MA QUANTI DANNI FECE IL MALE ASSOLUTO?
Articolo che fa seguito alle infinite
(perdonatemi l’espressione) stronzate
del dottor (bah!) Pasquariello
Alcuni
lettori ricorderanno la mia risposta ad un malato
di antifascismo pubblicata in uno dei numeri precedenti de Il Popolo d’Italia, nella quale avevo
preannunciato un elenco parzialissimo del male che fece Benito Mussolini
al popolo italiano.
Ripeto
ancora una volta che di economia ne capisco poco, ma quel poco mi induce a
ritenere che la soluzione dei mali che attualmente ci rendono la vita
impossibile, ebbene – e lo ripeto – la soluzione, o almeno una soluzione
parziale si trova nel periodo del male
assoluto (che sempre sia benedetto). Nonché un’altra soluzione, anch’essa
almeno parziale, della disoccupazione si trova anch’essa sempre nel mai sufficientemente deprecato Ventennio
(che sempre e ancora sia benedetto), con l’anarchia, cioè bastare a se stessi,
promuovendo, esaltando e incoraggiando il lavoro italiano.
Sia chiaro
un principio: quel che faccio e quel che scrivo sull’ argomento non è per nostalgia (pur avendo vissuto “uno spicchio”
di un periodo esaltante e irripetibile), ma per contribuire alla giusta
rivalutazione di un grande uomo quale fu Benito Mussolini.
I lettori
più attenti ricorderanno che in un mio precedente articolo mi impegnai a
fornire una spiegazione sul motivo che spinse l’intellettuale Cesare Muratti a
scrivere, nel 1983, questa osservazione:
<Diciamo finalmente la verità VERA (maiuscolo nel testo, nda): in un
certo momento il 98% degli italiani era per Mussolini>. Con l’aiuto di
Alessandro Mezzano e del suo meraviglioso saggio proverò a presentare la
risposta.
Quel che
segue è un elenco “frammentario ed incompleto, ma significativo, di alcune
leggi, riforme ed opere che furono realizzate dal Fascismo e che cambiarono il
volto della società italiana, ottenendo al regime e a Benito Mussolini quel
consenso popolare, quasi totale, che oggi la cultura e la storiografia
ufficiale si affannano a disconoscere” (purtroppo riuscendoci).
Quelli
riportati più avanti sono provvedimenti concepiti e attuati dal Regime
fascista. Prima del suo avvento di questi provvedimenti o erano appena
abbozzati o, comunque mai trasformati in leggi, oppure addirittura inesistenti
non solo in Italia, ma anche in Europa e negli altri continenti. In altre
parole, per essere più chiaro, l’Italia fascista in campo sociale, e non solo
sociale, fu all’avanguardia nel mondo, pronta a fornire, una volta ancora, al
mondo intero, un nuovo RINASCIMENTO, IL RINASCIMENTO DEL LAVORO.
Già il 24
maggio 1920, in un articolo dal titolo “L’epilogo”, Mussolini su “Il
Popolo d’Italia”aveva scritto: <Vogliamo rendere il lavoratore
partecipe della gestione dell’azienda, elevare la sua dignità, insegnargli a
conoscere i congegni amministrativi dell’industria, evitare di questa le
degenerazioni speculazionistiche>. E, salito al potere, non perse tempo
per attuare i suoi programmi.
Scrive
Mezzano, in merito alla “Tutela lavoro Donne e Fanciulli”,
legge promulgata il 26.4.1923, Regio Decreto n° 653: <E’ una delle
prime leggi sociali del Fascismo: nasce solo sei mesi dopo la Marcia su Roma
del 22 Ottobre 1922, ed è chiaramente indicatrice di quella che sarà la
politica sociale degli anni futuri del regime. Negli anni e nei secoli
precedenti né la Chiesa, né la borghesia, né i socialisti ed i sindacati erano
riusciti a migliorare ed a rendere umana la condizione delle donne e dei
fanciulli, che erano costretti a lavorare nelle fabbriche, nelle miniere o come
braccianti nelle campagne>.
“Assistenza
ospedaliera per i poveri”, legge promulgata il 30.12.23, Regio Decreto
n° 2841.
<Questa
legge trasforma in diritto alle cure gratuite la discrezionalità caritatevole
di associazioni benefiche, per lo più religiose, che fino ad allora aveva
condizionato la vita o la morte delle persone che non disponevano di mezzi
propri per accedere alle cure ospedaliere>.
Che il
lettore provi ad ammalarsi nella “culla della più grande democrazia: negli
Usa” e compari l’attuale stato sociale vigente in quel Paese con quello di“quell’Italia”
di quasi un secolo fa.
“Assicurazione
Invalidità e Vecchiaia”. Legge promulgata il 30.12.1923, Regio
Decreto n° 3184.
<La
legge decreta il diritto alla pensione d’invalidità e vecchiaia tramite
un’assicurazione obbligatorie, al cui pagamento concorrono sia i lavoratori che
i datori di lavoro. Il lavoro, componente fondamentale del nuovo Stato
fascista, è un dovere (altro che “diritto”, come si ciancia oggi, nda)
per ogni cittadino, ma che lo riscatta da quella posizione di servitù in cui lo
Stato liberale aveva messo il lavoratore, per trarlo in una posizione di
libertà e di dignità che lo investe in quanto uomo, e non solo in quanto
lavoratore, e per questo gli assicura la certezza del sostentamento alla fine
di una carriera di lavoro>.
“Riforma
della Scuola (Gentile)”. R.D.L. n° 1054 del 6.5.1923.
<La
volontà di modernizzazione, che fin dalle origini pervade il movimento
fascista, spinge il nuovo governo a progettare la creazione di una numerosa e
preparata classe dirigente, in grado di sostenere un vasto disegno di sviluppo
nazionale: obiettivo, questo, non realizzabile senza una scuola moderna,
razionale, dinamica, produttiva ed accessibile a tutti>.
La scuola
non doveva fare distinzioni tra le classi sociali, ma garantire il diritto di
studio a tutti, anche ai figli appartenenti alle classi meno abbienti. Questa
riforma poneva le basi per una scuola
più moderna. A quest’opera di risanamento culturale e morale ha fatto seguito,
dalla fine della guerra, un rilassamento disgregativo fino a giungere - e i
lettori lo ricorderanno - al demagogico assioma del “sei politico”,
senza che i governi del tempo fossero in condizione di arrestare la conseguente
“avanzata dei somari”. La riforma di Gentile poneva in evidenza la
preoccupazione del legislatore a ravvivare una tradizione pedagogica nazionale
con i maestri e i professori perno della vita della scuola: “La riforma
vivrà, se i maestri la sapranno far vivere”. E con questo spirito veniva valorizzata,,
di fronte allo studente, la personalità dei maestri e dei professori, ad ogni
livello, dalle elementari all’università. Oggi il maestro e il professore sono
privi di ogni autorità e lo studente si sente autorizzato anche a deriderli e a
declassificarli. Questo nel nome di una presunta uguaglianza di intenti. Sicché
se durante il fascismo la scuola italiana era considerata la migliore del
mondo, oggi…
“Acquedotto
Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano”.
Valga per
tutti quanto detto per l’Acquedotto Pugliese, ricordando che questo è il più
grande acquedotto del mondo: <I primi progetti risalgono al 1904, quando
l’Ente Autonomo Acquedotti Pugliesi ne affidò l’esecuzione alla società ligure
del senatore Mambrini (sic) (…). I lavori avrebbero dovuto essere terminati nel
1920, ma nel 1919 solo 56 Comuni su 260 avevano avuto l’acqua, mentre le opere
intraprese erano spesso abbandonate, incomplete e deperivano (…). Nel 1923,
sotto il governo Mussolini, l’Ente fu commissariato e passò alla gestione
straordinaria; improvvisamente i lavori vennero accelerati, furono superate
tutte le difficoltà che sino ad allora li avevano bloccati e furono portati a
termine nel 1939>.
Nessuna
meraviglia per gli uomini di “quel regime”: il denaro pubblico
era sacro. Oggi, invece, che si favoriscono gli appalti degli appalti, le
modifiche delle modifiche di un progetto, le tangenti, le tante, troppe “cattedrali
nel deserto”. Vale quanto ripetutamente scritto: qualsiasi confronto fra
questo regime e quello precedente risulterebbe insostenibile; questo è il vero
motivo per il quale si è coniato il termine “Fascismo: male assoluto” e
sono nati i tanti dottor Pasquariello.
“Riduzione
dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere”, R.D.L. n° 1955 del
10.9.1923
<Prima
del Fascismo quasi tutto era lasciato all’arbitrio del datore di lavoro, che
spesso, con il ricatto psicologico della disoccupazione, costringeva i
lavoratori a orari massacranti e in ambienti di lavoro malsani e insicuri>.
E’
facilmente comprensibile come questa serie di leggi sociali, se da un lato
proteggevano i lavoratori dallo sfruttamento, dall’altra danneggiavano gli
industriali, il grande capitale, gli speculatori: e questi divennero gli
oppositori del regime. Tuttavia il cammino intrapreso dal Fascismo non si
fermerà sino a quando le potenze plutocratiche mondiali non si coalizzeranno
per abbattere un regime che stava diventando, per esse, pericoloso.
“Opera
Balilla e Colonie marine per ragazzi”.
<Con questo provvedimento>, scrive Mezzano, <il
Fascismo attuò una rivoluzione significativa sottraendo alla Chiesa, anche al
di fuori della scuola, l’educazione della gioventù che divenne di pertinenza
dello Stato>.
La “Gioventù
Italiana del Littorio” fu un’operazione colossale, mirante alla protezione
dei ragazzi che vennero sottratti ai tanti pericoli che li minacciavano.
L’attività ginnico-fisica, inculcò un’istruzione civile e sportiva. La Chiesa
non perdonerà mai al Fascismo questo “strappo” che si trasformerà poi in
avversione e sostegno al nemico in occasione della guerra ’40-’45.
“Opera
Nazionale Dopolavoro”
Quasi in
parallelo a ciò che per i giovani era
la GIL, nasce per i lavoratori l’OND. Questo organismo ha il compito di portare
cultura e svago tra la classe operaia, che nel passato era stata costretta ad
una vita esclusivamente di lavoro, di sacrifici e d’ignoranza>.
Le
strutture dell’Opera raggiunsero, in poco meno di un decennio, un livello unico
al mondo. Alcune cifre significative: 1227 teatri, 771 cinema, 40 cine-mobili,
6427 biblioteche, 994 scuole di ballo e canto, uno stabilimento idrotermale,
11.159 sezioni sportive a livello dilettantistico con 1.400.000 iscritti, 2700
filodrammatiche con 32.000 iscritti, 3787 bande musicali e 2130 orchestre con
130 mila musicisti, 10 mila associazioni culturali. Con l’avvento delle “40
ore lavorative settimanali” i lavoratori e le loro famiglie possono
viaggiare sui cosiddetti “treni popolari”, il costo del biglietto è
ridotto del 70%. A guerra finita le strutture dell’OND confluiranno nella “Case
del popolo” di matrice comunista e il PCI farà propri i principi ispiratori
dell’OND facendoli passare (furbescamente) come proprie iniziative.
“
Reale Accademia d’Italia”, RDL n° 87 del 7.1.1926.
<Nel
quadro del progetto di risollevazione della Nazione da quello spirito di
rassegnata sudditanza e di provincialismo culturali che avevano contraddistinto
secoli di storia prima e dopo l’unità,
fu fondata l’”Accademia d’Italia” allo scopo di dare lustro e dignità
all’ingegno e all’arte italiane>. L’Accademia venne poi soppressa, con
Decreto Luogotenenziale del 28.9.1944, solo perché era una creazione del
Fascismo. <Dopo la sconfitta e con l’avvento della Repubblica
resistenziale, rifiorirono il servilismo e il provincialismo: l’Italia
borghese, clericale e anticomunista volle essere colonia culturale, politica ed
economica degli USA, mentre la sinistra comunista avrebbe voluto un’Italia
satellite dell’URSS>.
In merito
all’Enciclopedia Treccani il giornalista Franco Monaco ha scritto: <In
Inghilterra esisteva da duecento anni una Enciclopedia Britannica, ma in
Italia nessuno aveva mai pensato che si potesse farne una italiana. Proprio
Gentile la suggerì all’industriale Giovanni Treccani>.
Treccani si
mise immediatamente al lavoro. Sotto la direzione di Gentile lavorarono oltre
500 redattori e collaboratori selezionati nei vari rami della cultura italiana.
Per espresso ordine di Mussolini fu adottato lo stesso principio che vigeva per
l’Accademia d’Italia: la selezione doveva avvenire in base alla validità
professionale e culturale del candidato, accantonando ogni preclusione di
indole ideologica. Così all’Enciclopedia collaborarono anche noti “oppositori”
e perfino alcuni firmatari del “Manifesto” di Croce. Il lavoro si svolse
con velocità, capacità e puntualità miracolose. Il frutto di tutto ciò fu che
l’Enciclopedia Italiana sopravanzò, come mole e valore culturale, sia la “Britannica”
che la “Francese”. Nel 1937 l’Enciclopedia Italiana presentò il
risultato del proprio lavoro: l’Enciclopedia era costituita di ben 35 volumi; i
collaboratori erano stati in tutto 3000, <ossia tremila cervelli che
Giovanni Gentile aveva amalgamato e ridotto all’osservanza di quei concetti
generali di obiettività, precisione, chiarezza e concisione che l’Enciclopedia
si era imposti> (Franco Monaco).
“Bonifiche dell’Agro Pontino,
dell’Emilia, della Bassa Padana, di Coltano, della Maremma Toscana, del Sele,
della Sardegna ed eliminazione del latifondo siciliano”. RDL 3256
del 20.12.1923.
<Nel 1923, solo un anno
dopo la Rivoluzione fascista, Benito Mussolini amplia i poteri dell’ONC (Opera
Nazionale Combattenti) e le affida il compito tecnico amministrativo di
realizzare la bonifica dell’Agro Pontino, che non sarà un mero risanamento
idraulico dei terreni, ma una vera e propria ricostruzione ambientale, secondo
il piano di Arrigo Serpieri, Sottosegretario alla bonifica (…). Oltre alle
dimensioni dell’opera di bonifica, che non ha avuto eguali in Italia in tutta
la sua storia, è da sottolineare il rivoluzionario concetto che la ispira e che
va sotto il nome di “Bonifica integrale”, sottolineato e riportato
nell’intestazione delle leggi che vi si riferiscono>.
Il progetto
prevedeva una serie di interventi che andavano dalla sistemazione e dal
rimboschimento dei bacini ai lavori di sistemazione degli alvei dei corsi
d’acqua, alla trasformazione colturale e alle utilizzazioni industriali, sempre
secondo una coordinata e armonica pianificazione del territorio. Dal suolo
bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono strade, acquedotti, reti
elettriche, opere edilizie, borghi rurali e ogni genere di infrastrutture.
Dalle Paludi Pontine sorsero “in tempi fascisti” vere e proprie città:
Littoria, inaugurata l’8 dicembre 1932; Sabaudia (indicata da tecnici stranieri
come uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale), il 15 aprile 1934;
Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29
ottobre 1939. Nell’Agro Pontino furono costruite ben 3040 case coloniche, 499
chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline.
La “Bonifica integrale” continuò nell’alto Lazio, in Campania, in
Sardegna, in Sicilia e così via in tutta Italia, ma non solo in Italia: non si
possono dimenticare le grandi opere realizzate in Somalia, in Eritrea, in
Libia, in Etiopia. Tutto questo, come si è detto, “in tempi fascisti” e
senza alcuna ombra di “democratiche tangenti o mazzette”. La risposta a
queste opere colossali proveniente dagli uomini dei “diritti e della
libertà” è stata (e non sto scherzando) che le bonifiche integrali furono
“un danno ecologico“. Oppure, come ha scritto Piero Palumbo (“L’Economia
italiana fra le due guerre”, pag. 84: <Duole (!) ricordarlo: i primi
ecologisti indossavano l’orbace>. Un’osservazione che è un pugno nello
stomaco al “Verde” Onorevole Pecoraro Scanio.
“Opera
Nazionale Maternità e Infanzia”, RD n° 718 del 15.4.1926.
<Nella
nuova società la cura e l’importanza delle donne e dei fanciulli, implicita
nella dottrina fascista, assume l’importanza di istituzione mediante la
fondazione dell’”Opera Nazionale Maternità e Infanzia”. L’ONMI vuole
dare e darà un concreto supporto a quella fondamentale cellula umana e sociale
che è la famiglia, intesa non quale generatrice di forza di lavoro e di
consumo, come è nella concezione materialistica del capitalismo e del marxismo,
ma quale culla e nucleo vitale delle tradizioni, della storia e del futuro
della Nazione e dello Stato. Centro vitale della famiglia è, per il Regime
fascista, la madre (…)>.
Con questa
legge lo Stato si fece carico dell’assistenza e dell’aiuto alle madri, volgendo
particolare attenzione alle cure per le madri-lavoratrici. Questa legge,
anticipatrice dei tempi è, quindi, una delle innovazioni più prestigiose del
regime fascista. Furono istituite in ogni provincia le “Case della madre e
del bambino”, gli asili nido, i dispensari del latte: tutte organizzazioni
che giunsero ad accogliere circa 2 milioni di assistiti. Tutto questo era
integrato da una assistenza medica e da una propaganda igienica. L’”Ente
Opera Assistenza” curava la gestione delle Colonie estive e invernali,
istituite per assistere soprattutto i bambini di famiglie meno abbienti.
Gestiva, inoltre, speciali scuole e Colonie per la terapia dei colpiti dalla tbc”,
i convalescenziari e centri per la cura dell’anemia mediterranea. Oggi tutti
possono vedere in che stato si trovano gli ospedali per la cura della
talassemia e quelli pediatrici che furono costruiti sul litorale da Rimini a
Riccione “Assistenza agli illegittimi, abbandonati o esposti”,
legge dell’8.5.1927, RDL n° 798.
Mezzano: <Con
questa legge lo Stato si assume la responsabilità di provvedere a quei bambini
non desiderati che erano prima senza tutela ed alla mercé della carità privata
e quindi considerati persone di seconda categoria>.
Oggi, in “regime
democratico”, molti fanciulli vengono abbandonati ai pedofili e alla droga.
Le donne reclamano la libertà sessuale e il “diritto all’aborto”,
sanzionato e garantito addirittura dallo Stato. E quando lo Stato non
interviene il povero lattante è abbandonato come immondizia, in un cassonetto.
D’altra parte, come disse Luciano Violante, “Questo è lo Stato dei diritti e
della libertà”.
“La
Carta del Lavoro”, Pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” n° 100 del 30.4.1927.
<Puntualizza
il rapporto fondamentale tra Fascismo e mondo del lavoro. Dichiara,
istituzionandoli, i principi basilari a tutela dei lavoratori, nonché la
preminenza, nello Stato Fascista, dell’interesse prioritario che lega gli
obiettivi dello Stato a quelli del lavoro e dei lavoratori>. La “Carta
del Lavoro” intendeva portare a confronto, su uno stato di parità, secondo
un progetto di collaborazione e solidarietà che superasse la rovinosa filosofia
materialistica della lotta di classe, due tradizionali antagonisti sociali: il
capitalismo e il lavoro. Sarebbe troppo lungo elencare tutti i vantaggi per i
lavoratori previsti in questa legge rivoluzionaria. Ne elenco solo alcuni:
obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria; istituzione
della Magistratura del Lavoro; diritto alle ferie annuali; istituzione della
indennità di fine rapporto; istituzione degli uffici di collocamento statali;
assicurazione sugli infortuni sul lavoro; assicurazione per la maternità;
assicurazione contro le malattie professionali; assicurazione contro la
disoccupazione; Casse mutue per le malattie eccetera.
L’antifascista Gaetano Salvemini scrisse: <L’Italia è diventata la
Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i
quali vi si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come
funziona lo Stato corporativo fascista (…)>. Oggi, invece, quotati
giornali stranieri si affollano per denunciare la mafia politica e la pletora
di deputati e senatori che siedono in Parlamento, pur essendo stati condannati
dalla giustizia per reati vari. Non c’è che dire, anche oggi, siamo
“studiati”.
“Esenzioni
tributarie per le famiglie numerose” RDL n° 1312 del 14.1.1928 e
“Assegni
familiari” RDL
n° 1048 del 17.6.1937.
Mezzano
scrive: <In coerenza con la dichiarata importanza che il Fascismo
attribuiva alla famiglia come cellula fondamentale della società, era
importantissimo sgravare dalle spese fiscali quelle famiglie che già avevano
impegni finanziari onerosi a causa dell’elevato numero dei componenti>.
Grazie a queste
leggi lo Stato riconosceva agli operai che si sposavano entro il
venticinquesimo anno un assegno nuziale di 700 lire. Inoltre, se i coniugi
guadagnavano meno di 1.000 lire lorde al mese, veniva loro concesso un prestito
senza interessi compreso tra le 1.000 e le 3.000 lire. Alla nascita del primo
figlio, il prestito si riduceva automaticamente del 10%; così, gradualmente,
sino alla nascita del quarto figlio, il prestito veniva condonato. Il
capofamiglia con prole numerosa (sette figli) godeva di privilegi particolari:
Mussolini inviava, o consegnava personalmente, 5.000 lire, oltre una polizza di
assicurazione. Una tessera gratuita
valida per tutti i mezzi pubblici cittadini giungeva al capofamiglia tramite la
locale sezione della Federazione
fascista. Altri privilegi per queste famiglie numerose erano: la possibilità di
contrarre prestiti a tasso bassissimo, sconti nell’affitto degli appartamenti,
assegni familiari ragguardevoli. E ancora: per gli operai con un figlio, lire
3,60 la settimana; lire 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire per quelli
con quattro figli e oltre.
“Legge
sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e legge
istitutiva dell’INAIL”, RD. n° 928 del 13.5.1929 e RD. n°264 del
23.3.1933, “Legge istitutiva dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza
Sociale)”, RDL n° 1827 del 4.10
1935.
<Nel
quadro della ristrutturazione del mondo del lavoro e nei rapporti tra i
lavoratori e lo Stato, queste due leggi risolvono l’annoso problema delle
conseguenze negative che situazioni accidentali potevano procurare a chi
lavorava in particolari settori>.
Il Regime
fascista nel suo “programma politico e sociale per l’ammodernamento e
l’industrializzazione del Paese”, come osservato anche da James Gregor, non
poteva eludere una globale politica previdenziale. La competenza dell’INPS
andava dall’invalidità e vecchiaia alla disoccupazione, dalla maternità alle
malattie. Altre assicurazioni coprivano, praticamente, la totalità dei
prestatori d’opera, garantendo così all’Italia un altro primato mondiale. Sulla
scia dell’INPS sorsero, sempre negli anni ’30, l’INAM, l’EMPAS, l’INADEL,
l’ENPDEP, tutti enti che permetteranno poi, anche se fra scandali, ruberie e arroccamenti
di potere politico, all’Italia post-fascista di tutelare i lavoratori.
“Istituzione
del Libretto di Lavoro”.
<Proseguendo nel perfezionamento delle
norme a tutela dei lavoratori, per contrastare fenomeni come il lavoro nero, lo
sfruttamento illecito di categorie deboli come donne e fanciulli, gli abusi
sull’orario di lavoro e l’evasione dei contributi lavorativi e previdenziali e
per far sì che, in generale, fossero rispettate tutte le
leggi emanate a difesa del mondo del lavoro, viene istituito il Libretto di
Lavoro>.
Per avere
solo una idea del maltrattamento subito dalla verità dopo la caduta del
Fascismo, ecco come lo “storico” Max Gallo riporta la notizia in “Vita
di Mussolini”, pag. 118: <Si crea un libretto di lavoro obbligatorio per
meglio sorvegliare gli operai>. Come si vede il dottor Pasquariello non
è solo.
“Riduzione
dell’orario di lavoro a quaranta ore settimanali” RD. n°1768 del
29.5.1937.
Mezzano: <Non
appena le condizioni generali dell’economia e dell’industria italiane lo
permettono, il Fascismo continua la marcia intrapresa sin dal 1923 in direzione
della riforma globale del mondo del lavoro, investendo parte del vantaggio
economico nella ulteriore diminuzione dell’orario di lavoro e sottolineando il
principio che il lavoro e il profitto debbono essere strumenti e non fini della
società>.
Questa
legge (poi meglio conosciuta come “sabato fascista) era già prevista nel
programma fascista del 1919 e si inserisce con naturalezza nell’obiettivo di
forgiare lo “Stato del Lavoro” nel quale la figura del lavoratore si
trasforma sempre più da salariato in protagonista e compartecipe dell’impresa.
“Legge
istitutiva dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza). RDL n° 847 del
19.6.1937.
Sempre
Mezzano: <Viene istituito, in ogni comune del Regno, l’”Ente Comunale
di Assistenza”, allo scopo di assistere individui e famiglie in stato di
necessità e di controllare e coordinare tutte le altre associazioni esistenti
che abbiano analogo fine>.
E’
superfluo commentare questa legge, tanto è palese la sua finalità. I più
bisognosi non vengono più assistiti da opere misericordiose, ma tramite una
legge specifica dello Stato.
Mi fermo
qui perché, come ho scritto all’inizio, potevo presentare, per ovvi motivi di
spazio, solo un elenco “frammentario ed incompleto” di alcune leggi
sociali concepite dal Regime fascista. Tante altre tutte di spiccato valore
sociale, uniche o prime nel mondo, arricchiranno la Storia del Fascismo.
Una fra queste, <la più rivoluzionaria, la più geniale, la più popolare
delle riforme del Fascismo, fortemente voluta da Benito Mussolini fu realizzata
nella Repubblica Sociale Italiana>. Mezzano si riferisce alla “Socializzazione
delle Aziende”: una riforma che avrebbe portato alla completa “Socializzazione
dello Stato”una riforma che fu vanificata solo perché la plutocrazia
mondiale volle mettere fine al Regime Fascista che, come disse Mussolini, <aveva
spaventato il mondo>. Intendeva, ovviamente, “il mondo dell’usura e
dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
Mussolini e
i suoi seguaci realizzarono uno Stato sociale, nonostante le difficoltà create
lungo il loro cammino, decisamente all’avanguardia coi tempi, e questo senza
aver avuto la possibilità di alcun esempio precedente. La validità di “quel
sistema” è convalidata dal fatto che “quelle innovazioni”, come ha
scritto Vittorio Feltri: <durano fino ad oggi, e sarebbero durate ancor
più se l’inefficienza, l’incapacità e la disonestà dei Governi dei giorni
nostri non le avessero distrutte>.
Come
concludere? Nella rovina di cui siamo investiti, solo un miracolo ci può
salvare, e allora innalziamo una preghiera al Signore invocando per la tomba di
Predappio lo stesso prodigio che ridette vita a Lazzaro.
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