venerdì 7 settembre 2012
LA FINE DELL'ALGERIA FRANCESE, UN'ALTRA OCCASIONE PERDUTA.
La fine dell'Algeria francese, un'altra occasione perduta
Nel Settembre del 1962 l' Algeria otteneva l'indipendenza dalla Francia, ponendo cosi' fine ad una presenza durata 130 anni. Molti di voi si diranno a questo punto -Bello...veramente ! E a noi che cazzo ce ne frega ? -
Eh gia' e' piu' comodo vivere da ignoranti o quantomeno col paraocchi che cercare di comprendere la realta' che ci circonda ed il nostro passato, peccato che a furia di ragionare in questo modo osceno, ci si ritrova poi con Mario Monti, la Fornero e la tassa sulle gazose.
Perche' parliamoci chiaro, l'ignoranza e la totale indifferenza alla realta' sono le basi imprescindibili sulle quali poggiano le grandi disgrazie dei popoli. La storia e' una concatenazione di eventi, tutti collegati gli uni agli altri e se e' pur vero che alla fine rispondono alle logiche imperscrutabili del destino e' altrettanto vero che tali logiche sono pesantemente influenzate dalle decisioni degli uomini e successivamente quasi obbligate dagli eventi che da tali decisioni prendono le mosse. Insomma, il destino puo' anche avere sommo piacere che io cada da una finestra ed orientarsi in tal senso ma poi sono io che materialmente lo devo assecondare e renderlo felice, buttandomi o facendomi buttare da quella cazzo di finestra. In mancanza di cio', senza una mia fattiva collaborazione, il destino se la prende nel culo.
Insomma non e' poi cosi' campata in aria l'affermazione alquanto guascona - e se il destino e' contro di noi...Peggio per lui ! - E' assolutamente cosi' ed in ultima analisi ognuno di noi e' cio' che ha voluto ed e' riuscito ad essere e ritengo che valga anche per i popoli. Se alla fine ti ritrovi con Mario Monti e la Fornero, con tutta la squadriglia delle cariatidi politiche a fare da contorno e con la prospettive di doverteli ancora cibare per un bel pezzo, non puoi pensare che e' solo "malasuerte" e che tu non c'entri nulla....eh...cerchiamo di essere seri e soprattutto onesti. Ognuno alla fine raccoglie quel che semina, solo che per pensarla cosi' e per divenire quindi facitori del proprio destino e non le sue vittime succubi ed impotenti, che riempiono catini di lacrime amare, ex post...come sempre, servono due cose. Idee molto chiare circa il porto della vita verso il quale si e' diretti ed una granitica ed incrollabile fiducia in se stessi, accompagnata da una precisa memoria storica del passato e dalle capacita' intellettuali e dagli strumenti culturali per comprenderlo e trarne ammaestramento. In mancanza di cio' si naviga a vista e senza nemmeno saper nuotare, con tutte le difficolta' ed i rischi connessi con tale delicata condizione.
Insomma, tutto questo pippone che apparentemente pare non avere un senso, questo noioso pistolotto sul fine ultimo della creazione (un argomento che mi affascina da sempre) e' invece l' indispensabile premessa per affermare con forza che l' attuale condizione mondiale e quindi non solo quella europea ed italiana, e' figlia di una certa tendenza, ormai ampiamente consolidata, a lasciar fare, ovvero a permettere di tutto e di piu' a coloro che, badate bene, non solo non sono migliori di noi ma spesso e volentieri sono proprio l' esatto contario ed a consentire loro di fare e disfare e disporre quindi, a loro piacimento, delle nostre vite e del nostro destino. Perche' una cosa deve essere chiara: o quel benedetto destino lo governiamo noi, o lo fara' sempre qualcun altro per noi e non certo a nostro vantaggio.
Di questo potete esserne certi, anche la religione cristiana, sempre così attenta a ricordarci il "dopo", ammettte pero' che "durante" esiste una brillante invenzione di Dio, il libero arbitrio, che gli ha consentito di lavarsi le mani di noi e di mettere la nostra vita totalmente nelle nostre mani.
La storia del mondo in generale e quella dell' Europa in particolare, e' contrassegnata da incroci da brivido dove tutto in un attimo cambiò e quel che era si dissolse per fare posto a qualcosa di totalmente nuovo, che impresse una direzione del tutto diversa dalla precedente alle vicende umane.
La selva di Teutoburgo, i Campi Catalaunici, Waterloo, Gettysburg e l' intera Seconda Guerra Mondiale, con il suo esito, molto meno scontato di quanto ci hanno voluto fare credere, sono alcuni tra questi snodi...probabilmente i piu' famosi, ma ve ne sono altri, che non hanno forse la stessa capacità di trapassare l' immaginario delle masse, folgorandolo, ma che hanno inciso a fondo nelle nostre vite, consegnandoci sempre di piu' indifesi ad un destino che, come abbiamo appena detto, appare sempre meno frutto del caso per rivelarsi invece il prodotto amaro del lucido progetto di dominio di ristretti circoli dei quali oggi si cominciano a meglio intravedere i confusi contorni. Con una differenza non da poco. Nel dipanarsi delle vicende umane vi fu chi si oppose fermamente, anche con le armi in pugno, a questo progetto di sottomissione globale. Cio' avvenne fino alla fine della seconda guerra mondiale, poi vi fu sempre meno resistenza fino a giungere ai giorni odierni, a quattro scemi variopinti che sfilano per le citta' ed in tale, incongruente e patetico gesto esauriscono ogni volonta' di opporsi. Quattro penosi saltimbanchi non solo totalmente inutili ma il piu' delle volte addirittura emanazione diretta del potere che pensano di combattere.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la guerra dell'onore, della dignita' e del sangue contro l'oro, la guerra che misuro' purtroppo anche la vera natura ed essenza dei popoli d' Europa ( e noi italiani usciamo distrutti da questa impietosa analisi ), inizio' il colossale lavaggio del cervello dei popoli, specialmente di quelli del vecchio continente ma vi fu un altro momento nel quale tutto avrebbe potuto cambiare. Forse fu l'ultimo.
Quel momento fu la guerra d'Algeria, che vide quali visibili attori da una parte la Francia, o meglio l' Esercito francese, e dall'altra l'FLN, il Frontre di Liberazione Nazionale algerino con il suo braccio armato l'ALN. Ma non erano i soli ad agire, oltre a loro vi era sullo sfondo, l'inquietante presenza, l'ombra oscura, degli interessi USA.
Il Nord Africa era pieno di petrolio e di gas. Tutta roba che faceva gola alle sette sorelle, a caccia di popoli da depredare nell' orgia susseguente al processo di decolonizzazione che stava investendo il mondo intero. Si ripetè dunque la pantomima già vista in Indocina e nel Sud est asiatico, dove i francesi, appena usciti da una guerra che avevano pure perduto, elemosinarono a Washington un po' di aiuto che venne loro puntualmente rifiutato.
E che cazzo! Gli americani avevano fatto la seconda guerra mondiale proprio per giungere a quel punto, alla destrutturazione totale del mondo, al collasso degli imperi coloniali europei ed alla creazione di una miriade di stati indipendenti, fatti nascere in serie, come delle Ford T, deboli fino alla fragilita' e senza una logica di fondo che non fosse quella di depredarli. Nuovi stati da assoggettare totalmente e senza via di scampo alcuna all'interno di aree di influenza economica che erano vere e proprie gabbie dalle quali era impossibile fuggire. La menata era sempre la solita, la pace, la democrazia, le libertà civili e tutto il sacro repertorio col quale erano decenni che facevano i bulli a giro per il mondo. Per l' occasione si erano pure inventati lo slogan ad effetto, "autodeterminazione dei popoli" e di aiutare i francesi non se ne parlava proprio, che se ne andassero e facessero spazio a loro. Abbiamo visto poi con quale straordinario risultato.
In Algeria andò pure peggio se possibile. Una Francia confusa, corrosa, stanca, guidata da una classe politica, quella della IV Repubblica, talmente raccapricciante da fare invidia a quella nostra attuale, si impegno' in una guerra che vedeva quale campo di battaglia un Dipartimento francese d'oltremare. Giacchè l'Algeria non era una colonia ma territorio francese, dove vivevano nove milioni di individui, otto milioni di algerini, molti dei quali favorevoli a mantenere un forte legame con la Francia ed un milione di pied noir, francesi nati in Algeria.
Le leggi spietate del profitto e della globalizzazione, che era agli albori ma imponeva già i suoi duri ed ineludibili comandamenti, stavano però preparando la V Repubblica ed il ritorno di De Gaulle. Il Generale sapeva perfettamente con chi aveva a che fare, conosceva a menadito il cuore ed il sottobosco del potere capitalista ed era consapevole che voler mantenere l' Algeria francese avrebbe rappresentato una sfida intollerabile per il nuovo ordine mondiale che si era affermato. Altro che force de frappe e la grandeur. La vera sfida dell' unica nazione europea in grado di poter agire sul proscenio internazionale era quella e nessun altro era in grado di profferire verbo in quella Europa di fine anni '50, uscita devastata e divisa dalla guerra, non certo la Gran Bretagna, che appariva ogni giorno di piu' la vera grande sconfitta dell' immane conflitto, costretta ormai a pagare con gli interessi il duro conto in arretrato che aveva con la Storia. Lo splendido isolamento alla fine aveva prodotto la fine dell' Impero ed il passaggio del bastone di comando agli americani. Non avevano mai voluto essere europei e ne pagavano ora il salatissimo conto.
Il resto d' Europa era un cumulo di macerie. Dunque, in quel preciso momento, rimaneva solo la Francia a poter mantenere viva la speranza di un futuro per l' Europa che non fosse quello del carbone, dell'acciaio e del burro. I progenitori dell'arma finale, l' Euro.
Quella speranza era l'Europa delle Patrie, se ne parlo' pure per un breve momento.
Ma De Gaulle intendeva regnare a lungo questa volta ed era consapevole che se avesse fatto sua la bandiera dell'Algeria francese il suo futuro sarebbe divenuto incerto ed assai rischioso. E non ci pensava nemmeno. Usò quindi, con un cinismo disgustoso, le speranze e le aspettative dei "pied noirs", le illusioni dell' Armee e l'indifferenza dei francesi metropolitani, per raggiungere il suo scopo, dopo di che tradì tutti. Indistintamente.
Ma a quel punto successe qualcosa di incredibile. L'Armee, la grand muette ( la grande muta ) ritrovo' improvvisamente la voce. A dire il vero era gia successo due o tre anni prima, nel'58, quando l'Armee d'Algeria aveva praticamente imposto De Gaulle ad una riluttante Assemblea Nazionale che aveva votato, caso più unico che raro, per l' eutanasia di se stessa. Adesso l' Armee tradita dall' uomo nel quale aveva creduto parlava di nuovo.
Messi di fronte alla prospettiva di perdere l'Algeria e l'onore, di abbandonare al massacro che si sarebbe scatenato centinaia di migliaia di algerini che avevano combattuto per la Francia, gli Harkis ed un milione di "pied noirs". Messi davanti alla tragedia di venire meno alla parola data a tutta questa gente...-non vi abbandoneremo mai-..con ancora nella mente il ricordo delle tribu' vietnamite e cambogiane che si erano battute al loro fianco e che erano state lasciate indifese alla rappresaglia del Viet Minh i soldati francesi si ribellarono.
Come ebbe a dire il Colonnello Helie' Denoix de Saint Marc durante il suo processo..."Fecero di tutto (i politici n.d.r.)per farci impazzire e ci riuscirono". Ora Saint Marc non era esattamente un quaquaraqua qualsiasi, un aspirante rambetto convertitosi al golpismo. Di famiglia aristocratica, resistente nel ’41, deportato a Buchenwald nel ’43, nel primo dopoguerra Saint Marc si arruola volontario per l’Indocina, combatte bene, è promosso e decorato. Inviato ai confini del Laos, rompe gli schemi; fa proprie le regole della “guerra rivoluzionaria”, convince le tribù delle montagne e scatena contro i comunisti una guerra di popolo. Un successo pieno, ma improvvisamente arriva l’ordine di ritirarsi e di sbarazzarsi dei suoi miliziani. Non servono più.Saint Marc obbedisce.
È un ufficiale, la gerarchia è un valore. Ma qualcosa — ed è un sentimento diffuso nei quadri del contingente — si rompe. Come racconta nella sua autobiografia, “Les Champs de braises” (edizioni Perrin), il comandante non scorderà mai gli sguardi dei suoi camerati vietnamiti abbandonati, l’odore del tradimento. La puzza della vergogna.
In Algeria, Saint Marc comanda il 1° REP ( i para' della Legione Straniera, la crema della elite) ed assieme a centinaia di giovani ufficiali reduci d’Indocina, cercherà il riscatto, la vittoria ed in fondo la salvezza dell’anima. De Gaulle, l’uomo in cui credevano, gliela negherà, imponendo loro un nuovo infamante raggiro, un’altra mortificante abiura. Da qui la rivolta dei “soldati perduti” del ’61, il processo, la condanna.
Degradato e radiato, Saint Marc torna in libertà alla fine dei Sessanta e si rivela uno scrittore potente, i suoi libri fanno discutere, diventano best sellers, vincono premi letterari. Sebbene sia ufficialmente un reietto, il Comandante è una leggenda per la società militare e per i pied noir fuggiti dall'Algeria e riparati in Francia e che costituiscono una cifra elettorale del 7.5% dell'elettorato. Il potere è costretto a riabilitarlo e nel 1978 gli sono resi i diritti civili e militari.
Ma torniamo ad Algeri nel '61. Dunque l'Armee ritrova la parola e dice NO !
No all'abbandono dell' Algeria, no all' abbandono degli Harkis e dei pied noirs, no al tradimento della parola data e della bandiera. No alla svendita dell' onore. Del loro onore. Dopo l' Indocina lo avrebbero difeso contro tutto e tutti. Ad ogni costo. E fu esattamente quel che fecero.
Mentre ad Algeri il quadrumvirato dei Generali prende il potere, all' Olimpya di Parigi Edith Piaf tiene un concerto grandioso per i "ragazzi di Algeri" e dedica loro un pezzo struggente, Je ne regrette rien, che entrera' nella storia di quegli anni , identificandosi in maniera totale con quelle vicende. Un vento nuovo pare scuotere l'Europa dei primi anni di benessere.
A Parigi regna il caos, ci si aspetta da un momento all' altro che i Reggimenti paracadutisti d'Algeria, gli stessi che avevano vinto la battaglia di Algeri smantellando la rete terroristica dell'FLN in citta', piombassero sulla capitale.
Era il meglio del meglio dell' Esercito francese, forgiati nelle risaie indocinesi e nel jebel algerino e comandati da giovani Colonnelli che sembravano usciti dritti dritti da un libro di cappa e spada, apparivano sulla carta invincibili, probablmente lo erano e soprattutto nessuno aveva voglia di verificarlo sul campo,
Mentre a Parigi venivano distribuite le armi alla CGT (l'equivalente della nostra CGIL) in un tentativo patetico di imbastire un simulacro di resistenza, la sorte di De Gaulle e della V Repubblica sembravano ormai segnate e nei sogni di molti europei prendeva forza e vigore un nuovo progetto di Europa, guidato da questa nuova Francia che ben poco avrebbe avuto a che spartire col mondo dei mercanti e dei re di denari. Lo spirito, la volonta' ed i buoni sentimenti stavano per prendersi la loro rivincita su un mondo che pareva decisamente orientato a virare verso l'avidita', la grettezza, la superficialita', la volgarita' e l' ignoranza. Almeno cosi' pareva ed invece no.
Quando gli aerei da trasporto carichi di para' stavano per decollare dagli aeroporti algerini il comando della VI Flotta USA fece sapere ai Generali ribelli di Algeri che gli aviogetti americani avrebbero abbattuto tutti gli aerei in volo verso la Francia. Senza nessuna eccezione. Gli americani non mostrarono esitazioni nel proteggere il nuovo mondo che avevano creato e la favola degli insorti d'Algeria si avvio' alla sua drammatica conclusione.
Il resto e' storia nota. Il Putsch perse inesorabilmente vigore e dopo poco i rivoltosi furono costretti ad arrendersi. Segui' una epurazione profonda nelle Forze Armate, mentre molti militari si univano all' OAS ed iniziava la parte piu' sanguinosa e crudele della vicenda algerina, quella che vide francesi contro francesi in una lotta senza quartiere terminata con arresti, torture e fucilazioni di molti ufficiali tra i quali il Colonnello Jean Marie Bastien-Thiry, un giovane di appena trent'anni, padre di tre bambine in tenerissima eta' per il quale la Francia intera chiese clemenza. De Gaulle fu inflessibile e Bastien Thiery venne fucilato ma ancora oggi i francesi onorano quotidianamente la sua tomba.
Il 1° Reggimento paracadutisti della Legione, quello comandato da Helie' Denoix de Saint Marc, venne sciolto subito dopo il fallimento del Putsch e gli ufficiali incarcerati. In una livida mattina i paracadutisti furono trasferiti, a piedi, dalla loro base di Zeralda al porto di Algeri per essere imbarcati, portati in Francia e colà dispersi in mille altri reparti. Quando attraversarono Algeri accadde l'impensabile, la voce si era sparsa e decine di miglia di pied noirs si affollavano sui lati della strada che i militari stavano percorrendo a passo di marcia, inquadrati e sorvegliati da decine di gendarmi armati.
E' un attimo, la folla grida il suo amore per quei ragazzi che si sono giocati la carriera e la vita stessa pur di non venire meno ad un obbligo d'onore, pur di rispettare la parola data e non abbandonarli. Le ragazze pied noir piangono di disperazione e sommergono di baci e di fiori gli uomini in mimetica, quando all'improvviso si ode un comando secco ed i paracadutisti intonano la canzone della Piaf...Je ne regrette rien...io non rimpiango niente.
I parà rispondevano all'amore di quella folla e la salutavano a modo loro e mentre l'eco delle ultime note di quella canzone si perdeva nella frizzante aria mattutina della piu' europea delle citta' nordafricane che si affacciano sul Mediterraneo, l' Europa dei Centurioni lasciava, forse definitivamente, il passo a ben altra Europa. Quella dei mercati e delle banche, delle speculazioni e dello spread, del panico e del mal di vivere. Quella triste, senza gioia, senza albe, senza tramonti, senza sole, senza calore, senza amore. L' Europa dei banchieri e dei mercanti, del dolore e dell' egoismo, L' Europa della troika, della UE e della BCE. L' Europa dei burocrati, degli oligarchi e dei poteri occulti. L'Europa dei culattoni
QUIRINO 1
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