dresda non era mai stata toccata seriamente dalla guerra, sia per la sua posizione geografica sia perché non aveva né industrie né impianti militari rilevanti (era addirittura priva di difesa antiaerea) ed era così forte la convinzione che fosse esente da pericoli che le autorità tedesche vi avevano fatto affluire le centinaia di migliaia di profughi (soprattutto vecchi, donne e bambini) in fuga dalle regioni orientali sotto l’incalzare dell’Armata Rossa, e gran parte dei feriti provenienti dal fronte. Si pensava che considerazioni umanitarie e il rispetto per una Città d'arte amata in tutto il mondo avrebbero indotto gli angloamericani a risparmiarla. Invece la distruzione arrivò su questa Città nel febbraio del '45, quando le sorti della guerra erano ormai segnate. Fu una carneficina.
Alle 22,15 del 13 febbraio oltre 500 bombardieri inglesi Lancaster scaricarono sulla città indifesa le terribili bombe dirompenti Block Buster. Poi si allontanarono in direzione di Strasburgo.
I soccorritori iniziarono ad affluire dalle città vicine, mentre gli scampati escono lentamente dai rifugi. Era quello che gli inglesi attendevano: far uscire la gente, far arrivare i soccorritori e tornare a colpire.
Ore 1,28 del 14 febbraio arriva, indisturbata come la prima, la seconda ondata. Questa volta però i bombardieri pesanti della Raf portano nelle stive 650.000 bombe incendiarie caricate a benzina e a fosforo in grado di sviluppare un calore che fonde il ferro (la versione aggiornata, le famigerate bombe al napalm, sarà poi sperimentata dagli americani in Vietnam). L’effetto fu devastante.
Dresda si trasformò in un immenso rogo esteso un centinaio di chilometri quadrati e visibile ad oltre 300 Km di distanza. 
All’interno si sviluppa una temperatura che arriva fino a 1.000 gradi che porta alla formazione di una corrente d’aria ascensionale d’inaudita potenza e calore. Dalle case già sventrate dalle bombe dirompenti è aspirata ogni cosa e scaraventata all’interno della fornace.

Chi non muore divorato dalle fiamme soccombe nei rifugi, asfissiato per mancanza d’ossigeno o intossicato dal monossido di carbonio.
All’alba del 14 febbraio, quando per i sopravvissuti delle zone periferiche della città sembrava che il peggio fosse passato, ecco giungere la terza ondata.
Gli americani, che non potevano essere da meno degli inglesi, con le loro fortezze volantiscaricarono su ciò che restava della città e dei suoi abitanti il loro carico di morte e distruzione, mentre i caccia Mustang, a volo radente, mitragliavano le colonne di profughi che cercavano di fuggire dall’inferno di Dresda.
In totale su Dresda furono sganciate 2.700 tonnellate di bombe, un quantitativo enorme, ma la prevalenza di bombe incendiarie, che rappresentarono circa il 70% degli ordigni lanciati, causò la più spaventosa tragedia della guerra: i morti accertati furono 135.000.
Questo fu Dresda: un orribile massacro di civili che non trovò alcuna giustificazione dal punto di vista militare. Fu il macabro record di disumanità, eguagliato solo dai bombardamenti atomici sul Giappone che causarono oltre 150.000 morti.
Gli angloamericani ancora oggi con sorprendente cinismo giustificano quello spaventoso massacro affermando che:
«Fu un inevitabile prezzo da pagare per la liberazione dell’Europa e del mondo dalla barbarie nazista...»
In realtà, ciò che animò l’ordine impartito da Churchill, e pienamente condiviso dall’alleato americano, fu il desiderio di infliggere una punizione esemplare non al regime hitleriano, ma al popolo tedesco e, nel contempo, lanciare un monito all’alleato sovietico: quello che oggi è toccato a Dresda domani potrebbe toccare a Mosca. Lo stesso intento delle due bombe atomiche americane sul Giappone prossimo alla resa.
Al processo di Norimberga, dove nell’ottobre del ’46 furono giudicati i gerarchi nazisti colpevoli di crimini contro l’Umanità, sul banco degli imputati per gli stessi reati non avrebbero sfigurato gli autori e, soprattutto, il mandante del bombardamento di Dresda: Winston Churchill.

lunedì 22 giugno 2015

QUELLO CHE GLI STORICI NON DICONO......



Quello che gli storici non dicono

DELL’OLOCAUSTO

La collaborazione tra nazisti ed organizzazioni ebraiche
e l'ipocrisia dell'occidente democratico

Nella drammatica vicenda della persecuzione hitleriana vi sono due aspetti poco noti e per nulla dibattuti, mi riferisco all'attiva collaborazione tra regime nazista e organizzazioni sioniste per agevolare il trasferimento degli ebrei tedeschi in Palestina e l’atteggiamento ipocrita dell'Occidente, che se da un lato esprimeva solidarietà  agli ebrei vessati dai nazisti dall’altro si rifiutava di ospitarli.
Altra questione poco dibattuta riguarda le linee ferroviarie da cui transitavano i convogli carichi di ebrei. Gli alleati sapevano fin dagli inizi del 1942 dell’esistenza dei campi di concentramento eppure, nonostante i massicci bombardamenti alleati che ridussero in macerie la Germania, le linee ferroviarie utilizzate dai tedeschi per trasferire gli ebrei nei campi di lavoro non furono mai attaccate, se non come effetto collaterale come avvenne il 24 agosto del 1944 con il bombardamento della fabbrica di armamenti di Mittelbau-Dora che coinvolse il vicino campo di Buchenwald dove morì, per effetto delle bombe alleate, Mafalda di Savoia.
Come mai, mi domando, questi fatti sono sottaciuti se non del tutto ignorati anche dagli storici più autorevoli? Forse per non mettere in imbarazzo i cosiddetti “paladini della libertà”?
Nel “Giorno della Memoria” esprimiamo la nostra piena solidarietà  al popolo ebraico per la persecuzione subita e la ferma condanna ad ogni forma di discriminazione razziale. Questo però non deve indurci a sorvolare sulle pesanti responsabilità, condite di cinismo e ipocrisia, delle democrazie occidentali che vedevano, sapevano e volgevano lo sguardo altrove rendendosi, perlomeno sotto il profilo politico e morale, complici dei carnefici.

QUIRINO 1

CERCO ANCORA CASA.......


ANCORA  CERCO  CASA

Anni fa scrissi per un periodico un articolo dal titolo “Chiederò venia a Euclide”. Con questo mio richiamo al grande matematico greco, enunciatore di tanti trattati di geometria, intendevo impostare un ragionamento così logico che  chiunque lo avesse letto non avrebbe che potuto condividere le mie idee.
   Il mio messaggio non fu recepito, evidentemente perché Euclide è così grande da riuscire a quadrare il cerchio ed io, tutt’al più, posso continuare a usare il compasso. Di conseguenza – e a ragione – il matematico greco mi ha bocciato.
   Ora, dopo aver lasciato passare molto tempo, proverò a presentarmi di nuovo agli esami con la speranza che la mia preparazione sia migliorata e che il mio pensiero, che mira ad essere geometrico, e anche se non tridimensionale, per lo meno sia a due dimensioni.
   La gente si allontana sempre più dalla politica, è scritto sui giornali o così è ripetutamente lamentato sia in TV che alla radio.
   Perché il cittadino soffre di questa repulsione?
   Perché tutti partiti sono uguali. Tutti ladri. Uno vale l’altro, non cambierà mai nulla. Si sente dire non da molti, ma da tutti, e chi può dare loro torto? Ogni dibattito politico è una farsa.
   Sì, sono un fascista…Alt! Completo e mi correggo: Sono fascista in quanto mussoliniano. Mussolini ci ha lasciato una serie di messaggi e programmi, moltissimi dei quali risultarono di innegabile successo. Uno di questi è un chiaro incitamento a riprendere il cammino da lì dove la forza dei nemici plutomarxisti lo costrinse ad abbandonarlo. Egli ammonì, con un pensiero ben conosciuto, ma  che è bene ricordare: <Il mondo, me scomparso, avrà bisogno ancora dell’idea che è stata e sarà la più audace, la più originale e la più mediterranea ed europea delle idee>. Certamente con ciò Mussolini non si riferiva all’idea di garantire il salario d’accesso ai giovani, oppure al controllo del flusso migratorio o a idee del genere che, anche se importanti, non sono tali da giustificare che per quell’idea più audace, più originale, centinaia di migliaia di italiani dettero la vita. No!
   L’idea alla quale si riferiva Mussolini era certamente più grandiosa. E ce l’ha indicata ripetutamente. Dapprima mettendoci in guardia sulla fallacia di uno Stato basato sui partiti (in pratica quello attuale e quello preesistente al 1922) che egli così bollò: <La corruzione non è NEL sistema, ma è DEL sistema>. C’è qualche lettore che può contestare questo asserto? Poi Mussolini ci indicò la strada: <O lo Stato fascista è uno Stato Corporativo, o non è uno Stato fascista>.
   Ecco la grande rivoluzione che ci è stata indicata della quale noi dovremmo essere gli eredi. Quale rivoluzione può essere più grandiosa di quella che si prefigge di cambiare un Sistema, di uno Stato in un altro Sistema in un altro Stato?
  Le credenziali della validità dello Stato Corporativo? Ecco quanto ha scritto Rutilio Sermonti: <Quando una fazione rivoluzionaria assume il controllo di una Nazione – come fu il Fascismo nel 1925, e il Bolscevismo nel 1918 – ha davanti a se due strade: l’una (quella imboccata da Lenin) consiste nel cancellare tutte le preesistenti strutture della società, sostituendovi di punto in bianco quelle concepite (senza alcun collaudo di esperienza) della propria ideologia; l’altra (quella imboccata da Mussolini) é quella – pur avendo ben chiara la meta – di applicare riforme incalzanti ma graduali, tali da non inceppare i meccanismi produttivi che tra l’altro, assicurano al popolo il pane quotidiano e alla Nazione l’indipendenza. Quale sia stata la strada migliore ce lo insegna la storia; il primo metodo regalò alla Russia quattordici lustri di fame e di crisi produttiva (…).Il secondo, senza ammazzare nessuno, permise all’Italia di aumentare costantemente la produzione, di nutrire quotidianamente 45 milioni di italiani, di superare brillantemente la grande crisi del 1929-1931, di risanare le finanze, e di difendere vittoriosamente la propria moneta (…).>.
   Nessuno, lo auguro, potrà contestare quanto asserito da Sermoni; anche se lo Stato Corporativo concepito dal fascismo era appena agli albori e doveva svilupparsi secondo quei dettami che lo studioso ha ben indicato: <applicare riforme incalzanti, ma gradualmente>.
   L’idea Corporativa si stava estendendo nel modo a tal punto che non è errato affermare che ci sia stata un’epoca fascista. Nel Portogallo di Salazar la dicitura Estrado Novo voleva ribadire la radicale rottura con il passato e affermare la nuova idea Corporativa. <Così giungiamo al 1933, all’anno XI del Fascismo: la figura di Mussolini grandeggia nel mondo, le idee fasciste varcano i confini invadendo l’Europa (…)> (G. Valentini, Il Corporativismo in Portogallo). Così questo Paese, sotto la guida di Antonio de Oliveira Salazar, dopo decenni di colpi di Stato, di carestie, e di situazioni finanziarie catastrofiche, <realizzò una notevole opera di risanamento finanziario (il bilancio portoghese fu pareggiato per la prima volta dopo il 1854>. Esattamente nella stessa situazione – se non più grave – si trovava la confinante Spagna. Dopo secoli di fame e miserie, dopo la guerra civile del 1936-39 <Il governo spagnolo ha mantenuto l’organizzazione sociale corporativa(comitati misti)instaurato da Primo de Rivera a somiglianza di quella italiana> (E.G. Caballero, Ripercussioni del Fascismo in Spagna). Come non ricordare el milagro argentino realizzato da Peron?
   Visto che siamo in argomento, chiedo agli storici di Rai Bufala: perché nelle vostre acute dissertazioni non parlate mai del perché il Presidente F.D. Roosevelt, nel 1934, quando un americano su quattro era disoccupato, inviò in Italia Tugwell e Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust con l’incarico di studiare il miracolo italiano. Al termine della visita, sul suo Diario, Rexford Tugwell, fra l’altro,  annotò: <(…) il campione di macchina sociale (italiana) è la più efficiente che abbia mai visto>. Esattamente come oggi, vero bufalari di tutte le angolazioni? È superfluo ricordare che solo al ritorno dei due Cervelloni in America, F.D. Roosevelt firmò il First New Deal, e il Second New Deal venne firmato nel 1934-36.
   Certamente i governi a  ispirazione fascista e i partiti a orientamento corporativo, che videro la luce in decine di Paesi, avevano programmi diversi, perché diverse erano la storia e le situazioni  sociali-economiche rispetto a quelle italiana, ma i principi di base erano quelli del fascismo di Mussolini.
   E oggi? Dove sono finite quelle idee? <Le hanno dimenticate quegli stessi (cioè “Noi”, nda) che si sono considerai gli epigoni dell’idea del Fascismo e della Repubblica Sociale>. Questo è il duro rimprovero di Manlio Sargenti, che lanciò con amarezza, poco prima della sua morte.
   Spero questa volta di aver dato geometricità al mio pensiero e di trovare, non solo l’approvazione di Euclide, ma anche, prima o poi, quella casa nella quale mi riconosco, il cui edificio, che sia chiaro, deve poggiare su solide strutture portanti corporative. 


            QUIRINO 1

martedì 20 gennaio 2015

SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO?


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO?
E allora diamo uno sguardino a quando si stava peggio.
Nessuno può negare che oggi siamo governati da una cricca di ladri, corrotti, corruttori, incompetenti, assassini, pedofili, mafiosi, camorristi, stupratori, bestemmiatori, maramaldi, “finocchi”, burattini, traditori, palazzinari, voltagabbana, vigliacchi, “vitaliziari” ecc. ecc..
   Vediamo quale è stata la risposta italiana alla grande crisi economica mondiale del 1929, crisi che, a detta di valenti economisti fu più grave di quella nella quale siamo stati affogati.
    Scrive Giorgio De Angelis (L’Economia Italiana tra le Due Guerre, pag. 137): <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario on colse affatto di sorpresa la compagine governativa (…). L’opera di risanamento monetario accompagnata da un primo riordino  del sistema bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità  generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (…)>. Sempre nello stesso volume il professore Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: <Nel 1929, al momento della  crisi mondiale, l’Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte risanata: erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al consolidamento del debito fluttuante (…)>. Il altre parole, mentre nel mondo centinaia di persone si uccidevano per la disperazione, in Italia, anche se la crisi internazionale sta producendo diversi danni, le iniziative del Governo (attenzione! Sia chiaro, per Governo s intende quello di Mussolini) erano riuscite ad evitare che la catastrofe assumesse quelle drammatiche proporzioni che altrove si erano verificate. Addirittura grazie ai Ministri finanziari del Governo Mussolini e, ultimo in ordine di tempo fra questi, Antonio Mosconi, riuscirono a far sì che negli anni fra il 1925 e il 1930, i conti nazionali registrassero attivi da primato.
   Sabino Cassese, a pag. 20 dello stesso volume sopra indicato, osserva: <Lo Stato affrontò la crisi congiunturale spaziando dalla politica monetaria alla politica creditizia, dalla politica finanziaria alla politica valutaria, dalla politica agraria alla politica industriale, dalla politica dei prezzi alla politica dei redditi, dalla politica fiscale alla politica del commercio estero, dalla politica previdenziale alla politica assistenziale>. Questo si poté realizzare grazie alla generale onestà e a coloro che operarono e poterono vantare di avere i cabasisi  al posto giusto.
   Ed ora una testimonianza al di sopra di ogni sospetto. Che l,’Italia fosse (allora) sulla via giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori giornalisti e scrittori dello scorso secolo: Giuseppe Prezzolini . Prezzolini nacque per caso - così era solito dire -  a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì centenario a Lugano nel 1982). Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì, non accettando il regime fascista, negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. A seguito  di uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse:<Le mie impressioni possono forse parere semplici per i lettori italiani, ma hanno, lo sfondo dei paesi per i quali passo quando torno: un confronto e un controllo. Pace in questa Italia: ecco il primo sentimento certo che si prova venendo da fuori e dura per tutto il soggiorno. La pace degli animi, il silenzio delle lotte che divorano gli altri paesi, e separano classi e spezzano famiglie e rompono amicizie, e disturbano il benessere, talora in apparenza maggiore. Le strade non saranno grandi come le Avenue, ma non ci sono mitragliatrici; le lire non saranno molte come i dollari, ma sono sempre lire e lo saranno domani. I ricchi non hanno bisogno i guardie del corpo per salvare i figlioli dal sequestro. I poveri non devono pagare la taglia mensile alla mala vita per esercitare il loro mestiere. C’è oggi una generale convinzione che in un mondo come quello d’ora l’esercito è uno strumento di prima necessità. Vi sono momenti in cui anche la famiglia più modesta e l’uomo più pacifico pensano che sia meglio saltare un pasto per comprarsi un revolver (…). Il popolo italiano appare rinnovato. Sta lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell’aria. I discorsi e i commenti che vi sentii, lasciano trasparire l’atmosfera di serenità e di salute. Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti, è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali. Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo americano mi pare, senza dubbio, più contento>. Esattamente come oggi, vero, signori di  Rai Bufala?
   E tu, amico lettore, sapevi che Franklin D. Roosevelt, inviò nel 1934, Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i più grandi cervelloni del Brein Trust in Italia per studiare il miracolo italiano?  Ma sentite, sentite, una parte della relazione di Tugwell: <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio (…). La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana, il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto>. (Dal Diario inedito di Tugwell, in data 22 ottobre 1934).
   Ė come se oggi io scrivessi che Obama, o Bush, o chi per loro, inviassero due o tre cervelloni in Italia per studiare la politica di Renzi, o di Monti, o di  Letta. Non mi prendereste per matto?
   Cosa grida quel lettore laggiù in fondo? Che festeggia la ricorrenza della liberazione?!. Poverino…
   E concludo. Visto che le leggi (parlo di leggi) in economia sono eterne, perché non ispirarsi a quanto fu fatto nel mai sufficientemente deprecato, infausto Ventennio?
   Cosa grida quest’altro lettore? <E la disoccupazione!? E la giustizia sociale!?>. Cercheremo di fornire appropriate risposte quanto prima con altri confronti.
QUIRINO 1
   
    

ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO.


ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO


CIRCA L’ITALIA CHE FRANA, CON RELATIVI MORTI. Avevo 5 o 6 anni; un giorno durante uno dei normali giorni di scuola, la mia insuperabile maestra, la signora Gandolfi, ci disse di avvertire i nostri genitori che il giorno successivo saremmo dovuti andare per una missione in campagna e chi voleva poteva indossare la nostra divisa. Avvertii della cosa mamma e papà e, indossata la divisa di Figlio della Lupa, il giorno dopo mi recai a scuola (Riccardo Grazioli Lante), ma non feci in tempo ad entrare che fuori ci attendeva, fra le altre, anche la maestra, signora Gandolfi, che ci accompagnò ad un autobus che ci attendeva fuori della scuola. Dopo un certo tragitto, giunti in una zona di campagna e, scesi dall’autobus, ci venne incontro addirittura il Duce, il quale dopo un brevissimo discorso ci spronò a svolgere una missione nella quale eravamo tutti impegnati. Missione, ci disse, nell’interesse della Patria e del nostro futuro. Detto questo ci vennero consegnate delle piantine e cominciammo, tutti insieme con il Duce in testa, a piantarle salendo su una collina.
   La sera, stanco quanto mai, mi addormentai felice di aver compiuto, con il mio dovere, anche qualcosa di utile, appunto, per la mia Patria.
   Qualche tempo fa lessi che durante il mai sufficiente deprecabile, infame Ventennio (che sia sempre benedetto) furono piantati un miliardo di alberi; ritengo la cifra esagerata, ma ne furono piantati a sufficienza perché l’albero, grazie alle sue radici opera all’incirca come il ferro-cemento, cioè, ripeto, grazie alle radici queste trattengono la terra impedendo che essa frani. Non so se mi sono spiegato. Provo a farlo meglio: durante il Male Assoluto, vennero piantati degli albero che svolsero nel tempo le loro funzioni. Poi, finalmente (bah!) fummo liberati (doppio bah!, anzi triplo) e grazie ai liberatori (ma quando ce ne libereremo?) è tornata la libertà (quella di rubare, quella di cementificare a cacchio di cane) ed oggi, finalmente possiamo navigare, grazie alle frane, nelle strade e godererne molto più di qualsiasi altro popolo. Quando c’era il Male Assoluto (che sia una volta ancora benedetto) esisteva la salvaguardia dell’ambiente e sorgevano i Parchi Nazionali e, di conseguenza la salvaguarda del verde. Non so se mi sono spiegato!
ORA UNA FAVOLA – CHE E’ STATA REALTA’. Oggi è stata raggiunta un’Italia dei diritti e della libertà (non si espresse così l’onorevole Violante?). A proposito di onorevole, non sarà mai così, ma se fossi deputato e qualcuno mi chiamasse onorevole, per me sarebbe una offesa molto grave. Tornando a noi: il ladro che ruba commette una grave colpa e per questo se acciuffato dovrebbe finire in galera, e questo sarebbe giusto. Ora volgiamo lo sguardo nell’ambito politico. Certi onorevoli – credo che siano tre o quattromila – prima hanno varato una legge attestante che rubare non è un furto, poi si sono concessi dei vitalizi che vanno dai 3.000 ai 10.000 euro mensili, ovviamente senza annullare la ricchissima pensione. Mi spiego meglio dato che il furto è così infame che anch’io sono rimasto incredulo. Ebbene questi signori che a fine rapporto (rapporto che può essere loro riconosciuto anche se si sono presentati nelle aule solo per un paio di mesi) si sono concessi un premio (chiamiamolo così), battezzato vitalizio, cioè vita natural durante, vitalizio che  non intacca la loro super dorata pensione, vitalizio che parte, appunto, da 3.000 a 10.000 Euro mensili. E questi mariuoli da galera, molti di questi, non contenti della furbatina sono anche dei corroti e corruttori. Sapete, tanto per arrotondare, e poi tengono famiglia…
Ed ora per farmi passare l’incombente mal di fegato, trattiamo della favola. E spostiamoci a qualche anno indietro. Sino alla fine del 1943 Mussolini (sì, sì, Lui, l’infame) aveva rifiutato qualsiasi appannaggio, non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua segreteria. Riporta il Candido del 1958, parla il Ministro Pellegrini-Gianpietro: <Nel novembre era stato preparato un decreto, da me controfirmato, con il quale si assegnava al Capo della Rsi, l’appannaggio mensile di 120 mila Lire. Il decreto, però che doveva essere sottoposto alla firma del Capo dello Stato, fu da lui violentemente respinto una prima volta. Alla presentazione, effettuata dal sottosegretario di Stato, Medaglia d’Oro Barracu, seguì una seconda del suo segretario particolare Dolfin. A me, che, sollecitato da Dolfin e dall’economo, ripresentai per la terza volta il decreto, Mussolini disse: “Sentite Pellegrini, noi siamo in quattro: io Rachele, Romano e Annamaria. Mille lire ciascuno sono sufficienti”. Dovetti insistere nel fargli notare che, a parte l’insufficienza della cifra indicata, in relazione dl costo della vita, occorreva tener conto delle spese della sua casa e degli uffici. Dopo vive sollecitazioni finì per accettare, essendo egli anche Ministro degli Esteri, solo l’indennità mensile di 12.500 lire assegnata ad ogni altro Ministro. Nel dicembre 1944, però, mi inviò una lettera che pubblicò, rinunciando ad ogni e qualsiasi emolumento, ritenendo sufficienti alle sue necessità i diritti d’autore>. Cosa ne pensi, caro lettore? Mi dici che vai a Montecitorio o nelle sedi di qualsiasi ufficio delle Regioni? A far che, ti chiedo, in quelle sedi troverai solo esponenti dei diritti e della libertà.
   Concludo. Gli italioti, che come tutti sappiamo sono tanto intelligenti e furbi, cosa hanno escogitato? Hanno messo in atto gli ordini dei liberatori, hanno assassinato il malefico ed hanno instaurato questa democrazia dei diritti e della libertà. Non siete felici?
   E grazie ai liberatori (sì, sì, quelli che con solo due bombette, quelle, cioè, assolutamente fuori da ogni convenzione, uccisero e storpiarono 300 mila esseri umani, tutti scrupolosamente civili!) oggi abbiamo una classe politica, mafiosa, corrotta, corruttrice, ecc. ecc. ecc. Allora avevamo un Jung, un Beneduce, un Serpieri, un Crollalanza ecc. ecc., uomini onestissimi, a capo dei quali c’era un Male Assoluto il più onesto di tutti, e tutti tesi all’interesse del popolo, i quali con gli occhi di oggi possiamo catalogarli fra i fessi.
   E ALLORA, COME USCIRE DALL’ATTUALE CRISI? Sarebbe semplicissimo: ispirandosi a quanto fu fatto durante il mai sufficientemente condannabile, infausto truce Ventennio; sempre che gli attuali mascalzoni lo volessero. Una breve premessa: sapete che nel periodo del Male Assoluto l’Italia uscì dalla crisi congiunturale nata nel 1929 meglio di qualsiasi altro paese, tanto che da ogni parte del mondo giungevano in Italia esperti per studiare il miracolo italiano? Non lo sapevate? Ė ovvio, certe cose si debbono nascondere.
    Concludo: Continuerò in uno dei prossimi miei lavori.
   Allora in bocca al lupo a tutti, anche se sarebbe più veritiero augurare: in bocca a Renzi (o simili che sono tanti e ognuno simile agli altri). Ciao, ciao…

QUIRINO1