martedì 20 gennaio 2015

SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO?


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO?
E allora diamo uno sguardino a quando si stava peggio.
Nessuno può negare che oggi siamo governati da una cricca di ladri, corrotti, corruttori, incompetenti, assassini, pedofili, mafiosi, camorristi, stupratori, bestemmiatori, maramaldi, “finocchi”, burattini, traditori, palazzinari, voltagabbana, vigliacchi, “vitaliziari” ecc. ecc..
   Vediamo quale è stata la risposta italiana alla grande crisi economica mondiale del 1929, crisi che, a detta di valenti economisti fu più grave di quella nella quale siamo stati affogati.
    Scrive Giorgio De Angelis (L’Economia Italiana tra le Due Guerre, pag. 137): <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario on colse affatto di sorpresa la compagine governativa (…). L’opera di risanamento monetario accompagnata da un primo riordino  del sistema bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità  generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (…)>. Sempre nello stesso volume il professore Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: <Nel 1929, al momento della  crisi mondiale, l’Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte risanata: erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al consolidamento del debito fluttuante (…)>. Il altre parole, mentre nel mondo centinaia di persone si uccidevano per la disperazione, in Italia, anche se la crisi internazionale sta producendo diversi danni, le iniziative del Governo (attenzione! Sia chiaro, per Governo s intende quello di Mussolini) erano riuscite ad evitare che la catastrofe assumesse quelle drammatiche proporzioni che altrove si erano verificate. Addirittura grazie ai Ministri finanziari del Governo Mussolini e, ultimo in ordine di tempo fra questi, Antonio Mosconi, riuscirono a far sì che negli anni fra il 1925 e il 1930, i conti nazionali registrassero attivi da primato.
   Sabino Cassese, a pag. 20 dello stesso volume sopra indicato, osserva: <Lo Stato affrontò la crisi congiunturale spaziando dalla politica monetaria alla politica creditizia, dalla politica finanziaria alla politica valutaria, dalla politica agraria alla politica industriale, dalla politica dei prezzi alla politica dei redditi, dalla politica fiscale alla politica del commercio estero, dalla politica previdenziale alla politica assistenziale>. Questo si poté realizzare grazie alla generale onestà e a coloro che operarono e poterono vantare di avere i cabasisi  al posto giusto.
   Ed ora una testimonianza al di sopra di ogni sospetto. Che l,’Italia fosse (allora) sulla via giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori giornalisti e scrittori dello scorso secolo: Giuseppe Prezzolini . Prezzolini nacque per caso - così era solito dire -  a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì centenario a Lugano nel 1982). Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì, non accettando il regime fascista, negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. A seguito  di uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse:<Le mie impressioni possono forse parere semplici per i lettori italiani, ma hanno, lo sfondo dei paesi per i quali passo quando torno: un confronto e un controllo. Pace in questa Italia: ecco il primo sentimento certo che si prova venendo da fuori e dura per tutto il soggiorno. La pace degli animi, il silenzio delle lotte che divorano gli altri paesi, e separano classi e spezzano famiglie e rompono amicizie, e disturbano il benessere, talora in apparenza maggiore. Le strade non saranno grandi come le Avenue, ma non ci sono mitragliatrici; le lire non saranno molte come i dollari, ma sono sempre lire e lo saranno domani. I ricchi non hanno bisogno i guardie del corpo per salvare i figlioli dal sequestro. I poveri non devono pagare la taglia mensile alla mala vita per esercitare il loro mestiere. C’è oggi una generale convinzione che in un mondo come quello d’ora l’esercito è uno strumento di prima necessità. Vi sono momenti in cui anche la famiglia più modesta e l’uomo più pacifico pensano che sia meglio saltare un pasto per comprarsi un revolver (…). Il popolo italiano appare rinnovato. Sta lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell’aria. I discorsi e i commenti che vi sentii, lasciano trasparire l’atmosfera di serenità e di salute. Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti, è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali. Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo americano mi pare, senza dubbio, più contento>. Esattamente come oggi, vero, signori di  Rai Bufala?
   E tu, amico lettore, sapevi che Franklin D. Roosevelt, inviò nel 1934, Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i più grandi cervelloni del Brein Trust in Italia per studiare il miracolo italiano?  Ma sentite, sentite, una parte della relazione di Tugwell: <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio (…). La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana, il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto>. (Dal Diario inedito di Tugwell, in data 22 ottobre 1934).
   Ė come se oggi io scrivessi che Obama, o Bush, o chi per loro, inviassero due o tre cervelloni in Italia per studiare la politica di Renzi, o di Monti, o di  Letta. Non mi prendereste per matto?
   Cosa grida quel lettore laggiù in fondo? Che festeggia la ricorrenza della liberazione?!. Poverino…
   E concludo. Visto che le leggi (parlo di leggi) in economia sono eterne, perché non ispirarsi a quanto fu fatto nel mai sufficientemente deprecato, infausto Ventennio?
   Cosa grida quest’altro lettore? <E la disoccupazione!? E la giustizia sociale!?>. Cercheremo di fornire appropriate risposte quanto prima con altri confronti.
QUIRINO 1
   
    

ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO.


ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO


CIRCA L’ITALIA CHE FRANA, CON RELATIVI MORTI. Avevo 5 o 6 anni; un giorno durante uno dei normali giorni di scuola, la mia insuperabile maestra, la signora Gandolfi, ci disse di avvertire i nostri genitori che il giorno successivo saremmo dovuti andare per una missione in campagna e chi voleva poteva indossare la nostra divisa. Avvertii della cosa mamma e papà e, indossata la divisa di Figlio della Lupa, il giorno dopo mi recai a scuola (Riccardo Grazioli Lante), ma non feci in tempo ad entrare che fuori ci attendeva, fra le altre, anche la maestra, signora Gandolfi, che ci accompagnò ad un autobus che ci attendeva fuori della scuola. Dopo un certo tragitto, giunti in una zona di campagna e, scesi dall’autobus, ci venne incontro addirittura il Duce, il quale dopo un brevissimo discorso ci spronò a svolgere una missione nella quale eravamo tutti impegnati. Missione, ci disse, nell’interesse della Patria e del nostro futuro. Detto questo ci vennero consegnate delle piantine e cominciammo, tutti insieme con il Duce in testa, a piantarle salendo su una collina.
   La sera, stanco quanto mai, mi addormentai felice di aver compiuto, con il mio dovere, anche qualcosa di utile, appunto, per la mia Patria.
   Qualche tempo fa lessi che durante il mai sufficiente deprecabile, infame Ventennio (che sia sempre benedetto) furono piantati un miliardo di alberi; ritengo la cifra esagerata, ma ne furono piantati a sufficienza perché l’albero, grazie alle sue radici opera all’incirca come il ferro-cemento, cioè, ripeto, grazie alle radici queste trattengono la terra impedendo che essa frani. Non so se mi sono spiegato. Provo a farlo meglio: durante il Male Assoluto, vennero piantati degli albero che svolsero nel tempo le loro funzioni. Poi, finalmente (bah!) fummo liberati (doppio bah!, anzi triplo) e grazie ai liberatori (ma quando ce ne libereremo?) è tornata la libertà (quella di rubare, quella di cementificare a cacchio di cane) ed oggi, finalmente possiamo navigare, grazie alle frane, nelle strade e godererne molto più di qualsiasi altro popolo. Quando c’era il Male Assoluto (che sia una volta ancora benedetto) esisteva la salvaguardia dell’ambiente e sorgevano i Parchi Nazionali e, di conseguenza la salvaguarda del verde. Non so se mi sono spiegato!
ORA UNA FAVOLA – CHE E’ STATA REALTA’. Oggi è stata raggiunta un’Italia dei diritti e della libertà (non si espresse così l’onorevole Violante?). A proposito di onorevole, non sarà mai così, ma se fossi deputato e qualcuno mi chiamasse onorevole, per me sarebbe una offesa molto grave. Tornando a noi: il ladro che ruba commette una grave colpa e per questo se acciuffato dovrebbe finire in galera, e questo sarebbe giusto. Ora volgiamo lo sguardo nell’ambito politico. Certi onorevoli – credo che siano tre o quattromila – prima hanno varato una legge attestante che rubare non è un furto, poi si sono concessi dei vitalizi che vanno dai 3.000 ai 10.000 euro mensili, ovviamente senza annullare la ricchissima pensione. Mi spiego meglio dato che il furto è così infame che anch’io sono rimasto incredulo. Ebbene questi signori che a fine rapporto (rapporto che può essere loro riconosciuto anche se si sono presentati nelle aule solo per un paio di mesi) si sono concessi un premio (chiamiamolo così), battezzato vitalizio, cioè vita natural durante, vitalizio che  non intacca la loro super dorata pensione, vitalizio che parte, appunto, da 3.000 a 10.000 Euro mensili. E questi mariuoli da galera, molti di questi, non contenti della furbatina sono anche dei corroti e corruttori. Sapete, tanto per arrotondare, e poi tengono famiglia…
Ed ora per farmi passare l’incombente mal di fegato, trattiamo della favola. E spostiamoci a qualche anno indietro. Sino alla fine del 1943 Mussolini (sì, sì, Lui, l’infame) aveva rifiutato qualsiasi appannaggio, non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua segreteria. Riporta il Candido del 1958, parla il Ministro Pellegrini-Gianpietro: <Nel novembre era stato preparato un decreto, da me controfirmato, con il quale si assegnava al Capo della Rsi, l’appannaggio mensile di 120 mila Lire. Il decreto, però che doveva essere sottoposto alla firma del Capo dello Stato, fu da lui violentemente respinto una prima volta. Alla presentazione, effettuata dal sottosegretario di Stato, Medaglia d’Oro Barracu, seguì una seconda del suo segretario particolare Dolfin. A me, che, sollecitato da Dolfin e dall’economo, ripresentai per la terza volta il decreto, Mussolini disse: “Sentite Pellegrini, noi siamo in quattro: io Rachele, Romano e Annamaria. Mille lire ciascuno sono sufficienti”. Dovetti insistere nel fargli notare che, a parte l’insufficienza della cifra indicata, in relazione dl costo della vita, occorreva tener conto delle spese della sua casa e degli uffici. Dopo vive sollecitazioni finì per accettare, essendo egli anche Ministro degli Esteri, solo l’indennità mensile di 12.500 lire assegnata ad ogni altro Ministro. Nel dicembre 1944, però, mi inviò una lettera che pubblicò, rinunciando ad ogni e qualsiasi emolumento, ritenendo sufficienti alle sue necessità i diritti d’autore>. Cosa ne pensi, caro lettore? Mi dici che vai a Montecitorio o nelle sedi di qualsiasi ufficio delle Regioni? A far che, ti chiedo, in quelle sedi troverai solo esponenti dei diritti e della libertà.
   Concludo. Gli italioti, che come tutti sappiamo sono tanto intelligenti e furbi, cosa hanno escogitato? Hanno messo in atto gli ordini dei liberatori, hanno assassinato il malefico ed hanno instaurato questa democrazia dei diritti e della libertà. Non siete felici?
   E grazie ai liberatori (sì, sì, quelli che con solo due bombette, quelle, cioè, assolutamente fuori da ogni convenzione, uccisero e storpiarono 300 mila esseri umani, tutti scrupolosamente civili!) oggi abbiamo una classe politica, mafiosa, corrotta, corruttrice, ecc. ecc. ecc. Allora avevamo un Jung, un Beneduce, un Serpieri, un Crollalanza ecc. ecc., uomini onestissimi, a capo dei quali c’era un Male Assoluto il più onesto di tutti, e tutti tesi all’interesse del popolo, i quali con gli occhi di oggi possiamo catalogarli fra i fessi.
   E ALLORA, COME USCIRE DALL’ATTUALE CRISI? Sarebbe semplicissimo: ispirandosi a quanto fu fatto durante il mai sufficientemente condannabile, infausto truce Ventennio; sempre che gli attuali mascalzoni lo volessero. Una breve premessa: sapete che nel periodo del Male Assoluto l’Italia uscì dalla crisi congiunturale nata nel 1929 meglio di qualsiasi altro paese, tanto che da ogni parte del mondo giungevano in Italia esperti per studiare il miracolo italiano? Non lo sapevate? Ė ovvio, certe cose si debbono nascondere.
    Concludo: Continuerò in uno dei prossimi miei lavori.
   Allora in bocca al lupo a tutti, anche se sarebbe più veritiero augurare: in bocca a Renzi (o simili che sono tanti e ognuno simile agli altri). Ciao, ciao…

QUIRINO1
        

QUANDO GLI ISLAMICI NON SPARAVANO.


QUANDO GLI ISLAMICI NON SPARAVANO AGLI ITALIANI, TUTT’ALTRO, ESSI LI AMAVANO
RAIBUFALA


   Agli inizi degli anni Trenta fu concepita una apertura fra il Governo di Roma e i Paesi arabi. Tra il 1930 e il 1936 Roma cercò di accentuare la ua azione culturale ed economica nel Medio Oriente e nell’area araba-islamica in generale. Nel 1930 fu concepita la Fiera del Levante di Bari. Convegni furono organizzati dai Gruppi Universitari Fascisti nel 1933 e nel 1934 allo scopo di far incontrare a Roma gli studenti islamici. Radio Bari iniziò a trasmettere in lingua araba notiziari e programmi culturali. Tutto ciò mirava ad una penetrazione pacifica politica-culturale nel mondo arabo. Si diede anche maggior impulso agli studi arabi e a quelli sull’islamologia. L’impulso era orientato principalmente verso il mondo giovanile arabo che rispose creando affiliazioni fra le quali il Partito Giovane Egitto (Hisb al Folà) di Ahmad Hussayn e le Falangi Libanesi (al-Kadr al Lubnòniyya), e le Camicie Azzurre (al-Qumsàn az Zarqǎ) organizzazioni egiziane che si ispiravano, anche se vagamente, al Fascismo. Per conferire maggior impulso a questa politica, dal 12 al 21 marzo 1937 il Duce si recò in Libia dove, fra l’altro inaugurò la grande strada litoranea, detta Baldia opera gigantesca che si estendeva dai confini della Tripolitania a quello della Cirenaica con l’Egitto con un percorso di 1882 chilometri. Tempo impiegato: un anno; inaugurò, quindi la Fiera di Tripoli. Pose la prima pietra per la costruzione di un sanatorio e per una scuola elementare. <Quando il Duce appare a cavallo sulla più alta duna, esplose il triplice grido “Ulad!” I cavalieri prescelti offrono al Duce la spada lampeggiante dell’Islam in oro massiccio intarsiato (…) Il Duce snuda la spada e l’alza fieramente puntata verso il sole, lanciando a voce altissima il grido “Ulad!” (…). Il Duce lascia la duna e si avvia verso Tripoli, seguito da duemila cavalieri galoppanti> (Il Popolo d’Italia, 19/3/1937).
   La Spada dell’Islam, in oro massiccio, finemente cesellata dagli artigiani berberi, assumeva un notevole valore simbolico e venne consegnata al Duce da uno dei capi berberi Lusuf Kerbisc: era il riconoscimento di una sostanziale parte del mondo islamico, per la politica filo-araba del fascismo. Il viaggio in Libia fu programmato in previsione di un piano quinquennale per l’insediamento di 53mila coloni in Tripolitania. Negli anni 1938-39, in due riprese, sbarcarono in terra d’Africa 20mila coloni veneti scelti fra i non proprietari di terra e trasportati nei nuovi villaggi. Ad essi vennero assegnate case coloniche con apprezzamento di terreno; ogni casa era fornita da pozzi artesiani con quanto necessario per il pompaggio di acqua potabile. Ogni giorno automezzi dell’Ente Nazionale della Libia riforniva le famiglie di quanto necessario per vivere, nonché di attrezzi e sementi per rendere quelle terre aride in verdi di piante. La stessa assistenza veniva fornita anche ai libici, i cui  possedimenti  furono inseriti fra quelli dei coloni italiani affinché apprendessero le tecniche più moderne per il migliore sfruttamento del suolo. Così in quegli anni mai si dovette assistere a carrette del mari che, come in questi periodi trasportano disperati che navigano verso l’Europa e che tanti morti hanno causato. E tu, caro lettore, non ti chiedi perché RaiBufata, e i suoi coi detti storici, mai trattano anche questo argomento?
   A Tripoli e Bendasi vi erano due ospedali, di moderna concezione, dove potevano accedere – al contrario di quanto accadeva al di fuori delle nostre colonie - anche cittadini autoctoni. Le stazioni dei carabinieri erano composte anche da militari indigeni perché, come vedremo più avanti, considerati Italiani della Quarta Sponda; la criminalità era inesistente.
    Per ritornare al viaggio del Duce in Libia, è interessante ricordare alcune tappe. Mussolini  visita la piccola città di Sirte dove <la popolazione indigena adunata intorno ai vessilli dell’Islam, lo accoglie con fervide dimostrazioni di fedeltà e di entusiasmo; il Duce, che traversa la città in piedi sull’automobile risponde con il saluto romano alle intense acclamazioni della folla>. Quindi si sposta a Tauroga, poi a Misurata, dove ispeziona i lavori di bonifica e di irrigazione; quindi si porta a Bir Tumina, ove scaturisce acqua da un pozzo artesiano, capace di irrigare tremila ettari di terreno. Quindi è la volta di Tripoli, ove giunto al tramonto scende dalla macchina, monta a cavallo e, alla testa di duemilaseicento cavalieri entra in città. Il giorno dopo, in occasione dell’inaugurazione della Fiera di Tripoli, loda il lavoro compiuto in poco meno di un decennio <le città si sono trasformate e abbellite e nelle campagne i forti rurali italiani svegliano, col vomero temprato, una terra che dormiva da secoli>.
   Prima di rientrare in Patria affermò: <Nei Paesi della cosiddetta democrazia, questo continuo allarmismo nevrotico, questa seminagione di panico e sospetto non serve certamente alla causa della pace, perché turba profondamente l’atmosfera fra i popoli. Entro il Mediterraneo e fuori noi desideriamo di vivere in pace con tutti e offriamo la nostra collaborazione a coloro che manifestino un’identica volontà>. Ricordiamo che questo discorso fu tenuto nel pieno ella guerra civile spagnola, quando tutto il mondo era schierato contro il nostro Paese.
   Appena rientrato, il 18 marzo Mussolini concesse un’intervista al giornalista Ward Price del Daily Mail, e così espresse il suo pensiero in merito ad una paventata guerra europea: <Anche soltanto dal punto di vista pratico del profitto e delle perdite, nulla potrei guadagnare da una guerra europea, mentre esporrei l’Italia a un terribile rischio>. Alla domanda  di Price se <fosse pronto a dichiarare che l’Italia è ora interamente soddisfatta> il Duce così rispose: <Sì, dichiaro che dal punto di vista coloniale l’Italia è soddisfatta. L’Etiopia è un territorio immenso, colmo di enormi possibilità. Lo sviluppo di questo richiede tempo, energia e capitali ed è ragionevole che l’Italia desideri cooperare con le nazioni europee che hanno colonie in Africa, continente che rappresenta il complemento dell’Europa ed è necessario ai suoi interessi economici>.
   Proprio in quei giorni si verificherà un avvenimento unico nella storia e che, da solo, dovrebbe vanificare le bufale raccontate da soggettini come RaiBufala e dai suoi cosiddetti storici, sempre se si raccontasse la STORIA, quella vera e non le bufale raccontate per annullare il valore di quell’Uomo e di quel Regime. Ecco i fatti:
NELLA 179° RIUNIONE DEL “GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO” TENUTASI IL 26 OTTOBRE 1938, ESAMINANDO LA POSIZIONE DELLA LIBIA, RELATORE ITALO BALBO, VENNE APPROVATA UNA MOZIONE CHE STABILISCE “CHE LE QUATTRO PROVINCE DELLA LIBIA ENTRANO A FAR PARTE DEL TERRITORIO NAZIONALE”>. Questo provvedimento non è che l’estensione del R.D.Legge 3 dicembre 1934 XIII N° 2012 e del R.D. 8 aprile 1937 XV N° 431, nel quale l’articolo 4 riconosce: <una cittadinanza italiana speciale per i nativi musulmani delle quattro province libiche che fanno parte integrante del Regno d’Italia>. Con questa legge i libici divennero gli ITALIANI DELLA QUARTA SPONDA.
   Un decreto veramente rivoluzionario: mai nulla di simile era stato realizzato da alcun Paese coloniale. Ma questo determinò un ulteriore motivo di attrito con Londra e Parigi, che mal sopportavano qualsiasi mutamento allo status quo che considerava le colonie delle semplici terre di sfruttamento e gli autoctoni degli schiavi.
   Anche e sottolineo anche in questo caso la soluzione si trova ispirandosi alla politica del mai sufficientemente deprecato ventennio. La dissennata politica dell’accoglienza è un danno per noi europei e per coloro che fuggono dall’inferno. C’è un solo modo di risolvere il problema: portare la civiltà europea e la capacità di lavoro sul posto: in Africa. All’incirca come si fece nell’infame periodo. Che sempre sia benedetto.
QUIRINO 1